Valerij Brjusov è considerato uno dei principali pensatori del simbolismo russo. Accanto alla produzione poetica pubblicò numerosi articoli sulla poesia e sulla letteratura contemporanea, dimostrandosi un conoscitore molto informato della vita letteraria occidentale. Il teatro appare un parente povero in termini di volume di testi, ma non in termini di interesse. Ben presto Brjusov diede forma alle sue convinzioni artistiche: per lui il processo creativo non riguarda la comunicazione tra le persone, ma permette di comprendere se stessi, di far luce sui propri pensieri. Secondo la poetica di Brjusov, nei nostri tentativi di percepire il mondo la coscienza e i sensi ci ingannano per farci vivere in un’eterna menzogna che né il pensiero né la scienza possono dissipare. Non c’è altra via d’uscita che “momenti di estasi, di intuizione soprasensibile che fanno concepire i fenomeni universali in un altro modo, penetrando ben oltre il loro involucro esteriore, fino al profondo del cuore”. La missione dell’arte è dunque proprio quella di far emergere quegli istanti di chiaroveggenza e di ispirazione che permettono di intravedere l’essenza profonda delle cose. Nella sua opera drammatica e nelle sue cronache teatrali, Brjusov mette in pratica, con più o meno successo, le idee che aveva così formulato.
Valerij Brjusov
Di questo autore, l’editore intransito di Milano ha pubblicato – traducendolo dal russo – Le ultime pagine del diario di una donna apparso nella prima edizione nel 1910. Nel libro, la narratrice Nathalie Glebovna tiene il suo diario e racconta l’evento decisivo della sua vita: un giorno suo marito viene trovato morto, con il cranio in frantumi. Chi potrebbe essere il colpevole? Sarà proprio Nathalie, che eredita così un importante patrimonio, o addirittura uno dei suoi due amanti? C’è da una parte Modeste, pittore dotato e tormentato, e dall’altra Volodya, un giovane infantile e ingenuo, ed entrambi sono molto gelosi. Nathalie vuole assicurarsi la sua indipendenza e libertà e fa della menzogna uno stile di vita, districandosi con destrezza tra i due uomini. Senza compromessi, dominante e lucida, questa donna desiderosa di piacere accetta perfettamente le sue infedeltà e rivolge uno sguardo freddo e distaccato alle persone che la circondano. Ed è nel preciso momento in cui si brucia tra le fiamme della passione che il destino scatena la sua rabbia e la separa dai due uomini che amava.
Ispirato alle vicende della contessa russa Marija Tarnovskaja, accusata di aver fatto uccidere il marito dal proprio amante, il racconto offre un esercizio di stile limpidissimo. Attraverso il sottile ritratto di una donna libera e moderna, l’autore, con lucidità e umorismo, denuncia l’ipocrisia universale che distorce le relazioni sentimentali. Le ultime pagine del diario di una donna ci consente di leggere un autore abituato a sondare la profondità e tutte le sfumature della misteriosa anima femminile, dimostrando come sia tanto più interessante guardarla attraverso gli occhi e i sentimenti di un uomo che viene spesso definito l’imperatore del simbolismo: le ambigue dichiarazioni dell’eroina affascineranno le donne e sorprenderanno gli uomini. Merito quindi a questo piccolo editore, che ha “ripescato” un classico dimenticato arricchendo il volume con le belle illustrazioni di Felix Vallotton. Eppure inmerito ha sfruttato a metà questa intuizione, perché l’apparato critico a supporto non riesce certo a soddisfare la curiosità del lettore per un’importante figura della letteratura russa. Un peccato comune a tanti editori: cerchiamo qui di correre ai ripari e di colmare questa lacuna con qualche breve informazione in più.
Il poeta Vladislav Chodasevič una volta disse di Valery Brjusov: “Credeva di essere il capitano di una nave letteraria”. Brjusov è considerato uno dei fondatori del simbolismo russo. Fu un poeta, uno scrittore, uno studioso, un poliglotta e un editore. Nato nel 1873 e morto nel 1924, appartenente al movimento decadente-simbolista della fine del sec. XIX e del principio del XX, Maxim Gorkij definì Brjusov “l’intellettuale più raffinato” di tutti gli scrittori russi del suo tempo. Brjusov fu il leader del simbolismo russo rappresentato da autori come Konstantin Bal’mont, Aleksandr Blok, Andreij Belyj e altri. La raccolta di poesie di Brjusov Venok (La corona) è considerata tra i più alti risultati della letteratura russa.
