Louis Winthorpe III (Dan Aykroyd) è un giovane gestore degli investimenti della Duke & Duke, una potente banca di Filadelfia. Billy Ray Valentine (Eddie Murphy) è un homeless di colore. A loro insaputa, entrambi sono oggetto di una folle scommessa da parte dei capi di Louis, gli arroganti fratelli Mortimer (Don Ameche) e Randolph Duke (Ralph Bellamy). Piedi “nichelati”, avari e razzisti convivono nella loro villa, circondati da un esercito di servitori che ignorano, guidando una Rolls Royce Phantom V con autista dotata di due televisori e telefoni per effettuare gli ordini di borsa. I due hanno visioni divergenti in merito a chi ha doti innate o acquisite: Mortimer afferma che alcune persone sono capaci di riscuotere successo in tutte le situazioni che vengono loro offerte mentre altre falliscono sistematicamente; Randolph, al contrario, ritiene che un vincente possa fallire se il suo ambiente non gli è più favorevole e che un soggetto tendenzialmente fallimentare può avere successo in situazioni favorevoli. Per scoprire chi ha ragione, decidono di effettuare un esperimento in tempo reale suggellato da una scommessa. Fanno in modo di screditare Louis durante un incontro facendolo pubblicamente passare per un ladro, il che porta al suo arresto, al suo licenziamento e al congelamento del suo conto bancario. Inoltre, incaricano il loro dipendente Beeks (Paul Gleeson) di corrompere la prostituta Ofelia (Jamie Lee Curtis), affinché baci Louis in pubblico al cospetto della sua fidanzata Penelope (Kristin Holby), accorsa alla stazione di polizia. Allo stesso tempo, i due milionari assumono Valentine e gli offrono il lavoro e l’appartamento di Louis, maggiordomo compreso, Coleman (Denholm Elliot). Inizialmente prevale ampiamente la tesi sostenuta da Randolph: scaricato dalla fidanzata, rifiutato dagli amici e senza risorse, Louis sprofonda rapidamente nella povertà. Anche se viene accolto da Ofelia, sopraffatta dal rimorso, che gli confessa di essere stata comprata dai Duke. Ofelia gli confida anche di essere una prostituta e promette di aiutarlo a riconquistare il suo posto nella società. Da parte sua, Valentine usa la sua saggezza popolare per prevedere con precisione l’evoluzione del prezzo di alcuni asset, cosa che gli vale un grande successo sul mercato dei futures…

La scena iniziale è di per sé un gioiello. Il risveglio della città (siamo a Filadelfia) pochi giorni prima di Natale. È la routine mattutina dei commercianti e delle loro bancarelle, dei dipendenti che vanno in ufficio e della vita nei ghetti (l’America degli anni ’80). Nello stesso momento, in una lussuosa villa, Winthorpe si sveglia in un pigiama di seta, in attesa della colazione servita a letto dal maggiordomo. Segue la sua toilette con la rasatura vecchio stile, la scelta dell’abito del giorno e l’uscita in strada, dove attende che Coleman gli apra la portiera posteriore della sua Mercedes 600, diretto alla Duke Stock Exchange dove risponderà a malapena ai saluti deferenti da parte dei suoi dipendenti. La scena è scandita dalle Nozze di Figaro di Mozart.

Dopo aver diretto tre grandi successi al botteghino in rapida successione,  American House (id., 1978), The Blues Brothers (id., 1980) e Un lupo mannaro americano a Londra (Werewolf of London, 1981), John Landis realizza il suo sogno da cinefilo con Una poltrona per due (Trading Places, 1983), un omaggio esplicito a Frank Capra. Impone Eddie Murphy, come il resto del suo cast, e imbastisce una satira sui pregiudizi e sulla stupidità umana. A oltre quarant’anni dalla sua uscita, il film non solo è invecchiato bene, ma il suo ritratto di un mondo privo di scrupoli che prende di mira la gente comune è ancora più attuale che mai (chi l’avrebbe immaginato che l’America sarebbe diventata Trumpiana?).

