« L’umorista tra l’altro è uno che istintivamente sente il ridicolo dei luoghi comuni e perciò è tratto a fare l’opposto di quello che fanno gli altri. Perciò può essere benissimo in “hilaritate tristis e in tristitia hilaris”  ma se uno si aspetta che lo sia, egli se è un umorista, può arrivare perfino all’assurdo di essere come tutti gli altri “In hilaritate hilaris e in tristitia tristis” perché, e questo è il punto, l’umorista è uno che fa il comodo proprio: è triste o allegro quando gli va di esserlo e perciò financo triste nelle circostanze tristi e lieto nelle liete. »

È il pensiero di un umorista sull’umorismo, un umorista molto speciale, nato in un paese come il nostro spesso diffidente su tutto, cultura inclusa, che non riconosce subito un talento non soltanto per incompetenza. A volte basta la “distrazione”, quel senso di stupefazione e persino di sbigottimento di fronte a nuovi sprazzi di originalità. Quell’umorista era Achille Campanile.   Si legge: “E’ stato uno scrittore, drammaturgo, sceneggiatore e giornalista italiano celebre per “il suo umorismo surreale” e “i giochi di parole”. Volutamente sorvoliamo su dove abbiamo letto questa descrizione dello scrittore. Drammaturgo lo è stato, sceneggiatore e giornalista pure. Ci piace meno quel celebre per “il suo umorismo surreale” e soprattutto per “i giochi di parole”. Insomma Campanile faceva dei giochi di parole,  magari dei “calembours” come, in un circo, un clown fa girare in aria, senza mai farle cadere, sette, otto sfere di plastica colorata. Mi viene in mente quando per definire Ionesco si parlava di “disarticolazione del linguaggio”. Non che non fosse vero e senza dubbio il drammaturgo di origini romene ha avuto la sua giusta dose di riconoscimenti. Non soltanto un “disarticolatore” Ma, credo, che quando si parla di chiunque non ci si possa limitare a definizioni d’effetto ma che sono riduttive e non comprendono l’insieme, soprattutto  un insieme complesso, articolato difficile da decodificare anche perché nuovo, diverso, altro.   Leggete che cosa diceva Ionesco nei primordi della sua attività di drammaturgo:« Comprai un manuale di conversazione dal  francese all’inglese per principianti. Mi misi al lavoro e coscientemente copiai, per imparare  a memoria, le frasi prese dal mio manuale. Rileggendole con attenzione, imparai dunque, non l’inglese, ma delle verità sorprendenti: che ci sono sette giorni nella settimana, ad esempio, cosa che già sapevo; oppure che il pavimento sta in basso, il soffitto in alto. Per mia enorme meraviglia, la Sig.ra Smith faceva sapere a suo marito che essi avevano numerosi figli, che abitavano nei dintorni di Londra, che il loro cognome era Smith, che il Sig. Smith era un impiegato  Mi dicevo che il Sig. Smith doveva essere un po’ al corrente di tutto ciò; ma, non si sa mai, ci sono persone così distratte… » Nascono   “La Cantatrice calva”, “La lezione”, “Le sedie” ecc. Insomma dalle ovvietà anzi nelle ovvietà dobbiamo cercare altri significati fino all’inversione semantica e all’analogia esistenziale.  Insomma, “i giochi di parole” di Campanile e le”disarticolazione del linguaggio” di Ionesco non sono un divertissement casuale e non possono essere utilizzati ne’ per l’uno ne’ per l’altro come aspetti assoluti per definire i due scrittori.