Di famiglia agiata, Brjusov nacque a Mosca. Suo nonno, Aleksandr Bakulin, era un poeta, e suo padre Yakov un ricco mercante: il futuro scrittore crebbe in un ambiente trilingue dominando il francese e il tedesco, oltre che il russo. Nel 1893 scrisse il suo primo dramma anche per cercare di combattere il dolore per la morte improvvisa dell’amante Elena Kraskova. Quello stesso anno, in una lettera a Paul Verlaine, Brjusov si definì il fondatore del simbolismo in Russia. Un’autoinvestitura non priva di fondamento, se consideriamo il ruolo determinante che lo scrittore ebbe in patria nel presentare le opere occidentali al pubblico e nel divulgare i lavori dei suoi connazionali.
Paul Verlaine
Dal 1892 al 1899 Brjusov studiò storia e letteratura all’Università di Mosca e, dopo la laurea, si unì alla Società artistica letteraria di Mosca, che era il centro dei nuovi stili e tendenze emergenti all’inizio del XX secolo. Lo stesso Brjusov ha provato una varietà di stili nelle sue numerose poesie, ma i suoi migliori risultati appartengono al simbolismo. La sua poesia spaziava dall’erotismo sofisticato alla mitologia, alle leggende e ai soggetti epici. Il romanzo storico L’angelo di fuoco (1908) è probabilmente la sua opera più nota, anche per l’adattamento musicale che ne fece Prokofiev nel 1927.
Grande studioso di Puskin, punto di riferimento letterario imprescindibile per ogni autore russo (e più volte citato anche ne Le ultime pagine), Brjusov fu capace però di trovare ispirazione anche nelle opere di Virgilio: la traduzione completa dell’Eneide – così come di Dottor Faust di Johann Wolfgang Goethe – viene considerata tra i più alti risultati della traduzione letteraria. Altri autori beneficiarono delle sue capacità di traduttore: Edgar Allan Poe, Emile Verhaeren, Maurice Maeterlinck, Paul Verlaine, Romain Rolland, Victor Hugo, Lord George Byron e Oscar Wilde. Brjusov ha anche rivelato la bellezza della poesia armena: ha pubblicato la raccolta Poesia dell’Armenia considerata ancora oggi fondamentale. Per la sua traduzione russa del poema epico popolare David di Sasuntsi, raffigurante l’eroe nazionale armeno, Brjusov fu designato Poeta popolare del Paese nel 1923.
L’atmosfera della prima rivoluzione russa del 1905-1907 ebbe un grande impatto sulla poesia di Brjusov. I libri di quel periodo riflettono l’accresciuta attività sociale dell’autore, che ha accolto con favore il tornado della rivoluzione. Dal 1906 Brjusov divenne sempre più critico nei confronti di scrittori e poeti che tendevano a indulgere in un eccessivo “anarchismo mistico”, tra cui la seconda ondata di simbolisti. Corrispondente militare durante la prima guerra mondiale, dopo aver assistito alla crudele realtà della guerra e della morte, ebbe un esaurimento nervoso. Entusiasta sostenitore della Rivoluzione d’Ottobre del 1917, divenne membro del Partito Comunista nel 1920 e fu attivo nel Commissariato popolare per l’istruzione servendo come capo delle divisioni tipografia e biblioteca. Dal 1919 al 1921 fu presidente dell’Unione dei poeti, poi nel 1921 divenne direttore dell’Istituto di letteratura e arte di Mosca fino alla morte, tra le altre cose curando la prima edizione dell’Enciclopedia sovietica. Presto disilluso nei confronti della realtà sovietica dopo aver assistito al rapido degrado della cultura sotto il dominio comunista, il dramma in corso della dittatura totalitaria e la triste realtà del comunismo portarono Brjusov alla depressione e ad una grave malattia. Fu trovato morto di polmonite all’età di 50 anni nel suo appartamento di Mosca.
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