Schiavo d’amore (Of human bondage, 1934) è un potente melodramma che segna una svolta a Hollywood perché è l’opera che mette fine al periodo cosiddetto “Pre-Codice Hays”. Gli scandali privati ​​delle star (che Kenneth Anger si sarebbe poi divertito a raccogliere nel suo Hollywood Babylone, pubblicato in Italia da Adelphi) provocarono infatti una tale ondata di indignazione pubblica – soprattutto da parte delle diverse leghe di virtù, a lungo scandalizzate dall’amoralità galoppante del cinema muto degli anni ’20 – che spinsero nel 1930 il senatore William Hays e il cattolicissimo censore Joseph Breen a intervenire per trasmettere sullo schermo un’immagine giudicata più edificante e morale. All’uscita del film, il Codice è fissato una volta per tutte ma non ancora applicato dagli studi ancora liberi che oseranno produrre molte pellicole audaci: Schiavo d’amore sarà una delle opere che cambierà questo stato di cose. Il film è il primo adattamento del romanzo Of human bondage (1915) di William Somerset Maugham. Ne seguiranno altri due con il medesimo titolo girati nel 1946 per la regia di Edmund Goulding e nel 1964 per quella di Bryan Forbes…

La commissione Hays richiederà diversi cambiamenti alla sceneggiatura di Lester Cohen, compreso trasformare il personaggio di Mildred (Bette Davis), da prostituta a cameriera. Tutti questi sforzi, però, verranno completamente spazzati via dall’interpretazione di Bette Davis. Sì perché se Schiavo d’amore consacra il regista John Cromwell come uno dei maestri del melodramma hollywoodiano, l’interpretazione dell’attrice protagonista consolida la Davis nel firmamento delle star americane. Un successo tutto frutto della caparbietà dell’attrice che spinse – nonostante il contratto sottoscritto con Warner Bros – perché la RKO le affidasse la parte rifiutata da Katharine Hepburn, Irene Dunne e Ann Harding. A margine, ricordiamo come la splendida performance non bastò alla Davis per vincere il premio Oscar che invece le fu assegnato dall’Academy ben due volte (Paura d’amare, 1936; Figlia del vento, 1939) nel lustro successivo per ruoli “distruttivi” simili a quello interpretato in Schiavo d’amore. Quasi un risarcimento.

Philip Carey (Leslie Howard, che qualche anno più tardi nel ruolo di Ashley Wilkes farà perdere la testa a Rossella O’Hara/Vivien Leigh in Via col vento) è uno studente che si dedica alla medicina dopo aver tentato invano di diventare pittore. Si innamora di Mildred, una giovane cameriera che non riesce a dimenticare e da cui non riesce a separarsi nonostante non lo ami. Fisicamente disabile a causa di un piede equino e psicologicamente fragile, Philip è totalmente soggiogato a Mildred, che intende sfruttare la sua influenza su di lui fino alla fine: eppure la furbizia di questa donna, volgare, stupida e superficiale, non riuscirà a salvarla dalla fine terribile a cui sembra destinata da subito… 

Il film ha ricevuto una buona accoglienza dalla critica ma è stato un fallimento al botteghino, forse perché l’apprezzamento da parte dello spettatore si basa essenzialmente sulla capacità di accettare il colpo di fulmine e l’assoluta ingenuità dello studente di medicina. L’intera storia è un andirivieni di ritorni e abbandoni tra Philip e Mildred, durante il quale si scambiano la bellezza e l’imperfezione: il menomato dimostra inesauribile generosità ad ogni nuovo incontro, mentre la bella diventa sempre più degradata.  

L’interpretazione sdolcinata e teatrale di Leslie Howard risulta quanto meno convincente e funzionale, cosi come notevole è anche la parte della bella e sconosciutissima Frances Dee, che riesce a farsi notare in un ruolo esattamente opposto a quello di Mildred. A dare spessore però, come detto, è l’eccezionale performance di Bette Davis (che anticipa in modo più crudo tutti i grandi ruoli che interpreterà). La recitazione scandalosa, così come le pose e il trucco (fatto dall’attrice stessa) spiegano tutto ciò che la censura del Codice Hays Code cerca di nascondere. La visione finale di Mildred, accasciata e con lo sguardo fisso nel suo tugurio, è una potente istantanea del declino mentre la scena in cui, isterica, insulta lo studente scagliandogli contro le sue verità con incredibile crudeltà (“Quando mi baciavi, mi sciacquavo la bocca!”), è mozzafiato e senza dubbio da antologia. 

A Hollywood era nata una stella.

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