Achille Campanile, Leo Longanesi, Mario Soldati, Gaetano Afeltra

CAMPANILE E IONESCO

Inevitabile, almeno per noi. Vogliamo parlare di Achille Campanile e siamo “scivolati” subito su Ionesco. Campanile non gradiva l’accostamento della sua opera con quella di Eugene Ionesco: molti lo facevano e lo fanno tuttora ma sono tanti coloro che ne sottolineano le differenze. Ionesco, dicono, appoggia la sua opera sul nonsense e lo evidenzia come struttura portante della società moderna, cosi da evidenziare la crisi culturale e civile della società stessa, mentre Campanile agisce più in profondità, tocca problemi antropologici ed esistenziali, pur senza prendere, apparentemente, nulla sul serio. Siamo d’accordo soltanto in parte. Che Ionesco sia uno scanzonato assertore dell’assurdo, a partire dal linguaggio, dai gesti, dalla quotidianità, un totalizzante teorizzatore dell’asemanticità dialettica e’ senz’altro vero. Ma anche in Ionesco, come in Campanile c’è lo stesso distacco dal reale, un distacco che viene pero’ elaborato, rimescolato per restituirci, in modo esplicito, una visione del mondo disgregata, senza troppe illusione di una ricomposizione positiva. Insomma: dov’è la palingenesi?

ACHILLE CAMPANILE:  CRONISTA SUI GENERIS

Per breve tempo impiegato di ministero, ancora giovanissimo, era nato nel 1899, divenne ,cronista  iniziando la carriera come giornalista de La Tribuna per passare poi all’Idea Nazionale e al Travaso delle idee.  Vuole la leggenda (alla cui coloritura forse lo stesso Campanile potrebbe aver contribuito) che, dovendo raccontare della triste storia di una vedova, che tutti i giorni, da molti anni, si recava in un cimitero  per portare dei fiori sulla tomba del marito e che un giorno ivi era stata trovata morta, riversa sulla tomba, Campanile abbia preparato il “pezzo” come di consueto, ma titolandolo “Tanto va la gatta al lardo !”.

Ammirato e sostenuto da Pirandello e Montale (col quale era anche in amicizia), Campanile cominciò dunque a presentare i suoi primi lavori (“Centocinquanta la gallina canta” del  1924, “L’inventore del Cavallo” del 1925. Seguirono commedie e romanzi di notevole successo come “Ma cos’è questo amore” del 1927,” Se la luna mi porta fortuna”, “Agosto moglie mia non ti conosco” che gli diedero una notevole popolarità tanto che la sua immagine in abiti molto eleganti e col monocolo era molto nota.

In quel periodo inizia anche la collaborazione con periodici letterari quali La Fiera Letteraria e il Dramma. Nel 1930, la rappresentazione della sua commedia in tre atti “L’amore fa fare questo ed altro” al Teatro Manzoni di Milano per la regia di Guido Salvini e l’interpretazione di Vittorio de Sica, Giuditta Rissone e Checco Rissone ed altri famosi, destò un putiferio: il pubblico si divise in entusiasti estimatori e feroci denigratori. La commedia fu poi riproposta anche all’estero con lo stesso risultato.

CAMPANILE “CICLISTA”

La sua popolarità aumentò ulteriormente nel 1932 quando seguì il  Giro d’Italia per conto del quotidiano Gazzetta del Popolo di Torino. Inventò il personaggio di Battista, cameriere e gregario, e i suoi reportage furono raccolti nel libro Battista al Giro d’Italia. Poco dopo uscì “Cantilena all’angolo della strada”, raccolta di saggi e meditazioni pubblicate in precedenza sui quotidiani La Stampa e La Tribuna, che gli valse il suo primo Premio Viareggio( 1933) . Dopo la guerra ebbe un calo di popolarità, ma nel 1953 la nascente televisione italiana, ancora in fase sperimentale, trasmise alcuni brani delle sue opere e lui stesso comparve sullo schermo.

Dal 1959 e per alcuni anni, tenne una rubrica di critica televisiva su L’Europeo. Fra le poche opere del periodo spicca “Il Povero Piero” del 1959 , dove viene affrontato con molta ironia l’argomento della morte e, soprattutto, dei funerali e degli atteggiamenti di parenti e amici del caro estinto. Nel 1963 curò la sceneggiatura di uno spot  all’interno di      “Carosello” dal titolo “Consiglio di famiglia”, pubblicizzando lo schampoo DOP per la ditta italo-francese Saipo-L’Orèal.

CORSI E RICORSI: IL RITORNO DI CAMPANILE

“I lettori sono personaggi immaginari creati dalla fantasia degli scrittori.” 

