Non sono rare le dinastie familiari del mondo del cinema. La lista è infinita, e non è oggetto di questa trattazione. Ma è possibile fare qualche esempio. Non si può, per esempio, non partire dai Barrymore. Statunitensi, rappresentano quattro generazioni di attori: il capostipite fu Maurice, divo di Broadway (il cinema ancora non c’era) che ebbe tre figli, tutti attori di cinema e teatro: Lionel, Ethel e John. John si sposò, poi, con l’attrice Dolores Costello, che apparteneva ad un’altra famiglia di attori, e nacque John Drew, anch’egli attore, che nel 1975 ebbe una figlia, Drew, a sua volta attrice e produttrice.

Se ci spostiamo in Italia vengono alla mente i De Filippo: Eduardo, Titina e Peppino. Figli non riconosciuti di Vincenzo Scarpetta, divo del teatro napoletano. I tre fratelli, impegnati in teatro e al cinema, continueranno la dinastia: Eduardo con Luca, Peppino con Luigi.

Potremmo continuare all’infinito, e citare la famiglia Coppola: i registi Francis-Ford Coppola, Sofia Coppola e Roman Coppola, e attori come Jason Schwartzman, Talia Shire e Nicholas Cage. La sorella di Joaquin Phoenix è sposata con l’attore Casey Affleck, fratello di Ben Affleck, mentre Josh Brolin è figlio di James Brolin. 

I bambini possono eclissare i loro genitori, mentre a volte un’eredità di discendenza offusca i risultati delle nuove generazioni. A quest’ultima categoria appartiene Creighton Tull Chaney, figlio del famoso Lon Chaney, “L’uomo dai mille volti” che, per poter lavorare si vide costretto a adottare il nome di Lon Chaney jr.

Mentre il padre si dedicò immediatamente allo spettacolo, raggiungendo vertici ineguagliati all’epoca del cinema muto, il figlio è rimasto a lungo lontano da questo mondo, esordendo relativamente tardi nel cinema e dopo un paio d’anni dalla morte del capofamiglia.

A differenza di suo padre, che ha prosperato su quella poliedricità che lo ha appunto fatto entrare nella leggenda come “L’uomo dai mille volti” per la sua capacità di trasformarsi in qualsiasi tipo di personaggio, Lon jr. è ormai esclusivamente ricordato per aver impersonato l’Uomo Lupo: una leggenda ma anche una maledizione, come per il suo tragico personaggio Larry Talbot condannato a trasformarsi in licantropo.

Lon sr. – oggetto di una battuta popolare negli anni ‘20: «Non calpestare quel ragno! Potrebbe essere Lon Chaney!» – è ricordato come un mirabile innovatore (alcuni storici lo hanno definito il primo ad aver anticipato il Method Acting alla sua recitazione, per il suo impegno senza rivali nel modellare il corpo e l’aspetto nel caratterizzare un ruolo). Mentre Lon jr. ha dovuto affrontare l’inesorabile declino della sua carriera. In fondo, anche la prematura morte del padre ha contribuito a creare la leggenda mentre il figlio, pur vivendo vent’anni di più, ha dovuto lottare con uno stile di vita cagionevole. Se è vero che il suo corpo è stato donato alla scienza è meno nota la motivazione: i suoi polmoni e il suo fegato sono stati conservati in barattoli, per attestare i danni che l’abuso di alcol e tabacco genera nel fisico umano. Sembra la riproposta della fine indegna dei molti mostri impersonati da Lon jr. negli oltre 160 film interpretati.

Quando torniamo all’era del cinema muto, pensiamo ad attori come Charlie Chaplin, Buster Keaton, Rodolfo Valentino, John Gilbert o Clara Bow, star che hanno creato personaggi esclusivi sviluppando tutta la loro carriera nello sperimentare i limiti di quei personaggi. Hanno perfezionato ciò che avevano creato, ma raramente hanno tentato altri ruoli. Per molti nel settore, sia allora che oggi, questo tipo di carriera è considerata l’apice del successo. Per Lon sr., al contrario, era l’antitesi della sua arte, perché decifrava la recitazione come l’arte della continua trasformazione, e nasceva dal desiderio di distaccarsi dalla propria pelle per entrare in quella di un altro. Si può dire che l’artista, così abile nel cambiare il suo aspetto con il trucco (e con le contorsioni del corpo), abbandonava i ruoli del protagonista per scegliere quelli del personaggio. 

