La novella Olesja dello scrittore Aleksandr Kuprin racconta la vicenda di un funzionario che, distaccato per servizio nella monotona Volinia (un governatorato dell’impero zarista al confine tra Polonia, Ucraina e Bielorussia), passa le sue giornate nel tentativo di sconfiggere la noia. Durante una battuta di caccia, il nostro protagonista finisce con il perdersi e si imbatte in una casupola dove conosce una nonnina ripugnante e la sua attraente nipote. Le due accolgono con ostilità il nuovo visitatore perché abituate a diffidare dalla gente del villaggio che le considera streghe ed è solita perseguitarle, attribuendo loro l’origine di ogni sventura. Del resto le donne stesse alimentano le dicerie, ritenendosi depositarie di saperi magici e di capacità soprannaturali. L’uomo tuttavia non si lascia scoraggiare e, indebolendo l’ostilità della vecchia Manujlicha con un po’ di soldi e qualche piccolo regalo, ha modo di approfondire la conoscenza con la giovane Olesja. Affascinato dalla ragazza, il funzionario torna sempre più spesso a farle visita e tra i due nasce l’amore: da persona istruita, l’uomo rifiuta di accettare le obiezioni a questa relazione frutto delle superstizioni locali e i dubbi della giovane sul futuro, arrivando persino a chiedere a Olesja di sposarlo. Ma l’odio degli abitanti del villaggio per le streghe impedisce il lieto fine…
Olesja (1898) presenta molte caratteristiche comuni a tanta narrativa russa, soprattutto nei tratti del protagonista – quasi paradigmatico nel suo statement di funzionario, che lo eleva al cospetto degli ignoranti e semplici provincialotti – e nell’ambientazione rurale. La lettura scorre piacevolmente e il libro è sicuramente da raccomandare anche per la capacità dell’autore di realizzare descrizioni naturalistiche efficaci che, con pochi e poderosi tratti, ci trasportano nella campagna russa di fine Ottocento-inizi Novecento. L’unico difetto è forse una certa ingenuità a discapito della profondità psicologica dei personaggi. La bella edizione tradotta dal russo e arricchita con le evocative illustrazioni di Frans Masereel recentemente pubblicata da intransito ha il merito di consentire la riscoperta di questa novella e di rileggere il suo autore.
Aleksander Kuprin è uno dei principali esponenti del realismo sociale russo. Nato nel 1870 – suo padre era impiegato mentre sua madre sua madre discendente da una stirpe di principi tatari – Kuprin iniziò presto a scrivere, vedendo pubblicato già nel 1889 il suo primo racconto, e si dedicò interamente alla carriera letteraria dopo aver prestato il servizio militare. Negli ambienti culturali conobbe e frequentò Čechov, Gor’kij e Bunin: grazie alla sua opera più celebre – Il duello (1905) – divenne un protagonista di primo piano anche della vita mondana pietroburghese. In una vita caratterizzata da continui spostamenti, Kuprin viaggiò all’estero nel 1911 visitando la Francia, la Polonia e l’Italia. Pur partecipando alla Prima Guerra Mondiale, nel 1915 venne esonerato per motivi di salute e – quello stesso anno – terminò il romanzo La fossa sulla vita delle prostitute nelle case di tolleranza, che venne sottoposto a censura perché giudicato troppo scabroso. Nel 1917, anno decisivo della Rivoluzione, Kuprin terminò invece il suo celebre racconto lungo La stella di Salomone che rielabora il mito di Faust e Mefistofele, affrontando i temi della libertà individuale e del destino dell’uomo. Con i comunisti al potere, Kuprin ebbe rapporti poco fortunati (toh!): se è vero che nel 1918 ebbe un colloquio con Lenin per la programmata fondazione del giornale La terra, è altrettanto vero che il progetto non fu mai realizzato e che Kuprin dal 1920 si stabilì a Parigi tornando nella madrepatria solo nel 1937, giusto in tempo per morirvi l’anno dopo.
Tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, Kuprin fu tra gli autori russi enormemente pubblicati in Italia salvo cadere in un successivo lungo oblio. Negli ultimi anni si registra una piccola ripresa dell’interesse relativo a questo scrittore: l’augurio è che anche Olesja possa contribuirvi.
Lascia un commento