 Negli ultimi anni venne riscoperto e ritornò ad un grande successo con “Manuale di conversazione”  (1973) e “Gli asparagi e l’immortalità dell’anima” (1974).   Nel 1973  ottenne il suo secondo Premio Viareggio quarant’anni dopo il primo, per l’opera: “Manuale di conversazione” e nel 1976 vinse il Premio Forte dei Marmi con il romanzo “L’Eroe”.  Visse fra Roma e Milano ma negli ultimi anni si spostò a Lariano, vicino Velletri , dove morì nel 1977.

Con Dino Buzzati

TRAGEDIE  IN DUE BATTUTE

Fra le prime sue opere, le Tragedie in due battute (rappresentate per la prima volta intorno al  1925) costituiscono certamente un contributo di grande innovazione ed un’opera in sé irripettibile. Si tratta di piccoli atti, sceneggiati per il teatro effettivamente composti da un numero irrisorio di battute (termine usato nel senso del gergo teatrale e non in quello umoristico.) 

Ecco un esempio:

“La stella nell’imbarazzo”
– La prima stella: Ma che vorrà da me quell’astronomo?
– La seconda stella: Perché?
– La prima stella: Mi sta fissando da un’ora con il cannocchiale.

Alcuni sono rimasti noti presso il pubblico, spesso senza che sia noto da dove provengano, come ad esempio il notissimo scambio di battute:

«Dove vai?» 

«All’arcivescovado. E tu?» 

«Dall’arcivescovengo.»

Malgrado il nome con cui sono note, si tratta ovviamente di opere del genere della commedia e destinate dallo stesso autore ad una prevista lettura libresca piuttosto che alla resa scenica. Questo anche in considerazione dei numerosi commenti inseriti nelle note di rappresentazione, e che talvolta costituiscono l’intero contenuto della “tragedia”, come ad esempio in Una tragedia evitata in tempo, nella quale l’unico protagonista non recita una sola battuta. Anche questa chiave è portata al  paradosso  in Un dramma inconsistente, il cui unico personaggio è Nessuno: la scena, suggerisce la nota d’ambiente, “si svolge in nessun luogo” e Nessuno “(tace)“.

“ La fidanzata del Carabiniere” 

Personaggi: 

La ragazza, il carabiniere e il passante

All’alzarsi del sipario,  la ragazza, il carabiniere e il passante

 Il passante al carabiniere: Arrestata?

 Il carabiniere:Che arrestata? È la mia fidanzata.

 La ragazza: (piangendo) Sarà sempre così, per tutta la vita!

 

LO STILE

 “ Il segreto per andare d’accordo con le donne e’ avere torto” 

Lo stile di Campanile,  si compone di una prosa curata, precisa, pignola, con costante (ma sottintesa) ricerca di impeccabilità linguistica. Nella grande ed esperta conoscenza della lingua, e nel sapiente uso del lessico (solo apparentemente popolaresco, in realtà rigorosamente studiato e sofisticato), affonda la radice della non comune capacità di allestire spettacoli della logica  che, con effetti tipici pirandelliani, ridicolizzano la più istintiva delle convenzioni sociali, la parola, ed attraverso questa le convenzioni stesse.

LA CRITICA

Molti critici hanno elevato lo scrittore a “classico” del Novecento, fra questi Carlo Bo(per il quale era “uno dei rarissimi inventori di un nuovo genere letterario”) ed Enzo Siciliano. che ha evidenziato come in questo autore “il riso  nell’attimo in cui scocca, è anche empio”. Oltre che all’analogia con alcuni dei percorsi pirandelliani in tema di convenzioni, Campanile è stato variamente accostato, oltre che,  come detto,  a Ionesco,  al surrealismo  ma secondo alcune visioni costituirebbe un unicum, un caso pienamente a sé. 

Come tutti gli umoristi, Campanile fu sottovalutato per anni da tutta la critica ufficiale; la sua “riscoperta” da parte del pubblico e della critica negli anni settanta rese giustizia ad uno dei più grandi umoristi italiani. In particolare Umberto Eco ne analizzò lo stile e la modernità del suo umorismo paradossale e surreale. Fra gli altri ammiratori vanno menzionati,  Oreste del Buono, Norberto Bobbio e Giovanni Arpino. 

