Il libro di Eva Cantarella Contro Antigone ridesta il dibattito sui due protagonisti della tragedia di Sofocle, che ha ispirato il teatro e il cinema: da Brecht ad Anouilh, da Liliana Cavani fino alla regista canadese Sophie Deraspe.

Sia il teatro sia il cinema hanno ripreso più o meno fedelmente la tragedia di Sofocle (Antigone) attualizzando e spesso estremizzando la polarizzazione morale, con Antigone paladina dei diritti umani e familiari, di fronte a un re, Creonte, sovrano cinico al limite del disumano. George Steiner nel libro fondamentale Le Antigoni (1984) calcolava in 1.530 il numero di traduzioni, adattamenti, rivisitazioni della tragedia. Del 1961 è il film in costume Antigone di Ghiorgos Tzavellas, con Irene Papas nel ruolo dell’eroina. Nel film di Liliana Cavani (I cannibali, 1970) Antigone vuole seppellire, contravvenendo a un divieto del Governo, il fratello, vittima insieme a decine di altri abbandonati per strada, di una sanguinosa repressione da parte delle forze dell’ordine: nessuno la aiuta, né la famiglia né il fidanzato (che è figlio del primo ministro); Antigone troverà soccorso e comprensione solo presso un ragazzo straniero che parla una lingua sconosciuta. 

In un film più recente, Antigone (2019), diretto dalla regista canadese Sophie Deraspe, la protagonista è una giovanissima immigrata algerina che si immolerà per uno dei fratelli, chiedendo di scontare al posto suo l’ergastolo. In una delle versioni teatrali più celebri, l’Antigone di Jean Anouilh, rappresentata nel 1944, quando la Francia era sotto il tallone dell’occupazione tedesca con il Governo di Vichy, viene seguita da un pubblico misto: i francesi si identificano con Antigone, i tedeschi, forza occupante, con Creonte. L’esaltazione di Antigone paladina della libertà e vittima della tirannide culmina nell’Antigone di Bertolt Brecht (1948) dove Creonte è decisamente un tiranno, mentre nella versione di Anouilh appare più come un uomo di governo e si definisce lui stesso “uomo concreto, prosaico, per cui regnare è più un lavoro che una missione”. Come nota Maria Grazia Ciani, nella prefazione ad Antigone variazioni sul mito, “Brecht porta all’esasperazione il contrasto Antigone/Creonte creando fra essi una divaricazione estrema, che impedisce ogni dialettica. Antigone è solo una vittima, Creonte è solo un tiranno. Diritto naturale e diritto positivo sono sopraffatti dal terzo nuovo diritto, frutto dell’imperialismo moderno”. 

Il pensiero romantico tedesco ha fortemente meditato sulla figura di Antigone, anche grazie a un’innovativa traduzione della tragedia di Sofocle compiuta da Friedrich Hölderlin nel 1804. Da Hegel a Heidegger la figura di Antigone influisce decisamente sulla filosofia tedesca. Per Goethe il comportamento di Antigone esemplifica il principio etico, e il suo scontro con Creonte riassume l’essenza della tragedia: da un lato il potere, dall’altro lei che ne contesta la logica e l’autorità. Hegel in particolare nell’elaborazione dei temi sul conflitto fra stato e famiglia, fra diritti dei vivi e dei morti, fra decreti legislativi ed etica fondata sulla consuetudine, si appropria del testo di Sofocle incorporandolo nella sua Fenomenologia dello Spirito

La storia è, nella sua essenza, questa: Antigone, figlia di Edipo e Giocasta, sorella di Ismene, e dei due bellicosi fratelli Etéocle e Polinice, non accetta l’editto di Creonte, l’inflessibile re di Tebe, che vieta di seppellire i cadaveri dei comandanti che avevano assediato la città; fra questi c’è anche la salma di Polinìce. Flash back necessario: i due fratelli, dopo aver scacciato da Tebe il padre Edipo, avevano stabilito di regnare un anno ciascuno. Ma Etéocle non vuole cedere la signoria a Polinice. Questi si allea con Adrasto, re di Argo, e altri sette condottieri che assediano con i loro eserciti le sette porte di Tebe. Per decidere le sorti della guerra, i due fratelli si affronteranno in un duello all’ultimo sangue. Che finirà con la morte di entrambi. Alla fine i Tebani hanno la meglio, Creonte torna al potere. Ma, appena insediatosi, ordina di lasciare insepolti i corpi dei duci che hanno assalito la città: compreso Polinice,  fratello di Antigone, considerato “nemico della patria”. Nella tragedia di Sofocle, Antigone difende caparbiamente il suo diritto di dare sepoltura al fratello, contravvenendo al divieto imposto dal re, che fra l’altro è suo zio.