Lon jr. era, al contrario, un uomo corpulento condannato a impersonare caratteri fragili e spesso mentalmente lenti in ruoli tragici, ironicamente condizionati dalla presenza del bicchiere di whiskey.

Chaney sr. era molto discreto con la stampa. Partecipava raramente alla prima di un suo film, concedeva sporadiche interviste e difficilmente si riuscivano a individuare scatti fotografici che lo ritraessero fuori dal set: indubbiamente uno stratagemma pubblicitario per non fornire troppe informazioni al pubblico e mantenere una sorta di costante mistero sull’attore. Soleva commentare: «Gli attori dovrebbero prestare più attenzione al loro lavoro e meno interesse alla posta dei loro fan».

Al contrario, Lon jr. era sempre disponibile a rilasciare interviste (spesso anche in TV) e a parlare diffusamente della sua famiglia, non sempre raccontando le stesse cose su un identico argomento. Era evidente la sua aspirazione di essere popolare presso il pubblico.

Quando morì, all’età di 47 anni, Lon sr. aveva recitato in almeno 157 film ed era probabilmente la star del cinema più amata alla fine degli anni ‘20. Non era solo un grande attore, ma anche un’autorità nell’arte del trucco, consulente di tanti colleghi, da Will Rogers a Jack Dempsey. Ha persino scritto la voce “make-up” per l’edizione del 1929 dell’“Enciclopedia Britannica”. 

La sua attenzione per la “diversità” è stata come una spallata al pensiero comune: Lon sr. ha saputo creare empatia e comprensione nei confronti della disabilità, abituando il pubblico a modificare il proprio punto di vista. Ray Bradbury era un grande fan di Lon sr.: «Quando avevo tre anni mi portarono per la prima volta al cinema, e mi appassionai moltissimo alle immagini in movimento: proiettavano Il gobbo di Notre Dame, e io crebbi nella speranza di diventare un giorno come Quasimodo. A cinque anni fu il turno de Il fantasma dell’Opera, e mi infatuai definitivamente di Lon Chaney. Recitava la nostra psiche, in qualche modo entrava di soppiatto all’interno dei nostri corpi, ed era in grado di bloccare alcune delle nostre più segrete paure e trasferirle sullo schermo. Lon Chaney narra di amori non corrisposti, fa emergere il timore di molti di non essere amati a causa della propria inadeguatezza fisica, che allontana dal mondo».

Anche Lon jr. ha potuto contare su riconoscimenti, spesso postumi, di grande livello. È sicuramente da citare il documentario Pure in Heart: The Life and Legacy of Lon Chaney Jr. (2010), di Mick Garris – prolifico regista dai romanzi di Stephen King -, commovente retrospettiva (fin dal titolo: “Puro di cuore”) sull’umile carriera di uomo come tanti, dai suoi successi ai numerosi sfortunati fallimenti.

Eppure, non si sarebbe continuato a parlare di Lon sr. se non fosse esistito suo… figlio! Senza Lon jr., suo padre sarebbe certamente caduto nell’oblio.

Nel 1930 i talkie avevano preso il sopravvento, i cinema erano stati cablati per il suono e alcuni studi avevano smesso del tutto di produrre film muti. Per quanto talentuoso, e comunque con un film sonoro all’attivo, probabilmente – ma non c’è certezza – la fama di Lon sr. sarebbe svanita (anche per le differenti dinamiche in atto nell’industria cinematografica americana).

