Ai tempi d’oro, la crime novel attirava l’interesse di personaggi straordinari che amavano cimentarsi nell’invenzione di storie che consideravano alla stregua di passatempi intellettuali. Nell’empireo dei grandi del genere, ecco apparire ad esempio miss Dorothy Sayers, traduttrice di Dante, o il critico d’arte e letteratura conosciuto come S.S. Van Dine.

Tra questi, l’olandese Robert Van Gulik (1910-1967) è l’autore che spicca per la sua vita, degna di un libro delle fiabe. Spesso definito “genio dilettante” Van Gulik era un diplomatico di professione che, nonostante la delicatezza dei suoi compiti svolti prevalentemente in Asia, si dilettò come musicista di liuto cinese, calligrafo, giocatore di Go, pittore e poeta.

Tra le molteplici attività di questo dotatissimo uomo dal multiforme ingegno – autore perfino di un saggio sui gibboni malesi e conoscitore di quindici lingue, capace di padroneggiare già all’età di tredici anni cinese, russo, sanscrito, latino e greco! – spiccano in modo particolare i suoi studi di sinologia e la sua produzione letteraria “gialla”. Ricordiamo qui fuggevolmente al primo ambito (per testimoniare della qualità del suo lavoro basti dire che il suo La vita sessuale nell’antica Cina è pubblicato in Italia da Adelphi) funzionale a un approfondimento sul secondo, che ha reso Van Gulik popolare ben oltre il Manzanarre e il Reno. Il successo toccò anche l’Italia, dove negli ultimi anni è un po’ dimenticato nonostante la meritoria recente ripubblicazione di alcuni romanzi da parte dell’editore ObarraO.Mentre studiava lingua e storia cinese da circa quindici anni, nel 1940 Van Gulik scoprì un romanzo poliziesco anonimo del XVIII secolo che suscitò in lui un improvviso interesse per la letteratura criminale del Celeste Impero. L’opera – che tramandava le gesta di un autentico funzionario pubblico dell’era Tang – gli sembrò di una certa importanza, la tradusse e fu pubblicata a Tokyo nel 1949, con il titolo Dee Gong An (Casi risolti del giudice Ti).

Quando, nel 1953, distaccato a Beirut la sua casa viene bombardata, Van Gulik non si perse d’animo e si gettò a capofitto nella scrittura (in inglese, olandese, giapponese e cinese) delle indagini del giudice Dee. Quando il cancro ai polmoni lo ucciderà nel 1967, saranno complessivamente 24 i romanzi della serie. Ancora più numerosi gli epigoni, ad esempio a partire dal 2004 il francese Frederic Lenormand ha scritto una nuova serie di 18 romanzi che raccontano le indagini del Giudice Dee, e le riduzioni per cinema e TV (da ricordare l’adattamento di Il monastero stregato realizzato da  Gerald Isenberg nel 1974, nominato l’anno dopo per il premio Edgar, per il miglior film tv/miniserie).Ma quali sono le principali caratteristiche dei libri di Van Gulik? Innanzitutto l’ambientazione durante la dinastia Tang, considerata dalla maggior parte degli storici come uno dei periodi più brillanti della letteratura e dell’arte. Il protagonista è inoltre realmente esistito e si tratta nientemeno di Di Renjie (630-700), una delle personalità più alla moda del suo tempo e apprezzato per aver temperato il regime del terrore attraverso la sua efficienza e onestà. Dirà l’autore di aver scelto il giudice Ti come personaggio centrale “perché sappiamo molto di più su di lui che sugli altri detective dell’antica Cina”. Allo stile Ming guarda invece Van Gulik per realizzare le tavole che illustrano i romanzi, una incongruenza che immagino si sia concesso per l’amore che sentiva per la cultura cinese – quell’amore che lo spingeva a trascorrere la maggior parte del tempo passeggiando nelle strade anziché in ufficio, procurandogli sì le lamentele di più di un superiore ma anche una conoscenza diretta dei costumi del paese. 

Sì perché un elemento che ritengo fondamentale per spiegare il successo della serie di Dee è la capacità dell’autore di descrivere la vita e la gente comune delle città cinesi del settimo secolo: il lettore è precipitato durante le indagini in un mondo popolato da artigiani, negozianti e perfino mendicanti organizzati in corporazioni dalle regole ferree, monaci, vagabondi, poeti di corte, studenti e candidati agli esami letterari, acrobati, attrici, cortigiane di alto livello e infime puttane tutti descritti minuziosamente. Una tradizione tuttora rispettata vuole che il detective cinese non presenti nessuna delle debolezze insite nella natura umana, e soprattutto che non ceda mai ai sentimenti. Il risultato è un compromesso tra un superuomo e un tipo più umano: Robert Van Gulik ha quindi sottolineato tratti che per noi sono piuttosto debolezze mentre i cinesi d’altri tempi erano considerate virtù quali un atteggiamento ultraconfucianista caratterizzato dalla ristrettezza mentale con cui giudica la pittura e la poesia, la sua incrollabile convinzione che tutto ciò che è cinese è ipso facto superiore, il disprezzo per il “barbaro straniero” che ne deriva, e il suo pregiudizio contro il buddismo e il taoismo. A ciò possiamo aggiungere l’intima convinzione del giudice Ti che la pietà filiale richieda l’umile accettazione da parte di una giovane ragazza di essere venduta a un magnaccia dai suoi genitori o anche la sua tolleranza alla tortura e la sua assoluta obbedienza alle leggi che prescrivono una morte inumanamente crudele… 

Tanto il rigore quanto il compromesso contribuiscono a far apprezzare sia a Oriente e a Occidente le detective stories di Van Gulik, che si è discostato dagli antichi romanzi polizieschi cinesi su due punti: da un lato il nome del criminale viene rivelato solo alla fine, mentre i cinesi hanno l’abitudine di svelarlo fin dall’inizio del romanzo e, d’altra parte, il numero di caratteri. Una presentazione (nome, professione, parentela) di tutti i personaggi all’inizio di ogni romanzo permette al lettore di ritrovarsi tra i nomi asiatici: Robert van Gulik ridusse notevolmente il numero dei personaggi dei vecchi romanzi per facilitare il lettore occidentale. Il numero medio di personaggi è di due dozzine, o anche meno nelle ultime avventure, mentre i romanzi cinesi antichi generalmente hanno un cast dieci volte più numeroso. Raffinato, colto e intuitivo: il Giudice Dee ha tutte le carte in regola per farsi amare senza riserve. Auspico che gli appassionati italiani possano recuperare il piacere della lettura delle sue avventure: non ne resteranno delusi!

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