Un passante, ripreso di spalle, per strada, cammina con andatura esitante. All’improvviso entra in un bar dove ordina un boccale di birra. L’uomo è pallido, perso nei suoi pensieri e, mentre dall’altra parte del vetro un amico gli fa cenno, sussulta rivelando come non voglia proprio essere disturbato. Il nuovo arrivato gli impone però la propria presenza per un brindisi, mentre nello spettatore resta il mistero sull’atteggiamento del primo personaggio. L’uomo rientra in casa dove apprende che la moglie dell’amico è stata trovata morta in un appartamento poco lontano dal bar: iniziamo a capire quale peso possa aver avuto sulla coscienza il nostro uomo…

Isao Tashiro, il protagonista del film di Mikio Naruse Lo straniero dentro una donna (1966), è un uomo sensibile e irresoluto che per questo – è la stessa madre a suggerirlo – non sa resistere alle tentazioni. Poco male, se non fosse che questa debolezza lo porta alla rovina. Intreccia infatti una relazione extraconiugale con la moglie di un suo amico, una donna dalla sensualità perversa, che uccide per errore strangolandola durante un gioco erotico. Travolto dai sensi di colpa, Isao confessa la sua colpa dapprima alla devota moglie Masako e poi all’amico tradito e – per completare il disastro – decide di costituirsi alla polizia. Ma il destino sta preparando per lui una fine imprevista…

Ristampato in Italia nel meritorio catalogo di A & R Productions – sebbene in edizione originale sottotitolata – il film merita di essere recuperato per almeno due motivi. Innanzitutto Lo straniero dentro una donna consente di entrare in contatto con le tematiche più proprie del cinema di Naruse e con il suo stile. Il regista realizzò infatti soprattutto i cosiddetti shomingeki (“drammi sulla gente comune”), cioè storie che si muovono nell’ambito famigliare, indagandone i conflitti e le tensioni. Inoltre una grande attenzione è stata sempre dedicata da Naruse – anche in questo caso – ai personaggi femminili, donne che si battono con coraggio per realizzare le loro aspirazioni e determinare con forza il loro destino. anche quando sanno d’essere prive di vie d’uscita. Dal punto di vista stilistico poi, il film rientra a pieno nella scelta di adottare un linguaggio più essenziale a partire dagli anni Cinquanta, per consentire allo spettatore di cogliere con l’attenzione dovuta tutti i gesti dei personaggi. 

Lo straniero dentro una donna è un film di ottima fattura: ecco, semplicemente, l’altro motivo per consigliarne la visione. Naruse non filma mai allo stesso modo due persone che discutono insieme, variando all’infinito la loro disposizione nell’inquadratura (a volte evocando il gusto di Bergman per le posture ieratiche dei personaggi che si parlano senza osare guardarsi) e dimostrando una grande capacità di utilizzo della luce, delle ombre, delle tinte sfumate. Va anche riconosciuto che tutta la prima parte del film, in particolare, utilizza magnificamente il bianco e il nero. Una mano sapiente alla regia che riesce a tirare fuori prove di assoluto valore dagli attori, nonostante la scelta di caratteristi e non di vere e proprie star per i ruoli principali.In questo film Naruse si dimostra un vero e proprio cineasta del tormento, un esteta dell’inquietudine, che sa descrivere come pochi un’atmosfera di rimpianti. Il protagonista è tormentato dal rimorso di chi ha oltrepassato il limite ed è conscio, con una complessità dostoevskjiana, che il castigo è l’unica via per la redenzione: per placare la sua sofferenza, matura la decisione di autodenunciarsi nonostante sua moglie (e il marito ingannato) preferiscano dimenticare e mettere a tacere tutto per preservare la reputazione e la sopravvivenza stessa della famiglia. Ma è Masako il personaggio meglio riuscito:  la moglie di Isao sembra una piccola brava donna che, dapprima completamente nascosta dietro il marito, nel corso del film acquisisce una forza crescente fino alla drammatica decisione che conclude il film. Il finale è davvero hitchcockiano per suspense e messa in scena – i primi piani su vari oggetti – e svela pienamente il significato del titolo rivelando, ancora una volta, la forza assoluta di questo personaggio femminile. Un vero schiaffo in faccia che completa un’opera formalmente notevole di un grande cineasta. 

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