Quattro stranieri di diverse nazionalità, ciascuno ricercato nel proprio paese, si uniscono per guidare un carico di nitroglicerina attraverso la giungla sudamericana. Un viaggio nel cuore delle tenebre…

Dopo il successo di French Connection e L’esorcista, William Friedkin adatta Il salario della paura (Sorcerer, 1977), dal romanzo di Georges Arnaud, già portato sullo schermo da Henri-Georges Clouzot col capolavoro Vite vendute (Le salaire de la peur, 1953). La storia del viaggio di quattro criminali perduti nelle profondità del Sudamerica si trasforma, attraverso la macchina da presa dell’insolente cineasta americano, da thriller psicologico in film d’avventura. Spesso evocato con tenerezza dal suo autore che lo considera la sua opera maggiore, Sorcerer rimane uno degli ultimi grandi film della New Hollywood.

Se i conflitti con gli studi di produzione furono numerosi, William Friedkin dovette affrontare anche una miriade di fastidi connaturati col progetto. Steve McQueen, originariamente considerato per il ruolo di Scanlon, uno dei camionisti che trasportano il carico di nitroglicerina, fu sostituito da Roy Scheider; Bruno Cremer subentrò a Lino Ventura per il personaggio di Manson. Guerra civile, malattie tropicali, condizioni meteorologiche infernali… la troupe cinematografica dovette affrontare sia le aggressioni naturali che le disumane richieste del regista. Film di sudore e sangue da cui trasuda pericolo, Sorcerer raggiunge il suo culmine durante una scena surreale di dodici minuti, durante la quale uno dei camion carichi di esplosivo deve attraversare un ponte sul punto di crollare nella tempesta.

All’ombra della sorda violenza di una giungla impenetrabile e di tempestosi rapporti umani, Friedkin guida i due mostri d’acciaio, chiamati Lazaro e Stregone – da una canzone di Miles Davis -, attraverso venti impetuosi, cadute di alberi, strade bruciate. Ignorando ogni finezza psicologica, il regista lascia che la potenza sensoriale dell’immagine faccia il suo corso. Annegato nelle costruzioni elettroniche della musica dei Tangerine Dream, lo spettatore soffoca tra misticismo e realismo estremo.

Le allusioni alla cronaca internazionale si rivelano talvolta traballanti – in particolare per quanto riguarda il conflitto israelo-palestinese -, spesso impertinenti – l’allusione appena velata al commercio petrolifero della società del boss della Paramount co-distributrice del film -, sempre scottanti. Posizionandosi controcorrente rispetto alle aspettative del pubblico al momento della sua uscita, Sorcerer elude le questioni moralistiche e alimenta la febbre che colpisce i protagonisti, che regrediscono alla loro fase più primaria, quella belluina.

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