MANUALE DI CONVERSAZIONE (1973)

La cocciuta ricerca di un bicchiere infrangibile nascosto in mezzo agli altri manda in frantumi l’intero servizio. I romantici tentativi di rappacificazione di una coppia di ex amanti vengono vanificati da un cavallo affetto da meteorismo. La pronuncia errata di una “o” genera un imbarazzante equivoco nella redazione di una rivista per famiglie. Il folle nonsense dei dialoghi inventati nei manuali di conversazione per stranieri tracima con effetti surreali dalle pagine alla realtà. Quarantotto racconti imprevedibili, teneri. bizzarri, esilaranti. Quarantotto universi perfetti in cui Campanile porta sulla scena i difetti, le manie e le frustrazioni, ma anche le indicibili delicatezze e le piccole nobiltà della più sorprendente tra le creature: l’essere umano. 

Ecco un brano tratto dal libro. Si riferisce a “lo strano mondo della grammatica”

“Le grammatiche su cui si studiano le lingue saranno utilissime per impararle, ma non altrettanto per la logica e il buon senso. Il che, tuttavia, non rappresenta un danno in ogni senso. Anzi potrebbe contribuire a dare ai rapporti fra le persone un carattere quanto mai spensierato e fantasioso che conferirebbe alla vita un aspetto dei più piacevoli.
Dalla grammatica inglese:

“Portaste il binocolo?”

“No, ma portai il vostro ventaglio.”

Col che si imparano parecchi vocaboli, non c’è dubbio.  Ma un ventaglio  è tutt’altra cosa che un binocolo. Non c’è niente in comune fra i due oggetti. Come è possibile parlare di ventaglio a chi vi chiede notizie del binocolo?

 Un ribaltamento delle situazioni  e degli imprevisti tanto che anche loro, gli imprevisti, quando possono essere prefigurati e immaginati, sono ribaltatati una seconda volta, lo abbiamo visto all’inizio quando Campanile dice:”in hilaritate tristis e in tristitia hilaris  , ma se uno si aspetta che lo sia, egli se è un umorista, può arrivare perfino all’assurdo di essere come tutti gli altri: “In hilaritate hilaris e in tristitia tristis”. Insomma con Campanile è un continuo rimescolio di carte, imprevedibile e sul confine del non sense. Lo scrittore attraversa continuamente questo confine ma poi ritorna indietro da dove era partito. Il risultato e’ che ti trovi di fronte una scrittura che nell’argomentazione attraversa, di volta in volta, punti di vista che sembrano conformi e punti di vista che stonano per la loro difformita’ semantica. Ma sugli stessi argomenti! Come dire che se un nano e’ un uomo piccolo puo’ anche essere il contrario di un gigante che non e’ proprio la stessa cosa anche perche’ Campanile non si ferma qui e spinge oltre, molto oltre il suo percorso esplicativo e narrativo. A volte possono sembrarti battutine, avere la vocazione dello sketch, di un lampo cosi’ veloce e inatteso da lasciarti per qualche secondo con un grande punto interrogativo sulla testa. “Le donne ci piacciono perchè  sono meravigliose e sono meravigliose perche ci piacciono?” Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia, diceva la mia maestra elementare. In questo caso pero’ non e’ banale stabilire se le donne ci piacciono perche’ sono meravigliose o viceversa perche’ nel primo caso riconosciamo in loro alcune qualita’ intrinseche, quasi oggettive; nel secondo siamo noi a vedere queste qualita’ ma il dubbio che siano tutte vere esiste. Anzi e’ quasi una certezza!  Campanile pero’ non forza la mano. Una battuta puo’cosi’ sembrare fine a se stessa proprio perche’ non forza la mano. Ma questo e’ ciò che appare. Se leggete Achille Campanile pensate sempre che anche nel non sense qualcosa ci deve essere: anche se fosse una proiezione assurda della realta’ o per meglio dire delle realta’. Se ci muoviamo tra piu’ realta’ lo capiamo di piu’ e con maggior profondita’. Si puo’ essere profondi anche quando si sembra “leggeri”. Si sembra, non si è.

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