Da Ieri, oggi, domani a Totò, Peppino e la malafemmina per arrivare a Finestra sul cortile di Alfred Hitchcock: un terzetto di attrici che impersonano (quasi) tutti i principali ruoli della donna contemporanea

Ieri, oggi, domani (1963, Oscar per il miglior film straniero nel 1965), è un mito della cinematografia italiana, punta di eccellenza nel dialogo tra mondo del cinema e della letteratura: regista Vittorio De Sica, fra i soggettisti e gli sceneggiatori Eduardo De Filippo e Cesare Zavattini. Sophia Loren e Marcello Mastroianni protagonisti dei tre episodi intitolati Adelina, Anna, Mara. I migliori sono, a mio parere, il secondo (“Anna”) e il terzo (“Mara”). Alberto Moravia è autore del racconto “Troppo ricca” da cui è tratto “Anna”.

Tre donne, tre tipologie femminili molto diverse, la prima (Adelina, scritto da Eduardo de Filippo) è una povera tabaccaia (di contrabbando) dei bassi di Napoli che deve partorire come un coniglio per sfuggire alla galera. Il povero marito (Mastroianni) fa il possibile, si prodiga nelle sue virtù amatorie, ma l’esaurimento nervoso e la cachessìa (deperimento) da over-performance hanno il sopravvento. È un episodio dai toni ibridati fra neorealismo e idillio popolare, dipinge, con i colori sgargianti e canterini della cartolina per turisti, un pezzo d’Italia sottoproletaria, poverissima e poco o niente istruita. Un’Italia che però figliava come coniglia soprattutto al Sud. C’è molta indulgenza, ma anche critica come si evince dalle parole dell’avvocato all’inizio dell’episodio.

In “Anna”, ambientato a Milano, Sophia Loren interpreta la parte della moglie di un industrialotto milanese: ricchissima, annoiata, frequenta un povero impiegato con il quale si svaga in dialoghi più escapisti/bovaristi che pindarici durante un giretto in Rolls Royce. Un incidente rivela, però, la pasta di cui è fatta Anna: una donna cinica, materialista che rimprovera Mastroianni di aver rovinato la Rolls per evitare di investire un ragazzino che si era piazzato in mezzo alla corsia per vendere fiori. «D’altronde se si mette in mano la Divina Commedia a un analfabeta», commenta il conducente di una Ferrari che si ferma a soccorrere Mara: allusione al povero Marcello abituato a guidare una Seicento.

Il terzo episodio, girato a Roma, il più famoso per la celebre scena dello spogliarello di Sophia Loren, porta la firma di Cesare Zavattini: Sophia Loren interpreta il ruolo di una squillo d’appartamento, Mastroianni è Rusconi, un portaborse bolognese, a Roma per i soliti giri burocratici negli uffici ministeriali. Tina Pica interpreta la parte della condomina timorata di Dio, il cui nipote -promesso sacerdote- si innamora di Mara. Ne nasce un putiferio. Finale con riscatto: è Mara stessa che riporta sulla diritta via il giovinotto. Segue mitico spogliarello liberatorio al suono di “Abat-jour” interrotto però dal richiamo al dovere: Mara ha fatto un fioretto. Bisogna rimandare il contubernio; e Rusconi non è proprio d’accordo…

Di questi tre personaggi femminili, l’ultimo, Mara, la squillo d’appartamento, mi è sembrato il migliore anche sul piano morale: Mara è indipendente, fiera, non vuole figli finché non può garantire loro una buona vita, è buona e sensibile, sincera ma non maleducata. Una squillo che è di gran lunga migliore della ricca borghese annoiata. Fa riflettere. Dal punto di vista socio-culturale è un perfetto intermedio tra la popolana ignorante e un po’ sguaiata e la viziata e ipocrita signora borghese. Sophia Loren trasforma in modello d’oro qualunque donna interpreta.

A proposito di vamp e femmes fatales, nel film Totò, Peppino… e la malafemmina (1956), Dorian Gray (nom de plume di Maria Luisa Mangini), è la superbiondona che interpreta il ruolo di una ballerina del varietà che, secondo la visione banalotta e provinciale di una famiglia contadina del meridione rappresentata dai fratelli Capone (Totò e Peppino de Filippo), equivarrebbe a donna perduta e traviante. Ma la sorella dei Capone (l’attrice Vittoria Crispo), donna davvero seria e saggia, avrà modo di constatare personalmente che la soubrette è, invece, una ragazza con la testa a posto, che aspira solo a un bravo marito (Teddy Reno) e a farsi una famiglia. Nel film, Dorian Gray aveva finito per innamorarsi del serio studente di medicina interpretato da Teddy Reno, il classico bravo ragazzo “con la testa al solito posto, e cioè sul collo”. Lo “studente che studia” (la chitarra e ‘na canzunciella ogni tanto sono le uniche trasgressioni nella sua noiosa e vuota vita di bravo ragazzo) cade cotto like a pera per la bellissima Dorian.

Il film è costellato di chicche imperdibili: il conflitto assurdo tra i Capone e Mezzacapa, vicini e confinanti di terreno, la famosa lettera scritta da Peppino sotto dettatura di Totò per dissuadere la ballerina dall’assecondare lo studentello; Teddy Reno che canta Malafemmena. E la famosa scena di Totò, Peppino e sorella, che arrivano alla stazione Centrale di Milano intabarrati con pellicce e colbacchi (a Milano ci sono le bùfere…).

Concludiamo la nostra passeggiata agli antipodi. Antitesi della malafèmmena, ma libera, disinvolta e molto colta, è la donna idealizzata da Hitchcock. Nella scena iniziale di La finestra sul cortile, il bacio tra Grace Kelly e James Stewart dura, come nota musicale “tenuta”, fino all’acuto di una soprano che nel frattempo si sta esercitando in scale e gorgheggi. L’acme del vocalizzo corrisponde al momento finale e più intenso del bacio, e ne commenta, sinesteticamente, l’intensità, la passione. Ultrafemminile ed elegante, educatissima ma spontanea, ricercata ma non artefatta, Grace Kelly, insieme a Tippi Hedren, è la proiezione di un modello hitchcockiano di donna. L’attrice simbolo di un ideale femminile incarnato sul set. Insieme a La donna che visse due volte/Vertigo, con Kim Novak, La finestra sul cortile è in realtà uno dei film più romantici che abbia mai visto, nonostante il “genere” sia tutt’altro che romantico. E anche qui sta il genio di Alfred Hitchcock.

Autore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Trending