La seconda metà del Settecento, con il fiorire del neogotico nelle arti, segna, principalmente in Inghilterra, la nascita del romanzo gotico che riprende un immaginario di impronta medievale, tra amori impossibili, spettri, magia, esseri mostruosi, rovine, castelli. Si tratta di un Medioevo più sognato che reale, intriso di folklore, scritto ai margini dei codici miniati, scolpito nei grifi delle cattedrali. Dunque rientra nella categoria estetica del Brutto che viene successivamente codificata, ma che serpeggia nell’arte e nella tradizione orale da parecchi secoli.
Il primo romanzo gotico è Il castello di Otranto di Horace Walpole, del 1764, mentre risale al 1853 la pubblicazione del trattato L’estetica del brutto di Johann Rosenkranz. Il sentimento e l’orrore si congiungono in una sublimazione che affascina e risulta più espressiva della semplice bellezza. Il bello e il brutto coesistono in un’unità dinamica che li conferma a vicenda, laddove il brutto rappresenta il bisogno di affrontare l’impurità e la caducità della materia.
Nel romanzo gotico si fa strada un tipo di femminilità biblica e uterina, ammaliante e fatale, incarnata nella figura della “dark lady”, una donna volitiva e indipendente che capovolge gli stereotipi di genere. La dark lady si può certamente ascrivere all’archetipo junghiano della Strega che, come lo stesso Jung definisce, sarebbe la proiezione dell’inconscio femminile dell’uomo ovvero “una segreta partecipazione alla sua femminilità”. La strega rappresenta tutto ciò che è stato sacrificato in nome del progresso e della razionalità: il perduto legame con la natura, con il regno dei morti, con la carnalità. Gli specchi d’acqua, nella tradizione popolare, sono passaggi attraverso i quali entrare in contatto con mondi “altri”, in cui la strega abita o con cui comunica.
È proprio l’elemento acquatico a congiungere tre romanzi gotici che regalano altrettante indimenticabili protagoniste: Malombra di Antonio Fogazzaro, Rebecca di Daphne du Maurier e La ragazza della palude di Delia Owens. Donne che solcano le acque a bordo di leggere imbarcazioni, tentando disperatamente di sfuggire al proprio destino.
Malombra, primo romanzo di Fogazzaro, di professione avvocato, viene accolto con favore alla pubblicazione nel 1881, grazie alla benevolenza della regina Margherita e alla sintonia con le pratiche di occultismo in voga all’epoca. Si tratta di un testo raffinato, intriso di cupo romanticismo decadente, che conserva ancora un fascino indiscutibile. Lo stile cesellato offre una ricchezza linguistica oggi dimenticata, oltre che digressioni nella filosofia e nella politica che potrebbero parimenti essere considerate distrazioni dalla trama. Si respira un’aria moderna e mitteleuropea che lo rende un gioiello unico in Italia. L’ambientazione è una tetra dimora lacustre, probabilmente la villa Pliniana sul lago di Como, mentre il lago su cui la marchesina Marina di Malombra pilota la modesta lancia Saetta è quello del Segrino. La diafana ragazza, orfana, è ospite nella dimora dello zio conte Cesare D’Ormengo dove, anni prima, ha trovato la morte, in tragiche circostanze, la moglie Cecilia. Marina, di indole sensibile e nevrotica, ne è ossessionata al punto da identificarsi con lei e rivivere la sua vicenda in cerca di vendetta. La vediamo sfrecciare nella notte, credendosi ormai l’incarnazione di Cecilia, dopo aver ucciso l’uomo che ama.
Ritroviamo il tema del doppelgänger in Rebecca della scrittrice inglese Daphne du Maurier, dove la figura di una giovane donna che sposa il vedovo Maxim de Winter si sovrappone a quella della prima moglie, Rebecca. La sua presenza infesta la casa, Manderley, ispirata alla magione di Menabilly in Cornovaglia – “Last night I dreamt I went to Manderley again – Sognai l’altra notte che ritornavo a Manderley”, così si apre il romanzo. Pubblicato nel 1938, è diventato un intramontabile best seller anche grazie alle riduzioni teatrali e cinematografiche, tra cui spicca l’omonimo film di Hitchcock, pur non essendo a mio avviso una delle sue opere migliori. Manderley ha un magnifico giardino, costellato di rododendri purpurei, e una discesa al mare, ma la giovane moglie non riesce ad ambientarsi, poiché tutto le parla di Rebecca de Winter, venerata dalla governante. Rebecca era una donna affascinante, che padroneggiava l’arte nautica e amava allontanarsi in lunghe traversate. Allorché un sommozzatore scopre il suo corpo intrappolato nell’abitacolo di una nave, insieme al cadavere viene a galla la verità sul suo conto: una donna che tradiva il marito e lo manipolava al punto da spingerlo a ucciderla, per sfuggire alla condanna di un cancro terminale. Il racconto si chiude in crescendo, fino ad approdare all’incendio finale.
Arriviamo ai giorni nostri con La ragazza della palude, pubblicato nel 2018 (il cui titolo originale è Dove cantano i gamberi) di Delia Owens, zoologa americana. Un altro best seller, ambientato durante gli anni Cinquanta nel “pantano” lagunare della Carolina del Nord, dove Kya, una ragazzina solitaria e piena di risorse, abbandonata dalla famiglia impara a sopravvivere collezionando conchiglie e piume d’uccello. Un fraseggio più semplice e lineare lascia il posto a informazioni tecniche e a immagini potenti. La natura è infatti la vera maestra e la protagonista assoluta, mentre Kya percorre in barca il lussureggiante labirinto delle paludi in cui, più che altrove, la vita si nutre della vita, nel ciclo di decomposizione e rinascita. Un ragazzo le insegna a leggere e scrivere, mentre un altro la seduce e tenta di violentarla, ma lei non sarà mai vittima. Si delinea un carattere forte e, ancora una volta, ambiguo, come si conviene a una dark lady, qui rivisitata in una versione selvaggia e per niente scontata.
Chi sono queste anti-eroine, se non delle Naiadi e Nereidi moderne, in grado di colmare la distanza verso i regni che l’uomo ha abbandonato? Come Alice, le ninfe volenterose possono trovare, dall’altra parte dello specchio d’acqua, la fata della neve (fata Piumetta, o Frau Holle). Solamente loro possono essere il tramite per parlare a Frau Holle, la Grande Dea, la Madre Terra a cui si può accedere inoltrandosi nel mondo sotterraneo, dopo un salto nel pozzo dei mondi. E sovvertire ogni regola.
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