Belphégor, romanzo poliziesco di Arthur Bernède, appare nel 1927.
Pubblicato originariamente come “cinéroman”, cioè con la vocazione di essere adattato per il cinema (all’epoca muto), nel tempo diventerà più popolare del suo autore, grazie alla serie televisiva del 1965.
La trama del romanzo (spoiler, tranne l’epilogo)
Bernède è abile nelle trame, e Belphégor ne è il miglior esempio.
Un romanzo la cui trama è già svelata dalla prima frase: «C’è un fantasma! Qui, al Louvre!». Nella “Sala degli Dèi Barbari”, infatti, è stato visto un fantasma abbandonarsi a curiose passeggiate notturne. Il guardiano Samarat vuole scoprire la verità. Ma viene assassinato. Un giovane giornalista, Jacques Bellegarde, si interessa alla vicenda. Questo giovane è anche l’amante di una giovane donna, emancipata e frivola, Simone Desroches. In seguito ad una discussione tra Jacques e Simone su una giovane donna, Colette Barjac, le lettere di Jacques vengono rubate dalla casa di Simone dal misterioso Belfagor. Bellegarde non ha paura di nulla, si lascia rinchiudere al Louvre di notte, si nasconde nella “Sala degli Dèi Barbari”, ma viene aggredito da Belfagor. Si salva solo grazie all’intervento di Claude Barjac, padre di Colette, che è in realtà Chantecoq, il re degli investigatori.
Ma Belfagor non si ferma qui. Fa rapire Bellegarde dai suoi complici che cercano di annegarlo. Bellegarde riesce a salvarsi con grande sollievo di Colette, che non nasconde il suo amore per il giovane. Un altro elemento complica le cose: la polizia nota una curiosa somiglianza tra la scrittura di Belfagor e quella di Bellegarde.
Il criminale cerca quindi di sbarazzarsi di Colette e a tal fine le fa recapitare dolci avvelenati.
Chantecoq insegue Belfagor e i suoi complici in un passaggio segreto sotterraneo che dal Louvre arriva a Saint-Germain l’Auxerrois, alla scoperta del tesoro dei Valois. È nel manoscritto dell’astrologo italiano di Caterina de’ Medici, Cosimo Ruggieri, che Chantecoq scopre dove è situato il nascondiglio dei Valois. Nel frattempo, il commissario Ménardier e il giudice Ferval accusano Bellegarde di essere Belfagor; costretto a nascondersi, aiutato da Chantecoq, Bellegarde si traveste da italiano. Nuovo colpo di scena: Simone Desroches muore di dolore, in seguito alla separazione da Bellegarde.
Ma Belfagor colpisce ovunque. Invia i suoi complici, travestiti da operai della compagnia del gas, a piazzare una bomba nella villa di Chantecoq. Fortunatamente, viene neutralizzata. Successivamente, la sorella di Simone, Madame Maurois, arriva a malapena a Parigi dopo la morte della sorella. Belfagor trafuga il corpo di Simone a dispetto di tutti i presenti. Però, Ménardier arresta Bellegarde a seguito di una lettera anonima di Belfagor.
Quando teme che Chantecoq possa smascherarlo, Belfagor fa rapire Colette e si rifugia nel castello di Papillon. Chantecoq arriva in tempo, scagiona Bellegarde, libera sua figlia e smaschera Belfagor…
Fuori dalla finzione, chi è Belfagor?
Belfagor non è una creazione di Bernède, ed è più volte apparso in narrativa. Si tratta di una divinità biblica, adorata dalla tribù di Moab: i Moabiti erano un popolo di pastori di pianura che, dal tempo dell’insediamento del popolo d’Israele in Canaan (XIII secolo a.C.), risiedeva sulle rive del Giordano. A quanto pare, gli ebrei guidati da Mosè si stanziarono un po’ più del previsto tra i Moabiti, dove si lasciarono abbagliare e portare alla dissolutezza. Belfagor diventa, nella demonologia cristiana, colui che seduce le sue vittime assumendo talvolta le sembianze di una donna. Non sorprende quindi che Niccolò Machiavelli abbia scritto, tra il 1518 e il 1527, una satira contro le donne intitolata Belfagor l’Arcidiavolo. Jean de La Fontaine riprese la novella che, sempre come Belfagor, è la ventisettesima favola del Libro XII, situata nella terza e ultima raccolta delle “Favole di La Fontaine”, pubblicata per la prima volta nel 1693.
Probabilmente Bernéde si fece ispirare (almeno dal nome del personaggio), dall’opera del filosofo Julien Benda che, con Belphégor: essai sur l’esthétique de la présente société française (1919), era un libello contro le posizioni irrazionaliste nella filosofia e nell’arte, che condannava l’emotività e l’intuizione.
Nella scelta di chi far impersonare Belfagor (che qui non sveliamo, per non rovinare la sorpresa del romanzo), figura a tal punto malvagia da essere la più maligna del resto degli uomini, il popolare romanziere mostrò di essere più colto di quanto i suoi detrattori abbiano mai voluto ammettere.
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