Sotto le feste, tra un panettone e una bollicina, oltre che di regali da scartare e buoni propositi per l’anno nuovo, è anche tempo di giochi di società cui di solito è impossibile sottrarsi. Cedendo così al clima natalizio, per il primo articolo dell’anno nuovo lasciamo per una volta da parte le esegesi rigorose e le critiche analitiche per abbandonarci anche noi alla leggerezza del gioco. 

Nella fattispecie, un gioco impossibile. 

Ovvero, prendiamo William Shakespeare, l’autore cioè in assoluto più trasposto al cinema: dal 1898, anno del primo film shakespeariano in assoluto, una riduzione del Macbeth per uno short movie interpretato da uno dei più celebri attori inglesi degli albori del cinema, Johnston Forbes-Robertson, a oggi, il bardo è stato portato sul grande schermo in centinaia di pellicole, in ogni salsa possibile, le sue opere – straordinariamente e meravigliosamente attuali qualsiasi tema trattino – sono state proposte e riproposte nella loro ambientazione originaria oppure adattate a qualsiasi epoca, integrali o fortemente riadattate. Generando un numero enorme – diciamo pure incalcolabile – di film grandiosi, a volte di autentici capolavori tratti da capolavori. In un gioco di moltiplicazione della bellezza decisamente vertiginoso. 

Ecco, prendiamo Shakespeare, o meglio prendiamo la lista interminabile di trasposizioni cinematografiche dal 1898 a oggi, selezioniamo i film degni di nota, ugualmente tantissimi, e lanciamoci nell’impresa crudele – e impossibile – di sceglierne appena otto. Vale a dire, scegliamo la filmografia essenziale, più scarna possibile, di Shakespeare al cinema. 

Un gioco di inizio anno, per l’appunto, che come tale va preso e inteso. Una selezione del tutto arbitraria e parziale, opinabilissima e che per forza di cose non incontrerà l’approvazione di nessuno. Ma visto che di gioco si tratta, rilanciamo e invitiamo anche voi lettori a giocare e a proporre, nei commenti, la vostra complicatissima e sbagliatissima selezione. 

Sicuramente, è per noi impossibile non includere nella filmografia il Riccardo III di Richard Loncraine (1995), interpretato da un monumentale, indimenticabile e stupefacente Ian McKellen. La riduzione, scritta dagli stessi Loncraine e McKellen, trasposta la turpe e fosca vicenda dello spregevole re Riccardo negli anni Trenta del Novecento, in una immaginaria Inghilterra sotto dittatura nazista. Più che una distopia al passato, una sotterranea e inquietante ucronia, viste le molte ombre che aleggiano sulla figura di re Edoardo VIII e delle sue (presunte?) amicizie con diversi gerarchi nazisti, che salì al trono proprio nel pieno degli anni Trenta per poi abdicare a favore del fratello Giorgio VI. Film splendido e vibrante, trasposizione perfetta resa sublime dall’interpretazione gigantesca di McKellen, dai suoi stranianti monologhi in macchina, dalla sua maschera allucinata eppure misurata. 

Non è l’unico Riccardo III del nostro elenco. Includiamo infatti anche Riccardo III – Un uomo, un re di Al Pacino (1996), un sorprendente e geniale docufiction, dove metacinema e metateatro danno vita a un’assoluta e torrenziale metaarte. Una ricerca sofisticata ma vivacissima sul senso di rappresentare la tragedia shakespeariana che diventa interrogazione sul senso stesso di Shakespeare oggi e sul senso ultimo del fare arte. Interviste a esperti, a gente comune, ricerche sulla messa in scena e sequenze in costume danno vita a uno strepitoso taccuino d’appunti che non darà mai vita a nessuna opera, ma che si farà opera esso stesso.

Romeo e Giulietta è senza dubbio tra le tragedie più popolari della vastissima produzione drammaturgica di Shakespeare (forse, intendendo il termine nel senso più esatto, potremmo anche definirla la più popolare in assoluto). Ovvio che sia anche tra le opere più trasposte al cinema. Su tutti però, nonostante siano in diversi i film sui due sventurati amanti di notevole valore, non abbiamo dubbi a sceglierne uno: il musical West Side Story di Jerome Robbins e Robert Wise (1961). I duelli di spada si tramutano in pugni, calci e acrobazie a passo di danza, la Verona medievale si trasforma in una Manhattan infernale, dominata da pregiudizi e discriminazioni razziali. L’amore travolgente di Tony e Maria, appartenenti alle bande rivali dei Jets e degli Sharks, scatena l’inferno, cadenzato meravigliosamente dalle splendide musiche di Leonard Bernstein. 

