Jason (Giuliano Gemma) e il suo fratellastro Adam (Klaus Kinski) sono piccoli mafiosi del New Mexico che si odiano e che rimangono legati per l’esclusiva volontà della loro madre alcolizzata, Martha (Rita Hayworth). Dopo aver derubato un gioielliere e sconfitto una banda rivale, Jason cerca di derubare il fratellastro della sua parte, ma viene tradito dalla sua ragazza Karin (Margaret Lee), che è anche l’amante di Adam. Rintracciato dai suoi scagnozzi si ritrova i tendini della mano destra distrutti da un colpo di pistola (e dovrà esercitarsi a sparare con la mano sinistra cercando di colpire le corde di un’arpa). La ricca Barbara (Claudine Auger) lo salva e lo cura: l’unico pensiero di Jason diventa la vendetta. Dopo che Martha rivela incidentalmente dove si trovano Adam e Karin (a Quemado, nel New Mexico), Jason cerca di attuare la sua ritorsione, ma viene nuovamente tradito da Karin, della quale è ancora disperatamente innamorato. Adam e Karin pianificano di sbarazzarsi definitivamente di Jason, ma un violento terremoto sconvolge i piani di tutti (ma è anche un inatteso deus ex machina che esce dal nulla, quando in realtà ci si aspetta la tipica resa dei conti tra i due fratelli). Il film si conclude con Jason che salva Adam dalle macerie della sua casa danneggiata dal terremoto, solo per sparargli a morte subito dopo («Non hai motivo di ringraziarmi… abbiamo ancora un conto in sospeso… nessuno può aiutarti adesso, nemmeno Dio!»). Ma sarà fatto fuori a sua volta da Martha, che evidentemente amava di più il figlio bacato.
Alla fine degli anni Sessanta (del Novecento), in virtù degli sviluppi allora in atto nella politica e nella società italiana, nasce quel sottogenere di film poliziesco, che prenderà il nome di “poliziottesco”, che raggiungerà il suo apice nel corso degli anni Settanta per poi finire nell’oblio. Un filone che, senza dubbio, trae le sue origini nel film di gangster, che è sempre stato ancorato a Hollywood (e al cinema francese) e che ha vissuto una rinascita negli Stati Uniti dall’inizio degli anni ’60. Così, in pieno Sessantotto, anche Duccio Tessari decide di dare un contributo a questo tema, avendo fino ad allora lavorato su molteplici generi diversi realizzando I bastardi (1968), una co-produzione italo-spagnola (e non tedesca) girata interamente in Spagna a parte il prologo negli Stati Uniti. Coadiuvato da Ennio De Concini, Tessari sviluppa il classico tema di Caino e Abele – incuneato nella tipica famiglia disfunzionale – anche se la sceneggiatura fortunatamente si astiene da eccessive allusioni religiose.
Klaus Kinski – che indossa bizzarri occhiali da sole – brilla nel ruolo dell’ipocondriaco Caino/Adam e ha modo di valorizzare il suo tipico stile di recitazione: tende a rubare la scena come può. Amante di sé e vanitoso, effeminato e sempre fra le gonne della madre, invidia il successo del fratello e così scatena il conflitto. Gemma, Jason/Abele, è la personificazione dell’empatia, il criminale gentiluomo con cui gli spettatori simpatizzano, col quale identicarsi fino alla fine. E beneficia di ben quattro intermezzi amorosi con Margaret Lee (splendida) e Claudine Auger. Tuttavia, gli manca la giusta profondità per renderlo credibile come angelo sterminatore
A dominare i due si staglia Rita Hayworth, una delle grandi dive hollywoodiane della vecchia scuola, che qui interpreta un ruolo fortemente allusivo. Perché il suo ritratto della madre alcolizzata che si sofferma sulla sua bellezza che svanisce non era distante dalla realtà. La Hayworth, qui in uno dei suoi ultimi ruoli, merita il plauso per una performance fortemente autoironica (persino umiliante, alcuni primi piani sono impietosi). Purtroppo, la sua prestazione risulta a volte un po’ sopra le righe, quasi comica su un impianto drammatico.
Tessari non sembra completamente a suo agio, il film presenta delle lunghezze, la preparazione della vendetta tarda a realizzarsi, ci sono alcune lacune logiche nella trama: dalla confusa scena iniziale in una discoteca in cui Jason si sbarazza di gangster rivali, allo zoppicante intermezzo romantico tra Gemma e l’ex Bond girl Claudine Auger, mentre anche il sub-plot (che ruota attorno a una rapina che Jason organizza insieme ad un complice interpretato da Serge Marquant) non porta da nessuna parte.
Un peccato, perché l’atmosfera gangsteristica è coerente, soprattutto all’inizio. Ben servita dal commento musicale di Michel Magne e Carlo Rustichelli, e dalle suggestive riprese dei paesaggi del New Mexico.
Rispetto ad Abele che uccide Caino, c’è anche un finale alternativo in cui anche Jason viene ammazzato dalla madre, appena arrivata nel New Mexico dopo aver sentito parlare del terremoto in TV (recuperato in alcune edizioni in Dvd).
Lascia un commento