L’età edoardiana è il periodo tra il 1901 e il 1910 che coincide – come rivela la definizione – con il regno di Edoardo VII del Regno Unito. Tra le caratteristiche culturali che hanno contraddistinto il decennio, l’affermarsi di una ampia produzione letteraria popolare e della crime novel, che ebbe un impulso mai visto prima sull’onda lunga del successo dell’invenzione di Sir Arthur Conan Doyle: a cavallo tra il XIX e il XX secolo venne alla luce infatti Sherlock Holmes, il più celebre investigatore di tutti i tempi.
Tra le poche penne “di genere” che hanno resistito all’usura del tempo, bisogna certamente annoverare Richard Austin Freeman. Nato a Londra nel 1862 e morto nel 1943, Austin Freeman scopre tardi e in modo del tutto casuale la propria vocazione di scrittore: all’indomani del congedo dall’impiego come assistente chirurgo nella colonia africana della Costa d’Oro – dove contrasse una grave malattia che pose fine alla sua attività medica – Freeman decide di dedicarsi a tempo pieno alla narrativa gialla, che aveva già approcciato nel 1902 quando pubblicò una raccolta di sei racconti intitolata The Adventures of Romney Pringle sotto lo pseudonimo di Clifford Ashdown e con la collaborazione non accreditata di John James Pitcairn.
Alla fine della sua carriera, la produzione di Freeman conterà in tutto – secondo le fonti più attendibili – 21 romanzi e 42 racconti composti tra il 1907 e il 1942, quando diede alle stampe l’ultima fatica. Numeri che dimostrano il successo di pubblico dei suoi libri, tale da permettergli di essere uno dei “re” della narrativa di genere, soprattutto negli anni Dieci. La figura del professore di medicina legale John Thorndyke divenne da subito famigliare ai lettori, con la sua mole imponente e maestosa e le acute capacità intellettuali sebbene interamente rivolte agli aspetti materiali piuttosto che alle persone e alla loro psicologia.
Ma se Freeman è entrato di diritto nella storia del genere giallo lo deve fondamentalmente all’introduzione di due grosse novità. Come si può evincere dalla professione del protagonista, con Freeman si inaugurò l’era del giallo scientifico, degli indizi vagliati ai raggi X e trattati con soluzioni chimiche e tutto il resto: impronte digitali o cadaveri riesumati diventano con lui elementi essenziali della detection, che inevitabilmente sposta l’attenzione dal “chi è stato?” e “perché?” al “come è successo?” Poco male comunque perché la lettura non ne perde in dinamismo e qualità, provare per credere! Per capire in che modo sia possibile, passiamo alla seconda grande trovata di Freeman: l’introduzione della cosiddetta inverted story. Questa tecnica narrativa, che esordì nel racconto The Singing Bone (1912), rende il lettore testimone del delitto facendo così procedere la vicenda da un punto di vista “rovesciato” per creare suspense non più sull’identità dell’assassino ma su come verrà svelato il mistero o smascherato il piano criminale.
A chi volesse rispolverare questo autore suggerisco, tra i romanzi della sua seconda stagione creativa (quella dal 1922 alla morte, dopo la prima compresa tra il 1907 e il 1914), Arsenico (As a thief in the night, 1928) disponibile in libreria nella collana “I Bassotti” di Polillo. Nonostante uno spunto apparentemente ordinario, un classico che ogni appassionato dovrebbe avere nella sua biblioteca. La morte di Harold Monkhouse pone fine a una serie di disturbi cronici a cui l’uomo – 57 anni al momento del decesso – aveva abituato famigliari e servitù. Tuttavia il reverendo fratello del defunto impone alle autorità di aprire un’inchiesta, convinto come è che Harold non abbia ricevuto cure mediche adeguate. Il risultato dell’autopsia sul cadavere è sorprendente: le analisi dimostrano in termini inequivocabili che la causa della morte è un grave avvelenamento da arsenico! Ma chi e in che modo può avere somministrato la sostanza ad Harold? Per scoprirlo, l’amico di famiglia Rupert Mayfield suggerisce di chiamare in causa il dottor Thorndyke, perché faccia luce sul mistero…
La prima parte del libro sfrutta la naturale curiosità di conoscere l’ambiente e le persone oggetto dell’indagine per le caratteristiche analisi “tecniche”. Dettagli abbastanza inusuali per il periodo come le condizioni dei tessuti muscolari o il contenuto dello stomaco del morto vengono descritti con disinvoltura eppure attenzione, in un modo sempre interessante e funzionale ai fini della narrazione. Proseguendo, Freeman dimostra una grande sensibilità autoriale sfumando la crudezza procedurale e la tensione dell’indagine con momenti di idillio tra i protagonisti, pagine in ricordo della passata serenità domestica e affascinanti passeggiate nella Londra del tempo.
Vero e proprio capolavoro perfettamente compiuto in ogni sua componente, Arsenico tiene incollati alla pagina dall’inizio alla fine. Lo scioglimento della vicenda, pieno di amarezza, sorprende il lettore come il ladro nella notte evangelico che echeggia nel titolo originale. L’unico punto fermo in cui porre fiducia resta Thorndyke, amante della verità ad ogni costo e con una fede incrollabile nella giustizia…
Lascia un commento