Regista e interprete shakespeariano per eccellenza è senza dubbio Kenneth Branagh, che ha dedicato alle trasposizioni cinematografiche del bardo buona parte della sua filmografia. Impossibile non includerlo in questa selezione ma difficilissimo scegliere quale film inserire. Alla fine, la nostra scelta è caduta su Molto rumore per nulla, dove la solita attenzione filologica di Branagh nel non stravolgere il testo originale e riproporre l’ambientazione classica, riesce meglio che altrove a non farsi prendere dall’eccesso di teatralizzazione, ma a conservare il ritmo brioso e irresistibile della commedia imponendole tuttavia i ritmi cinematografici. Il cast al solito stellare – che oltre a Branagh comprende Emma Thompson, Denzel Washington e Keanu Reeves – è in tutto questo assolutamente decisivo. 

Numeri alla mano, sembrerebbe essere Amleto l’opera shakespeariana con più riduzioni cinematografiche. Anche in questo caso, molte di valore e difficile sceglierne una. Abbiamo optato per la più classica, ovvero il film diretto e interpretato dal grandissimo Lawrence Olivier (1948), fedelissimo al testo e all’ambientazione originali, ma capace di sfruttare al massimo il medium filmico e di non fare passivamente un “teatro filmato”. Fotografia indimenticabile, con un’alternanza quasi metafisica di luci e ombre. E, nell’interpretazione generale data dal grande attore e autore inglese, un taglio decisamente psicanalitico, apertamente freudiano, che ha influenzato moltissime riletture della tragedia nel secondo novecento. 

Sul podio, senza dubbio Coriolanus di Ralph Fiennes, nel suo strepitoso, sorprendente e coraggiosissimo esordio alla regia (2011). Una delle opere meno conosciute di Shakespeare è mantenuta pressoché intatta nel testo, nonostante venga trasposta ai giorni d’oggi, con la Roma antica tramutata nell’est Europa contemporaneo. La storia di un eroe finito vittima degli ingranaggi perversi e corrotti della politica, che per mettere in atto la propria spietata vendetta si allea con il suo peggior nemico, diventa nel film un bagno di sangue specchio di un mondo senza più speranza, dominato dal male e dalle più atroci efferatezze. Lucido, chirurgico, poetico nella sua atrocità. Bellissimo. 

Ma sul podio ci mettiamo anche, e soprattutto, il grande capolavoro di Orson Welles: Otello (1952). A parte l’espediente del racconto in flashback come fosse un’inchiesta (l’incipit è occupato dai funerali del Moro e di Desdemona), testo e ambientazione restano fedelissimi alla tragedia di Shakesperare, ma l’atmosfera creata da Welles è da antologia, capace di dare vita a un film ipnotico, avvolgente, disturbante. La recitazione – di Welles e del resto del cast – è sobria, quasi distaccata, quasi “brechtiana”, ma in grado di incidere e prendere lo spettatore continuamente alla gola e di trascinarlo all’interno della vicenda in maniera assoluta. 

E sul podio, per concludere, c’è senza dubbio il meraviglioso Ran di Akira Kurosawa, tratto da Re Lear (1985). La vicenda è trasposta nel Giappone del XVI secolo ma resta fedelissimo alla trama e, soprattutto, allo spirito del testo originale. Il titolo fa riferimento al disordine generato dalla distruttiva brama di potere degli uomini, capaci solo di scatenare guerre e spargere sangue anziché costruire la pace perseguendo l’armonia. Anche in Kurosawa, come in Welles e in Finnies, e in tutti e tre come in Shakespeare, domina il ritratto di un potere malato e malsano, generatore di sangue e violenze, l’esatto contrario della giustizia. Un autentico poema epico, quello di Kurosawa, un apologo torrenziale sulle tendenze autodistruttive dell’umanità. 

E la vostra filmografia shakespeariana essenziale, che titoli comprende?

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2 risposte a “Shakespeare al cinema. Appunti per una filmografia essenziale”

  1. Io avrei aggiunto Commedia sexy di W.Allen e La tempesta di Mazursky. Nom male Il mercante di Venezia di Radford.
    Ci sarebbe Shakespeare in love, gran bel film.

  2. Ran assolutamente il numero uno!

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