Negli anni ‘80 dei superpotenti States, l’era Reagan era in pieno svolgimento e il capitalismo la faceva da padrone. Il futuro di due uomini, Louis Winthorpe e Billy Ray Valentine, finisce nelle mani di due vecchi milionari (i veterani di Hollywood Ralph Bellamy e Don Ameche, giusto per tornare a Capra) che scommettono su di loro per la somma di un dollaro, con l’unico scopo di divertirsi. Jamie Lee Curtis, la cui fisicità ha lasciato il segno in diverse generazioni di spettatori attraverso una scena leggendaria, interpreta una prostituta dal cuore d’oro che sembra essere l’unica a sapere che la vita non fa sconti. Louis evolverà insieme a lei, imparando a comunicare, ad amare e a farsi carico di se stesso diventando un uomo. A Jamie Lee Curtis verrà assegnato il BAFTA come migliore attrice non protagonista. Non male per un’interprete che la Paramount non voleva. Su una sceneggiatura scritta da Timothy Harris e Herschel Weingrod, Trading Places è un film cult, una commedia tanto divertente quanto elegante.

Se Dan Aykroyd aveva già dimostrato quanto fosse un attore formidabile in The Blues Brothers, è senza dubbio Eddie Murphy (all’epoca ventiduenne), in un ruolo previsto per Richard Pryor (che avrebbe dovuto includere Gene Wilder come partner), a fare fuochi pirotecnici, dopo avere appena trionfato con il suo primo lungometraggio 48 ore (48 Hrs., 1982), di Walter Hill.

Si narra, addirittura, che se non fosse morto durante la preparazione del film, il ruolo di Valentine sarebbe stato affidato a John Belushi (nel film compare suo fratello Jim): ma sarebbe stata tutta un’altra storia.

Incredibilmente naturale, Murphy, un vero e proprio tornado umano, trascina ogni cosa sul suo cammino e infonde ai suoi partner la sua folle energia. L’attore sarebbe diventato un fenomeno globale un anno dopo con Beverly Hills Cop – Un piedipiatti a Beverly Hills (Beverly Hills Cop, 1984), di Martin Brest.

Una poltrona per due è rimasto famoso anche per le sue feroci critiche ai circoli del mercato azionario e ai capitalisti dove la ricchezza è sinonimo di avidità. All’epoca il mondo delle borse (con finale al World Trade Center) era poco conosciuto e nonostante la loro ignoranza in materia gli spettatori accorsero nelle sale per applaudire quello che è diventato un modello di commedia (sulle note di Elmer Bernstein, anch’egli nominato agli Oscar).

Una poltrona per due si vede oggi con la stessa felicità e si ride ancora tanto grazie ai dialoghi politically incorrect e ai colpi di scena magistralmente realizzati da John Landis, che nello stesso anno diresse il video Thriller per Michael Jackson. Tanto che il film viene costantemente riproposto ad ogni Natale, quasi si trattasse di una ricorrenza nella ricorrenza. Purtroppo, la deprecabile attuale tendenza ormai nota come cancel culture sembra voler attentare al film. In Italia l’avversione al film è stata rilanciata dall’edizione italiana di Vanity Fair, in un articolo oggettivamente imbarazzante perché non ha saputo cogliere il valore grottesco ed eversivo del film (oltre che a denotare l’assoluta ignoranza in tema cinematografico di chi ha scritto il pezzo). Per farla breve si accusa Una poltrona per due di razzismo, per il fatto che la servitù è solo afroamericana: evidentemente il british Denholm Elliot è passato in fanteria! Si colpevolizza l’uso della “N-word”, eufemismo sostitutivo di nigger. E perché ad un certo punto Dan Aykroyd si trucca da giamaicano, cercando di imitarne anche lo slang: peccato di “blackface”. Ovviamente anche Jamie-Lee Curtis viene criticata per come viene utilizzato il suo corpo (il seno più bello del cinema americano degli anni ’80, come ricorderanno gli adolescenti di allora), e per il fatto che si tratta di una prostituta (l’autrice dell’articolo dovrebbe andarsi a vedere Irma la dolce di Billy Wilder).

Unica certezza: Louis Winthorpe III e Billy Ray Valentine oggi avrebbero fatto fuori anche questi fratelli Duke della cancel culture.

Ultimo aneddoto: Randolph e Mortimer Duke faranno una nuova apparizione in Il principe cerca moglie (Coming to America, 1988), sempre diretto da John Landis, in cui sono diventati senzatetto. Eddie Murphy, il principe Akeem, dà loro una mazzetta di contanti e Randolph si rivolge a suo fratello Mortimer dicendo: «Eccoci di nuovo!».

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