“Forse gli scrittori (scrittori maschi e scrittori professionisti) dovrebbero sentirsi un po’ a disagio: perché il primo vero romanzo di guerra della letteratura ungherese è stato scritto da uno scrittore non maschio e non professionista”, così il poeta russo Jurij Gusev nel suo saggio Dopo questo sarà tutto un po’ diverso dedicato al libro Donna sul fronte di Alaine Polcz.

Prima della pubblicazione di Donna sul fronte Alaine Polcz era ampiamente riconosciuta come psicologa dedicata al servizio dei bisogni dei bambini disturbati, alle cure dei malati terminali di cancro e all’assistenza alle loro famiglie, nonché come autrice di numerosi articoli e libri sulla tanatologia e come fondatrice del movimento hospice in Ungheria. Per coloro che la conobbero attraverso questo impegno dedicato alla morte e ai morenti, il resoconto delle sue esperienze negli ultimi mesi della Seconda Guerra Mondiale fu una rivelazione. Nonostante la quotidiana familiarità con il dolore che doveva affrontare per la sua professione e l’indubbia eccezionalità di uno spirito protagonista dei circoli culturali ungheresi (la Polcz sposò in seconde nozze Miklós Mészöly, considerato uno dei grandi maestri della narrativa del suo paese del ventesimo secolo) sono stati necessari più di quarant’anni per poter raccontare pubblicamente l’orrore vissuto in prima persona durante le fasi conclusive della Seconda Guerra Mondiale. Polcz può rompere il silenzio solo nel 1991, quando finalmente l’ultimo soldato russo aveva lasciato l’Ungheria, e il libro non incorreva più nella censura che il regime comunista imponeva rigidamente sul tema.

Le vicende di Donna sul fronte si svolgono dal marzo 1944 all’autunno 1945 e intrecciano la descrizione dell’infelice matrimonio della Polcz con quella delle esperienze vissute durante il conflitto, in particolare soffermandosi sui tre mesi di violenza sessuale subita e sulle conseguenze sulla sua vita fisica ed emotiva. Un viaggio attraverso i vari livelli dell’inferno: nell’arco di un anno, la Polcz è sottoposta a una successione di eventi spaventosamente brutali, che la costringono a conoscere ogni dolore fisico e agonia mentale, ogni afflizione e umiliazione che una donna possa provare. Il trionfo finale risiede nella capacità della donna di non provare né odio né desiderio di vendetta, anche se la ferocia del suo violentatore perseguita ancora i suoi sogni, e la grave malattia derivante dalla bestialità l’ha privata della capacità di avere figli.

Gli ungheresi erano da tempo consapevoli delle atrocità e delle rappresaglie dei soldati russi sui civili, certo non mancavano le testimonianze su come le donne si travestissero per evitare gli attacchi e quasi chiunque conosceva qualche vittima degli orrori compiuti dai soldati dell’Armata Rossa fino ad allora rimasti tabù in Ungheria. Si stima che il numero delle donne violentate dai soldati dell’Armata Rossa nei paesi “liberati” si aggiri intorno ai 2-4 milioni, forse 800.000 solo in Ungheria. Ma Donna sul fronte offre l’inedito punto di vista di chi ha subito gli stupri e di come, nonostante la loro brutalità, fossero diventati un luogo comune della vita quotidiana. Un punto di vista sorprendente tanto più che solamente gli amici intimi della Polcz potevano essere a conoscenza della storia delle sue esperienze di guerra, che lei racconta con tanta onestà e franchezza.

L’autrice con il marito Miklós Mészöly

Donna sul fronte è un libro di memorie scritto in uno stile chiaro, semplice e diretto risultato di un continuo perfezionamento della scrittura della Polcz che ha potuto beneficiare dei suggerimenti del marito Mészöly. Non c’è alcun abbellimento, nessun divagare, nessun senso di un’opera effettivamente composta. Polcz non analizza né spiega e, nonostante la sua professione, non “psicologizza” le sue esperienze ma semplicemente enumera i fatti uno dopo l’altro così che facciano luce su di lei e sulla situazione in cui si è trovata. Oltre alla semplicità del suo stile, colpisce la capacità di raccontare gli avvenimenti straordinari mettendo in primo piano l’individualità sapientemente, in modo discreto. La novità e la grandezza di Donna sul fronte risiedono nel fatto che uno scrittore professionista non si permetterebbe di enumerare solo fatti ed eventi dall’inizio alla fine, ma la credibilità della Polcz deriva proprio dall’oggettività del suo stile narrativo, dalla presentazione scarna dei fatti della sua storia.

Tradotto in francese, spagnolo, russo, tedesco, inglese, romeno, sloveno, serbo e polacco, Donna sul fronte è stato di recente riproposto integralmente dall’editore Anfora– dopo la prima traduzione italiana del 2005 pubblicata da Stango. Una scelta di qualità da parte della casa editrice milanese specializzata in letteratura del Centro Europa e con un’ampia proposta in catalogo di autori ungheresi.

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