Antigone diventa, soprattutto nelle letture moderne e contemporanee di questa tragedia, una paladina  dei diritti umani, mentre Creonte è visto come un tiranno maniacalmente inteso a far rispettare un editto. Un burocrate senz’anima e pietà. È una lettura corretta? Eva Cantarella in Contro Antigone o dell’egoismo sociale (uscito da pochi giorni per i tipi di Einaudi Stile Libero extra), rivede questa tesi consolidata nei secoli definendola frutto di un equivoco che nasce dalla confusione tra il mito di Antigone e l’Antigone come protagonista della tragedia di Sofocle. Per riprendere le parole di Maria Grazia Ciani, “il nodo nevralgico dell’Antigone di Sofocle è costituito dall’interdizione posta da Creonte alla sepoltura di Polinice, reo di aver assalito con le armi la propria patria. I problemi che ne derivano sono molti e complessi: la colpevolezza di Polinice nei confronti della sua città, il rispetto verso le leggi sancite ab aeterno dagli dei e di quelle promulgate in nome della polis, la sacralità della polis stessa, e infine l’onore dovuto al cadavere. Eschilo, nei Sette contro Tebe, pone la città come autorevole e massimo discrimine: chi difende la città è, comunque, nel giusto, chi la minaccia è, comunque, colpevole. Polinice è dunque colpevole e il problema relativo alla sua sepoltura viene posto già da Eschilo”. Anche per Sofocle la responsabilità di Polinice sembra fuori discussione, ma il divieto della sepoltura assume un rilievo eccezionale nella sua performance tragica e mette in crisi l’autorità stessa della polis e delle sue leggi. 

Antigone e Creonte assurgono a metafora universale di un dissidio nel quale, in fin dei conti, entrambi hanno ragione (Antigone in quanto sorella, Creonte come legittimo sovrano), ed entrambi hanno torto: Antigone perché di fatto trasgredisce la legge, Creonte perché di fatto non rispetta la pietà. Antigone si batte in nome di un comandamento morale, in nome di quelle leggi non scritte che le impongono di seppellire il fratello per onorare la pietas verso i morti. Creonte difende un principio giuridico con la caparbietà di chi ritiene che nessuna legge morale possa elevarsi al di sopra della legge dello Stato. 

Scrive Eva Cantarella: “È a loro (agli dèi, ndr) che io devo obbedire, ripete (Antigone) nel dialogo con Creonte: ho disobbedito alla tua legge perché non pensavo «che i tuoi editti avessero tanta forza che un mortale potesse trasgredire le leggi non scritte e incrollabili degli dei» (vv.453-55). E articola ulteriormente le ragioni della sua disobbedienza rimarcando un aspetto, o meglio l’aspetto centrale del suo carattere: l’importanza della vita oltre la morte, l’unica che per lei contava”. Creonte, condannato a rimanere nell’immaginario collettivo un personaggio dal comportamento tirannico, sarebbe in realtà “un buon governante” perché “chi detta e fa rispettare le leggi, dice, non deve «considerare più importante della patria una persona cara» e non deve «diventare amico di un nemico della patria»”. 

Secondo Eva Cantarella, “l’Antigone di Sofocle è una donna di un egocentrismo spaventoso e di una assoluta indifferenza a tutto quello che non è lei, con una fissazione: dare sepoltura al fratello Polinice, bandito dalla città mentre il fratello Eteocle ha ricevuto tutto gli onori. Però ha una sorella, Ismene, di cui non tiene conto e che tratta malissimo”. Creonte, secondo Cantarella, “ha ragione nel divieto di seppellire Polinice. Polinice è un nemico della patria. Perché mai avrebbe dovuto avere sepoltura? La regola era che i cadaveri dei nemici della patria restassero insepolti. E Creonte dice ai tebani che, a partire dal divieto di seppellire Polinice, sarà un re giusto e che sotto il suo governo non accadrà mai che i cattivi cittadini abbiano «più onore dei giusti»”.

Per i futuri registi teatrali o cinematografici, suggerisco di pensare alle tante possibili chiavi di attualizzazione di  Antigone: pensatela nel ruolo di una ragazza che non vuole più sottostare alle regole disumane imposte da una mentalità famigliare retrograda, come quella che la costringerebbe a non sposare l’uomo che ama. Pensate a un’Antigone contemporanea che lotta per affermare il suo diritto, ispirato al senso di pietas e umanità, di porre fine alla vita di un familiare pur di sottrarlo alle sofferenze di una malattia incurabile e spietata. A proposito, l’Antigone nel libro di Valeria Parrella (Einaudi, 2022) dichiara alla sorella di non accettare la legge con la quale Creonte ha vietato di staccare i tubi che da anni riempiono d’aria i polmoni di Polinice. “Il dilemma tragico sofocleo che rivive nell’odierno problema dell’interpretazione delle regole giuridiche in materia di accanimento terapeutico” nota Eva Cantarella, nel capitolo finale del libro che ricorda alcune versioni contemporanee della vicenda rappresentata da Sofocle ad Atene circa duemilacinquecento anni fa. Il caso di Carola Rackete, che a giugno 2019 al comando della nave Sea Watch 3, carica di migranti, ha violato il divieto di entrare nel porto di Lampedusa, consentendo a 42 profughi di sbarcare sul suolo italiano è stato spesso accostato a quello di Antigone. Accusata per questo di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e arrestata, Rackete è stata poi assolta da ogni accusa. 

Nell’Antigone di Inua Ellams, presentata a Londra (Open Air Theatre di Regent’s Park) nel settembre 2022, Antigone appartiene a una famiglia anglopaksitana di religione musulmana. Dei due fratelli, Polinice è considerato un terrorista, e viene ucciso in un attentato; l’altro, Etèocle, è un poliziotto metropolitano, che muore in un conflitto as fuoco. E a completare il quadro lo zio Creonte, ormai anglicizzato, che è diventato ministro degli Interni e in nome della sicurezza nazionale esercita il suo ruolo promulgando misure antiterroristiche, applicandole senza esitazione e anche contro i suoi familiari dietando la sepoltura del cadavere del nipote, considerato nemico della patria. 

La cronaca e la storia contemporanea offrono, e continueranno a fornire, al cinema e al teatro infiniti motivi per creare novelle Antigoni. 

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