Alcune tipologie di viaggi impossibili concepiti dalla letteratura e dal cinema restano ancora sogni irrealizzabili confinati nella fantascienza e nelle visioni dei più audaci ricercatori, se ancora esistono uomini di tale immaginazione. Solo uno di questi viaggi estremi o improbabili – ovvero possibili solo nell’ambito creativo – si è in qualche modo compiuto: quello sulla Luna che vanta, fra l’altro, antichi precedenti letterari, se vogliamo fermarci ai tempi in cui Luciano di Samòsata compose il dialogo Icaromenippo ovvero un viaggio tra le nuvole e la Storia vera: Luciano, lo scrittore siriano di lingua greca fiorito nel periodo degli Antonini e di Marco Aurelio (nacque nel 120 d.C. quando Samòsata/Samsat, sull’Eufrate, era una fiorente città dell’impero romano), è l’autore di quei “racconti fantastici” (come viene intitolata una raccolta di suoi scritti editi da Garzanti) che mescolano la bizzarria e l’esotismo con la satira filosofica e sociale.
Tendenza estremizzata ne La storia vera dove riprende il tema del viaggio fantastico-avventuroso, che avviene attraverso una sorta di aeronave, in un contesto narrativo animato dalle più strane e inverosimili creature (le donne-viticcio, i Seleniti, le Lucerne, i Sogni, i Bucefali, le Gambediciuco), dove i corpi celesti sono trattati alla stregua di isole: la luna viene definita come una “terra” sulla quale i protagonisti ormeggiano e da essa, partendo, prendono il largo. In questo racconto divertente e strampalato c’è anche la storia della balena che inghiotte i protagonisti e li porta a casaccio per l’Oceano: in notevole anticipo sull’analogo episodio che rileggeremo nel Pinocchio di Collodi. Insomma, Luciano, insieme ad Antonio Diogene, autore delle Incredibili avventure al di là di Thule, sviluppano un genere a metà tra narrativa e satira, basato sulla categoria immaginifica dell’incredibile (in greco, “àpista” cose inverosimili), precursori della fantascienza e del phantasy. Luciano piacerà, non a caso, agli Umanisti e agli Illuministi, anche perché, come notava Northrop Frye (1912-1990) nella sua Anatomia della critica, «L’atteggiamento di Luciano verso la filosofia greca si ritrova nell’atteggiamento di Erasmo e di Rabelais verso la scolastica, di Swift e Samuel Butler I verso Descartes e la “Royal Society”, di Voltaire verso i leibniziani, di Peacock verso i romantici, di Samuel Butler II verso i darwiniani, di Aldous Huxley verso i behavioristi».
Tre viaggi impossibili
Ma di Luciano torneremo a parlare perché è uno scrittore che anticipa sotto molti punti di vista lo Zeitgeist contemporaneo. Quello nello spazio non è più un viaggio impossibile, se non nelle distanze oggi percorribili, incomparabilmente più brevi rispetto ai milioni di anni luce che surclassano i nostri ‘poveri’ mezzi di trasporto. E quel tipo di viaggio è figlio di un sogno realizzato dall’umanità ovvero dai discendenti di Icaro: il volo (meccanicamente inteso). Rimangono altri tre viaggi estremi e impossibili, almeno per gli angusti limiti corporei dell’esperienza umana: quelli nell’aldilà e nel tempo, come immaginato nel romanzo di H.G. Wells, e la missione descritta da Fantastic Voyage (Viaggio allucinante), film del 1966 diretto da Richard Fleischer. Dante Alighieri, rielaborando le catabasi classiche come la discesa agli Inferi descritta nel sesto libro dell’Eneide, e perfezionando la ricca tradizione delle visioni e delle leggende dell’aldilà nel Medioevo, sviluppa nella Divina Commedia il più ardito viaggio che mente umana possa concepire, quello nei tre regni ultraterreni (Inferno, Purgatorio e Paradiso). E questo viaggio lo compie da vivo! La terza declinazione dell’impossibile è il viaggio all’interno del corpo umano sviluppato in Viaggio allucinante, uno dei film di fantascienza più originali, che racconta di un gruppo di scienziati miniaturizzati insieme al loro sottomarino per muoversi dentro un essere umano: dalla sceneggiatura di questo film Isaac Asimov trasse l’omonimo romanzo che uscì però qualche mese prima della pellicola. Viaggio allucinante si ispira a un’idea già sviluppata ne La ragazza nell’atomo d’oro di Ray Cummings (1887-1957), uno degli scrittori padri della fantascienza insieme a H.G. Wells e Jules Verne. Nel romanzo di Cummings il viaggio avviene nel mondo sub-atomico.