Soprattutto negli Stati Uniti, L’uomo dai mille volti (Man of a Thousand Faces, 1957), di Joseph Pevney, con James Cagney nei panni di Lon sr., aveva fatto conoscere l’attore a un pubblico più giovane contribuendo a mantenere viva la sua memoria. Ma questo pone la domanda: se nessuno ormai stava guardando i suoi film, perché dopo più di un quarto di secolo dalla sua morte una pellicola sulla sua vita era diventata un successo? Perché il giovane Creighton Chaney iniziò davvero a recitare nel suo primo film nel 1932, due anni dopo la morte di Lon sr. Dopo alcuni tentennamenti (e molte pressioni), realizzando di essere l’erede di un divo ancora iconico, capì che avrebbe goduto solo di vantaggi nel capitalizzare quel nome.

Alla fine, The Wolf Man (1941) determinò la consacrazione di Lon jr., rendendolo comunque immortale nonostante le complessive incertezze di un’intera carriera.

Negli anni ‘50 c’erano molti spettatori che non avevano mai visto Lon sr. o i suoi film, ormai nessuno guardava più i film muti: sarebbero stati scoperti molti anni dopo, soprattutto in Europa. Per fare un esempio, una delle più importanti manifestazioni cinematografiche mondiali dedicate alla riscoperta e allo studio del cinema muto, “Le Giornate del cinema muto di Pordenone”, fece la sua comparsa solo nel 1982.

Tuttavia, ad ogni recensione o articolo su Lon jr., inevitabilmente, il giornalista di turno menzionava che era il figlio del “famoso attore di film muti e dell’uomo dai mille volti, Lon Chaney sr.”. Poco alla volta, anche il pubblico disinformato divenne consapevole della sua importanza nel mondo del cinema.

Ecco: Lon sr. non doveva che ringraziare Lon jr., che se avesse avuto un carattere diverso solo da ciò si sarebbe potuto sentire affrancato dalla sua condizione subalterna.

Ironia della sorte, in The Wolf Man Creighton era apparso sui cartelloni solo come Lon Chaney.

Mentre Lon sr. è stato avvolto esclusivamente da giudizi estasiati, Lon jr. ha sempre trovato la critica in disaccordo: chi lo riteneva un attore di talento ma con limitazioni che lo rendevano alla fine più adatto a ruoli come The Wolf Man e Lenny in Of Mice and Men. Chi, al contrario, ne disconosceva qualunque parvenza di capacità, colpevole anche la lunghissima lista di pessimi film interpretati. La fortuna critica cambia nel 1958, quando l’editore Forrest J.Ackerman – fan dell’horror – porta in edicola il primo numero della mitica “Famous Monsters of Filmland” includendo il nostro tra i “Big Four” del cinema dell’orrore, in bella compagnia con Vincent Price, Peter Lorre e Boris Karloff. I loro film, da tempo, erano programmati a tarda notte dalla TV.

Naturalmente, la stessa rivista di Ackerman ha svolto un ruolo non trascurabile nel preservare la memoria e anche i film di Lon sr., con articoli e fotografie che rendevano omaggio alla sua attività e ai suoi film.

Si può ben comprendere, quindi, quanto avviluppata (e ingarbugliata) sia la vicenda pubblica (e privata) di questi due uomini: padre e figlio.

Ancora oggi l’influenza di Lon Chaney sr. riecheggia nel lavoro dei più grandi truccatori e caratteristi di tutti i tempi. Secondo il truccatore premio Oscar Rick Baker (King Kong, Stati di allucinazione, Un lupo mannaro americano a Londra, L’ululato, Videodrome, Thriller, Wolf, Men in Black…): «Ho deciso di intraprendere questo mestiere il giorno che ho acquistato “Famous Monsters of Filmland Magazine”. In copertina c’era Chaney, e ho pensato che fosse un dono degli dèi. Sono rimasto affascinato dal suo viso. Ho imparato a creare facce spaventose guardando Lon Chaney».

L’attore Doug Jones, noto soprattutto per aver interpretato le creature nei film di Guillermo del Toro Il labirinto del fauno e La forma dell’acqua, definisce Lon Chaney «il nonno della sua professione. Sono affascinato e ipnotizzato da lui. Lo venero. Quasi adoro quell’uomo. Lon Chaney era un genio. Punto e fine».

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