Sospesa, intatta è la reciproca intesa che dall’inizio alla fine del film Past Lives esiste tra la coreana emigrata negli USA e il coreano rimasto in patria. Ma questo non è un film che parla d’immigrazione: è un film sull’amore, e quindi sul matrimonio, e quindi sul sacrificio. D’altronde, l’incontro felice tra i due protagonisti ancora bambini, in un parco di Seoul, tra gli interstizi di un monolite separato in due visi, uniti da un troncone di materia, ha in sé i crismi di un atto sacrificale. La madre della piccola Nora (Greta Lee) vuole che lei abbia dei ricordi, ora che dovranno lasciare il Paese; assieme all’omologa, osservano i figli promettersi, pur sapendo che si tratta di un terribile equivoco. La combinazione di fotografia, di riprese esatte su sguardi e gesti, del parco – in un girato prettamente cittadino – e dell’azzeccata soundtrack, incornicia perfettamente il momento: immagini che si incagliano nella mente dello spettatore e nell’opera stessa. Infatti, a tratti, le sagome dei due bambini nelle strade e nei luoghi così cari ritorneranno ad emergere successivamente, come le visioni della memoria nella mente, pur rimescolate nel corso del tempo e dello spazio umano. Un accenno alla spiritualità si ha, tra l’altro, quando la protagonista cita l’in-yun, parola che in coreano significa provvidenza o destino, legato al concetto di reincarnazione; tuttavia, per lei ormai non è che un espediente che i coreani usano per impressionare nuovi amanti. Quindi il Canada, il distacco, e poi New York: da bambini ad adulti. Il mondo contemporaneo ha il privilegio di azzerare le distanze, non esistono più confini. Ecco che la mente trova un appiglio nelle immagini digitali e l’illusione, improvvisamente, sembra realizzabile. Skype permette di raggiungere ciò che la vita pareva aver irrimediabilmente estromesso dal suo accadersi: inquadrature ben costruite e mai pesanti su chiamate via web realizzano un collegamento diretto fra New York e Seoul, fra due anime distanti. Il sogno infantile ha nuovi volti, proiettati su pixel di schermi: infranti, sulle esigenze, sulle ambizioni, sulla vita. Fino ad un ultimo incontro. 

Past Lives, che è il frutto della prima fatica cinematografica di Celine Song, anche commediografa, nata in Corea del Sud, poi emigrata in Canada e infine a New York, negli Stati Uniti, pare ricordare una storia mitica: la storia di Ifigenia. Figlia primogenita di Agamennone e di Clitemnestra, vittima di un terribile equivoco, condotta in Aulide con la pretesa di andare in sposa ad Achille, diviene invece “giovenca pezzata” dalla cui “gola mortale si farà sgorgare il sangue”1. Ifigenia viene sacrificata “da un empio padre”2 per permettere ai Greci di partire verso Troia e fare in modo che “regnino sui barbari, e non i barbari sui Greci”3. La sua morte è un altro equivoco: apparente, perché la dèa Artemide la salva all’ultimo sostituendola con una cerva e portandola in Tauride. Lì, dedita ai sacrifici, straniera in terra lontana, “ché dai miei parenti mi divide il mare – e lunghi giorni passo sulle rive – con l’anima cercando il Paese dei Greci – ma l’onda non risponde ai miei sospiri – e sordamente porta solo il suo ululare…”4: intatta, è la melanconia di Ifigenia, il suo volgersi alla Grecia. Con la sua uccisione, legata alle false nozze, il sacrificio diventa “fatto sociale”, questione di equilibrio fra “uomini e uomini”5 e non più fra uomini e dèi. In Past Lives, il sacrificio, legato al matrimonio con un uomo e un Paese nuovo – e all’inattuabile unione con Hae Sung (Teo Yoo) –, è fatto individuale, necessario a garantire l’equilibrio fra il sé e l’io, fra due persone, nella realtà cosmopolita in cui non esistono distanze. Nora è una donna ambiziosa, rinnovata, che intende lasciare la sua figura infantile e la Corea del Sud alle spalle. Da qui New York, la sé matura, l’inglese come lingua nuova (il coreano è parlato occasionalmente, solo con la madre e con Hae Sung): Na Young è ormai Nora Moon. Eppure, intatta è la parola originaria, intatti i ricordi, l’in-yun; intatto è Hae Sung, un coreano ordinario con l’occhio recondito della memoria, attraccato a sponde lontane: una contemporanea Ifigenia, salvata da una qualche divinità. Lo stesso può dirsi al contrario per lui; Tauride ed Aulide si mescolano in Past Lives, e si combinano.

Sporadicamente appare la gente, la natura. Past Lives, presentato al Sundance Film Festival del 2023, poi alla Berlinale e poi in proiezione in tanti altri festival in giro per il mondo – tra cui la Festa del Cinema di Roma del 2023 –, e ora due candidature agli Oscar (miglior film e miglior sceneggiatura originale) e 5 ottenute per i Golden Globe del 2024, è prettamente incentrato sui due personaggi principali – con l’aggiunta del terzo, il marito americano Arthur (John Magaro) che, come lui stesso riconosce, inconsueto e fuori da ogni convenzione comprende la vicenda; ed è un film prettamente cittadino. Per questo, appaiono indubbiamente fantasmatiche le coppie che amoreggiano, quando Nora e Hea Sung passeggiano lungo la sponda del mare di New York. Per questo, lo squarcio della città è abbacinante, i grattacieli e i piloni dei ponti oniriche visioni, che sovrastano gli sbuffi di verde, d’altro canto d’un colore posticcio; è il carosello, in particolare, a conferire una patina allucinatoria: quello che il cinema riesce a fare meglio di ogni altra forma d’espressione. C’è un momento esatto in cui l’orizzonte rosa di Seoul metamorfosa nei bagliori notturni di New York: barbagli, suoni, in sottofondo è la città che impregna tutto, in cui ha addirittura sede il ricordo. Anche il momento dell’incontro, dopo tanti anni, in un altro parco cittadino – questa volta di New York –, è accompagnato da clacson e dal flusso incessante delle macchine: segno dello scorrere del tempo umano. Che sia Seoul o New York, la metropoli è foriera di emblemi, di significati, piena zeppa di simboli; la grandezza del film è di averli colti, pur non esponendoli, sullo sfondo. Nel nuovo millennio, in cui lo sviluppo urbano azzera le differenze e amalgama in un composto unico architetture, materiali, centri sempre più simili fra loro, da luogo a luogo, la città, come mostra Past Lives, si schiude parimenti in una successione indefinita di piani, di palazzi, di vetri, di linee. D’altronde, la protagonista conoscerà il marito americano nell’unico forse vero contesto extraurbano del film, ossia la residenza dove si incontrano gli artisti: un posto idilliaco, esteticamente affascinante, “Ma la natura è poi naturale?”6.


1 Euripide, Ifigenia in Aulide, 1083-1084
2 Euripide, Ifigenia in Aulide, 1318
3 Euripide, Ifigenia in Aulide, 1400-1401
4 Goethe, Ifigenia in Tauride, 10-14
5 R. Calasso, Le nozze di Cadmo e Armonia, Adelphi, Milano, 1988, p. 129
6 Lettera di C. Baudelaire a F. Desnoyers, fine 1835 – inizio 1854, in Correspondance, a cura di C. Pichois, con la collaborazione di J. Ziegler, Gallimard, Parigi, 1973, vol. I, p. 248

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