La guerra fredda e la rivalità tecnologica
Ma vediamo in breve la sinossi di Viaggio allucinante. Il contesto storico in cui si sviluppa la narrazione è quello della guerra fredda. Gli Usa e l’Unione Sovietica hanno sviluppato una tecnologia che permette di miniaturizzare qualunque cosa, esseri umani compresi. L’effetto dura, però, non più di 60 minuti. Poi, oggetti e individui ritornano alle dimensioni normali. Uno scienziato che lavora al di là della Cortina di ferro ha scoperto come prolungare senza limiti questo effetto: con l’aiuto della Cia viene portato nell’Occidente, ma subisce un attentato che gli provoca un trauma quasi irreversibile. Può essere salvato solo con un intervento chirurgico al laser da compiere in presenza all’interno del cervello dove si è creato l’embolo. Per questo un team di scienziati ed esperti (cinque persone, fra le quali un chirurgo e la sua assistente, interpretata da Raquel Welch) deve risalire, a bordo di un sottomarino anch’esso miniaturizzato, attraverso la carotide, dove essi vengono iniettati, diretti verso il cervello. Le cose non andranno benissimo, perché un primo imprevisto devia il loro percorso spingendoli verso la zona del cuore: per evitare che il sottomarino venga lesionato o distrutto nel corso dell’attraversamento, il battito cardiaco viene fermato per qualche secondo dall’equipe medica che segue a distanza il viaggio. Ma la storia si complica ulteriormente perché verso la fine uno dei componenti dell’equipaggio, il dottor Michaels (interpretato da Donald Pleasence) è in realtà un sabotatore: prima manomette il laser che serve all’intervento chirurgico, poi cerca di far fuori gli altri componenti della missione. Finirà ucciso da uno degli anticorpi che attaccano il sottomarino distruggendolo. Il resto dell’equipaggio, dopo aver compiuto l’operazione il meglio possibile con il laser nel frattempo ricostruito, fuoriescono appena in tempo attraverso il nervo ottico per essere recuperati da un vetrino nell’umore acqueo dell’occhio.
Quello che affascina ancora rivedendo Viaggio allucinante non è solo la miniaturizzazione degli oggetti e delle persone, ma la ricostruzione dell’interno del corpo umano come nuovo ambiente di viaggio avventuroso. Insomma, la squadra di scienziati ed esperti ridotta a dimensioni lillipuziane o addirittura nanometriche per entrare nel corpo del paziente, si trova a percorrere un mondo – quello del corpo umano – stupefacente, quasi meraviglioso – ma anche pieno di insidie e pericoloso – non diversamente da quanto fece Dante scendendo nell’Inferno. Nel film un breve dialogo tra il chirurgo e uno dei membri della missione (il dottor Michaels, Donald Pleasence) introduce la complessa questione del caso o della provvidenza nella creazione, in termini non molto diversi da quelli che caratterizzano i dubbi (o le convinzioni) riguardo l’origine intelligente dell’universo. Il chirurgo sostiene, di fronte all’affascinante complessità del corpo umano, della macchina biologica, l’esistenza di un’intelligenza divina; il dottor Michaels commenta, invece, che tale complessità è il frutto di anni di evoluzione.
In Viaggio allucinante il corpo umano diventa teatro per un’avventura nell’incredibile, che genera una duplice e contraddittoria reazione: da un lato lo stesso stupore che un Candide proverebbe per le meraviglie del creato; dall’altra, la più realistica considerazione di un novello Leopardi sull’assurdità del congegno biologico, della macchina-corpo nella cui complessità si smarrisce il senso dell’io e dell’anima. E infatti, il dottor Michaels, uno dei due interlocutori del dialogo cui abbiamo accennato, domanda al chirurgo che contempla la spettacolare complessità dell’organismo umano, la sua miriade di cellule, corpuscoli, fluidi: “dov’è l’anima”? È una domanda inquietante. Ma inevitabile.
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