Come i suoi tanti ammiratori sanno bene, il commissario Salvo Montalbano è uomo di buone letture. Nei romanzi e nei racconti che lo vedono protagonista càpita non di rado che un’opera, o un passo di essa, fornisca la chiave per venire a capo di un’indagine; in altri casi, citazioni e suggestioni libresche sono lo spunto per gustosi siparietti, illuminandoci nel contempo sulle predilezioni letterarie di Andrea Camilleri.
Ne L’arte della divinazione, breve racconto contenuto nel volume Un mese con Montalbano, il commissario è alle prese con una strana faccenda. Il preside del liceo di Vigata sostiene che qualcuno ha tentato di ucciderlo; il presunto colpevole sarebbe l’insegnante di francese, che poco tempo prima gli aveva predetto che “il tredici febbraio sarebbe scampato da un colpo, ma che entro tre mesi non sarebbe stato più con loro”. L’insegnante di francese, convocato da Montalbano, protesta la sua innocenza, e pensa di confonderlo portando il discorso su argomenti che immagina poco congeniali al suo interlocutore. Ma si sbaglia di grosso:

«Commissario, lei forse non conosce un delizioso romanzo settecentesco che s’intitola Il diavolo innamorato di…»
«Cazotte» fece il commissario. «L’ho letto.»
Il professore si ripigliò subito da un leggero stupore. «Dunque una sera Jacques Cazotte, trovandosi con alcuni amici celebri, ne divinò esattamente la morte. Ebbene…»
«Senta, professore, macari questa storia conosco, l’ho letta in Gérard de Nerval.»
Il professore spalancò la bocca.
«Cristo santo. Ma come fa a sapere queste cose?»
«Leggendo» fece brusco il commissario.1

Una stampa realizzata da Felix Hilaire Buhot per l’opera di Cluzot

Se l’indagine sul caso del preside e del professore di francese finirà per escludere eventi inspiegabili, rivelando anzi furbizie e debolezze fin troppo umane, ciò che si tramanda della vita di Jacques Cazotte e il suo capolavoro, Il diavolo innamorato, ch’è forse l’unica opera sua ad essergli sopravvissuta, sono intessuti di amore per l’occulto e di riferimenti alle pratiche magiche. Si dice che questo nobiluomo settecentesco dalla vita avventurosa comunicasse con gli spiriti dell’aria, che lo aiutavano anche nella sua attività letteraria; e Jean-François de La Harpe, amico di Voltaire, sostiene che durante una cena di membri dell’Académie française, nel 1788, Cazotte abbia saputo predire il bagno di sangue del periodo del Terrore, pronosticando con macabra esattezza ad alcuni dei suoi compagni, che esaltavano la necessità di un cambiamento figlio della filosofia illuministica, la triste fine che avrebbero incontrato di lì a pochi anni per mano dei tribunali rivoluzionari. Né mancò di prevedere la sorte che gli sarebbe toccata, e che puntualmente si verificò: fervente sostenitore del Re, finì ghigliottinato nel 1792. Del resto, già nel poema eroicomico Ollivier, scritto molti anni prima alla Martinica, dov’era controllore delle Isole del Vento, scriveva di «teste tagliate di aristocratici che, continuando tranquillamente a disquisire di filosofia, cercavano il resto del corpo in mezzo al sangue e al macello»2. Se non doti sovrannaturali, che gli saranno state attribuite dai suoi biografi alla luce degli accadimenti storici successivi, bisognerà almeno riconoscergli una singolare preveggenza. E la capacità di creare intorno alla sua figura un alone di leggenda, che illustri esponenti del Romanticismo francese (da Gérard de Nerval a Charles Nodier) avrebbero alimentato fino a noi.

