Splendori e miserie del gioco del calcio è il titolo italiano piuttosto fedele (nonostante echi balzachiani) a quello originale in spagnolo del più bel libro mai scritto sul calcio, El fútbol a sol y sombra. Non accetto obiezioni provenienti da oltremanica: la rapsodia dello stile con cui lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano conduce il lettore attraverso quasi un secolo di storia del gioco più appassionante del pianeta è degna di un dribbling ubriacante, la passione la stessa che si respira sugli spalti e le stoccate di cui sono zeppe le pagine di questo piccolo gioiello improvvise e fulminanti come la conclusione di un cannoniere di razza. Così un celebre goal del Brasile contro l’Inghilterra ha l’effetto di un vento caldo venuto dal sud per sciogliere il fortino d’acciaio, del leggendario Eusebio apprendiamo che da bambino era chiamato Ninguem (“niente”) e “giocò, vinse, pisciò, fu sconfitto” diventa l’epitaffio di Maradona.

La prima edizione di questo libro, pubblicata nel 1995 e tradotta nel 1997 in Italia da Sperling & Kupfer nella collana diretta da Gianni Minà “Continente desaparecido”, descrive uno sport già preda degli interessi economici e lo scrittore uruguayano – di formazione socialista: diresse anche il settimanale Marcha a cui collaboravano giganti della letteratura latinoamericana come il connazionale Mario Benedetti e il premio Nobel Mario Vargas Llosa  – non risparmia la sua critica al patto scellerato dei dirigenti del pallone con le multinazionali ma anche agli intellettuali di sinistra che rifiutano, per ragioni ideologiche, il gioco e il fascino che esercita sulle masse. Autore di oltre 30 volumi, Galeano applica anche qui il suo stile inconfondibile che mescola romanzo e giornalismo, analisi politica e storica e documentazione. Splendori e miserie del gioco del calcio è il canto lirico di quello che Pasolini definiva “l’ultimo rappresentazione sacra del nostro tempo”: non a caso nel paese natio dello scrittore, quando gioca la Celeste (la squadra nazionale) “si ferma il respiro del paese, gli amanti frenano il loro amore e le mosche interrompono il volo”.

L’ultima squadra nazionale uruguayana campione del Mondo

I brevi capitoli del volume, i più lunghi non superano le 6 pagine, illustrati da disegni stilizzati dello stesso Galeano e dai titoli spesso curiosi (“La seconda scoperta dell’America”, “Il bacio perfetto vuole essere unico”, “Il linguaggio dei dottori del calcio” ecc.), costruiscono un percorso di lettura molto scorrevole e divertente. Attraverso le pagine di Splendori e miserie del gioco del calcio gli appassionati potranno acquisire maggiore familiarità con personaggi ormai cronologicamente e geograficamente lontani ma ben presenti nella mitologia calcistica ma anche ripercorrere le tappe di uno sport che – pur tra mille difficoltà e con le dovute precisazioni – è stato spesso veicolo di emancipazione sociale e razziale. 

Il calcio raccontato e amato da Galeano “continua a voler essere l’arte dell’imprevisto. Dove meno te l’aspetti salta fuori l’impossibile, il nano impartisce una lezione al gigante, un nero allampanato e sbilenco fa diventare scemo l’atleta scolpito in Grecia”. Parere condivisibile appieno soprattutto da chi, come il sottoscritto appartenente alla generazione cresciuta per privilegio d’anagrafe con Maradona e Zico, Matthäeus e Van Basten, implora per l’epifania di un dribbling o di qualsiasi giocata emozionante sul rettangolo di gioco.“La storia del calcio è un triste viaggio dal piacere al dovere. A mano a mano che lo sport si è fatto industria, è andato perdendo la bellezza che nasce dall’allegria di giocare per giocare” scrive Galeano. Le pagine del suo libro testimoniano a quanto si debba rinunciare in nome della ricchezza e del business. Questo è uno dei due principali motivi, a mio avviso, per leggere Splendori e miserie del gioco del calcio. L’altro ha un risvolto, per così dire, più letterario. In un mondo dominato dalla comunicazione per immagini, il racconto dona alle gesta degli sportivi una dimensione mitica che nessuna riproduzione visiva è in grado di eguagliare. Qualcuno ha detto che “se la radio fosse stata inventata dopo la televisione troveremmo geniale un apparecchio che ci evita di vedere come giocano certi calciatori”, c’è sicuramente un fondo di verità in questo. Galeano ci ricorda il potere della parola e della capacità di narrare, in grado di costruire eroi e una mitologia contemporanea.

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