Tre donne che lavorano per un centralino telefonico condividono lo stesso appartamento. Crystal (Ann Sothern) esce senza farsi troppe illusioni con Homer (Ray Walker), Sally (Jeff Donnell) si diletta nella lettura di romanzi polizieschi a buon mercato e Norah (Anne Baxter), seria e riservata, si mantiene fedele al fidanzato soldato in Corea. La sera del suo compleanno, sola nell’appartamento, Norah apprende per posta che il suo promesso si è innamorato di un’infermiera conosciuta al fronte che intende sposare. Un ritrattista donnaiolo, Harry Prebble (Raymond Burr), chiama nel frattempo per farsi raggiungere da Crystal a cena, ma alla telefonata risponde Norah che accetta l’invito. Al ristorante, Prebble farà bere Norah prima di portarla a casa sua per continuare la serata. La donna, troppo ubriaca, accetta ma, sentendosi in pericolo, scappa nel cuore della notte dalla casa del suo ospite. Il giorno successivo, apprendendo della morte di Prebble, ucciso da un colpo di attizzatoio, si convince di essere la colpevole, nonostante non ricordi nulla della serata precedente.
Gardenia blu (The Blue Gardenia, 1953) non è certo l’opera migliore di Fritz Lang. Eppure sono molti gli aspetti che rendono piacevole il film: innanzitutto il tono giocoso con cui inizia, insolito per il registra, che ci mostra la bella amicizia che lega le tre donne nel loro appartamento e sul posto di lavoro (la serata drammatica trasformerà la storia in un thriller più classico). La stampa, presente ancora una volta nell’opera di Lang, gioca un ruolo centrale: il personaggio di Casey Mayo (Richard Conte) sostituirà, in un certo senso, la polizia per scoprire il segreto di Norah. Inoltre, in questo piacevole film, Fritz Lang spinge al limite il feticismo caro al genere poliziesco. Come avrebbe potuto fare il suo contemporaneo Alfred Hitchcock, i primi piani indugiano su una successione simbolica di tre fazzoletti, due dischi intercambiabili e quattro gardenie che rivestono una precisa funzione narrativa. Una profusione di oggetti, a cui si aggiunge un abito di taffetà nero e l’immancabile specchio infranto, contribuisce a forgiare un universo cinematografico perfettamente padroneggiato e assimilabile ai mondi polizieschi di Agatha Christie o Maurice Leblanc dove tutto contribuisce inevitabilmente a confondere lo spettatore e tradire l’assassino.
Come lo specchio rotto del film, l’idea che lo spettatore ha di ciascun personaggio viene smentita man mano che la storia avanza. La gentilezza e la pazienza che Harry Prebble usa per sedurre le donne contrastano con l’abbagliante aggressività che mostra quando Norah sta per addormentarsi. Il giornalista Casey Mayo è l’immagine attesa del giovane destinato per primo a ricevere il degno amore dell’eroina ma in realtà si sostituisce alla polizia solo per realizzare uno scoop. Solo la vera colpevole, una figura decisamente caricaturale, porta il peso del suo persistente errore: amare ciò che non dovrebbe essere amabile.
Prodotto da Alex Gotlieb, Gardenia blu ha potuto contare su un budget molto basso e venne girato in venti giorni, senza che Lang potesse modificare nulla. Ci si potrebbe chiedere perché il regista austriaco avesse accettato questa opportunità di lavoro, nonostante fosse già molto ricco e affermato a Hollywood. La risposta potrebbe forse essere trovata nella lista nera che all’epoca imperversava nel cinema americano: Lang, a causa delle sue amicizie di sinistra, si sentiva chiaramente minacciato nel suo lavoro, e forse temeva anche di essere espulso. Dovendo fare i conti con risorse limitate, gli attori non sono di primo piano tuttavia sono solidi professionisti che offrono interpretazioni convincenti. Anne Baxter, volto noto al grande pubblico per i suoi ruoli in Eva contro Eva di Joseph L. Mankiewicz e Io confesso di Alfred Hitchcock, interpreta Norah: il film è realizzato dal suo punto di vista e quindi è lei a portarlo avanti e ci riesce piuttosto bene. Nel ruolo più convenzionale del giornalista c’è Richard Conte, che ha trascorso buona parte della sua carriera nel cinema noir senza però emergere in modo rilevante: questo non è il suo ruolo migliore, tuttavia risulta credibile soprattutto quando, alla fine, non sa più cosa fare per rispondere alle ansie di Norah. Raymond Burr è il vile Prebble, coerentemente con la sua capacità di interpretare ruoli di grossi bruti (qualche anno dopo Gardenia blu lo rivedremo nella parte del marito uxoricida de La finestra sul cortile). Ann Sothern interpreta perfettamente il ruolo di Crystal che è in un certo senso quello della sorella maggiore, della ragazza chiacchierona che non si lascia ingannare da nessuno.
Questo thriller a basso budget, secco e nervoso, ben illuminato dal bianco e nero di Nicholas Musuraca, con scenografie minimaliste e un lieto fine semplice, rimane del tutto piacevole e più che sufficiente per essere un film su commissione ed è impreziosito da un cammeo di Nat King Cole che esegue la canzone The Blue Gardenia nei panni di un pianista chic da ristorante. Si legge quasi ovunque che questo film non sia piaciuto a Fritz Lang, che riteneva di non avere avuto abbastanza tempo per prepararlo: tratto da un racconto di Vera Caspary, Gardenia blu risulta tuttavia perfettamente langiano nella descrizione del conflitto tra società e individuo e nell’esplorazione dei meccanismi che determinano la colpa e le responsabilità personali.
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