Place de la Concorde, palcoscenico sanguinario della rivoluzione francese

Pieno di levità settecentesca ma anche di succhi preromantici è il racconto Il diavolo innamorato, pubblicato con grande successo nel 1772, che arriva ai lettori di oggi in tutta la sua freschezza. Don Alvaro, spagnolo, giovane capitano delle guardie del re di Napoli, ne è il protagonista. Incuriosito dalle pratiche occulte, si fa condurre da alcuni commilitoni tra le rovine di Portici, e seguendo le loro istruzioni evoca il Maligno. Questi gli si presenta dapprima in forme ripugnanti (un’orribile testa di cammello), ma poi, soggiogato dalla fermezza e dal coraggio di Alvaro, gli si sottomette, assumendo le sembianze via via richieste: un grazioso cagnolino, una cantante d’opera e infine un paggio di singolare bellezza… che il protagonista decide di chiamare Biondetto e, sia pure tra mille dubbi e incertezze, di tenere al suo servizio. Ben presto risulta evidente che Biondetto è in realtà Biondetta. Lo spirito ha scelto per incarnarsi la più delicata, dolce e gentile delle figure femminili, non soltanto bellissima e devota al suo padrone, ma anche portatrice di una conoscenza superiore, che vorrebbe condividere con l’uomo a cui si è legata. La coppia, per sfuggire a pericoli in parte reali e in parte suscitati ad arte dalla stessa Biondetta, inizia un inquieto peregrinare: da Napoli a Venezia, dove la fanciulla-diavolo è vittima di un attentato ordito da una rivale, poi a una villa sul Brenta, locus amoenus che vede Biondetta riacquistare le forze e i due innamorati trascorrere una stagione felice anche se vissuta in castità, poiché Alvaro non può tacitare la voce della sua coscienza né obliare del tutto il pericolo che sta correndo. Infine assistiamo al viaggio accidentato verso la Spagna, la famiglia, gli affetti più cari: con il pretesto di chiedere alla madre il permesso di sposare Biondetta, Alvaro cerca in realtà di venire a capo di una situazione ormai insostenibile. E lo scioglimento avverrà appunto all’arrivo in Estremadura, con il lettore lasciato libero di giudicare se il diavolo innamorato abbia vinto o perduto…

Il lettore italiano può contare su numerose edizioni dell’opera, tre delle quali, tutte recenti, sono citate nelle note. «Storia di una seduzione, ancor prima che di una possessione demoniaca […], più incline alla leggerezza di una lettura galante-libertina che ad un’interpretazione in chiave fantastico-orrorifica»3, il racconto è godibilissimo. Non stupisce che, accanto a Camilleri, altri illustri scrittori e studiosi contemporanei abbiano reso omaggio a questo piccolo gioiello settecentesco. J.L. Borges lo volle tra le prime uscite della collana La Biblioteca di Babele, da lui curata negli anni Settanta del secolo scorso per le edizioni di Franco Maria Ricci, che comprende alcune tra le opere più rappresentative della letteratura fantastica; Tzvetan Todorov gli assegna un ruolo di precursore del genere; e il papà di Montalbano tornerà ad occuparsi del Diavolo innamorato affiancando un suo racconto a quello di Cazotte in un volume pubblicato da Donzelli nel 2005.4


  1. Andrea Camilleri, Un mese con Montalbano, Mondadori Editore, 1998
  2. Jacques Cazotte, Il diavolo innamorato, Quodlibet Compagnia Extra, 2019, traduzione di Ugo Dettore, con un testo di Ermanno Cavazzoni. La citazione è tratta dal saggio di Ermanno Cavazzoni alla fine del volume
  3. Jacques Cazotte, Il diavolo innamorato, Piero Manni Editore, 2011, a cura di Isabella Mattazzi. La citazione è tratta dall’introduzione di Isabella Mattazzi
  4. Andrea Camilleri, Jacques Cazotte, Il diavolo. Tentatore. Innamorato, con una nota introduttiva dell’editore e una postfazione di Gaia Panfili al racconto di Jacques Cazotte, Donzelli Editore, 2005

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