Tre gangster sono appena scappati di prigione: Chicamaw (Howard Da Silva), T Dub (Jay C. Flippen) e Bowie (Farley Granger) si rifugiano presso Mobley, il fratello di Chicamaw. Lì Bowie incontra Keechie (Cathy O’Donnell), la figlia di Mobley, di cui si innamora. Ma i tre uomini non possono rimanere inattivi. Organizzano una rapina che si conclude con successo. Bowie decide di usare i soldi guadagnati per scappare con Keechie. La coppia vive qualche giorno di felicità in un bungalow ma Chicamaw, assetato di azione, li trova e costringe Bowie a organizzare un nuovo colpo…
Nel 1941 Nicholas Ray incontra l’attore, sceneggiatore e produttore John Houseman con il quale collabora a trasmissioni radiofoniche. Trentenne, il cineasta non è alla prima esperienza nel mondo dello spettacolo: insegnante di recitazione, giornalista specializzato in canto, scrittore, Ray è un genio tuttofare. Nel 1946 Houseman e Ray si trasferiscono a New York dove producono uno spettacolo televisivo per la CBS e un musical di Broadway e quello stesso anno Houseman fu chiamato alla RKO dal suo amico William Dozier, responsabile delle produzioni a basso budget nel periodo in cui la RKO lancia giovani registi ai quali concede ampia libertà creativa.
Ad Houseman viene quindi proposto di produrre un film adattato dal romanzo di Edward Anderson Thieves like us. Houseman accetta a condizione di affidarne la regia al suo amico Nicholas Ray. Nasce così La donna del bandito (esempio fulgido di traduzione scriteriata dal titolo originale They Live by Night). Nicholas Ray viene quindi proiettato nella settima arte con la possibilità (che raramente ritroverà nel corso della sua carriera) di realizzare liberamente quanto le sue intuizioni gli suggeriscono. Va detto che nel romanzo troviamo alcuni elementi tipici dell’universo artistico del cineasta: l’adolescenza ferita dalla violenza del mondo, l’intensità distruttiva delle relazioni sentimentali, la ricerca del paradiso perduto… Da questo materiale, Nicholas Ray ricava un’opera prima di notevole originalità perché in qualche misura rinnova gli stilemi classici del noir e, come ha affermato Jean-Luc Godard, realizza “un film di serie B in termini di budget, ma un film di serie A in termini di ambizione”!
Non solo: il film rivela una abilità formale notevole fin dall’introduzione che mostra due giovani innamorati inseriti in un quadro estremamente ristretto. Bowie e Keechie si baciano teneramente mentre la telecamera li accarezza. Nicholas Ray sembra invitare lo spettatore nel paradiso dei suoi eroi quando, all’improvviso, i giovani si girano verso la telecamera, turbati nella loro comodità, socchiudono gli occhi e si proteggono il viso: ecco che il paradiso non esiste più! L’azione invece incomincia con una ripresa dall’alto di un’auto che sfreccia su una strada deserta da cui i passeggeri scendono per correre in cerca di un rifugio: una sequenza perfetta per offrire una visione dell’emergenza in cui vivono gli eroi di Ray!
Nella sua visione del mondo, Ray prevede la distruzione dell’eroe perché la società è violenza e ogni successo è solo materiale. Nel corso della storia vediamo che i personaggi si concentrano sull’unico obiettivo di raccogliere soldi e il denaro finirà con il corromperli, fino alle conseguenze estreme. Bowie avrebbe potuto restare con Keechie dopo il primo furto eppure Chicamaw li ritrova perché gli mancano i soldi e deve correre nuovamente dei rischi. Bowie allora prova a resistere, tenta un rifiuto ricevendo schiaffi e minacce che lo spingono a sottomettersi a questa logica. La donna del bandito è un’opera che descrive la crudeltà degli uomini. A parte i nostri due eroi, nessun personaggio prova compassione. Sembra che tutti si stiano distruggendo. Sotto questo aspetto, Chicamaw è affascinante: straordinariamente interpretato da Howard da Silva, con il suo occhio spento e il suo volto sinistro incarna un demone che attirerà la violenza e precipiterà il destino di Bowie. Ma Ray non è un artista del tutto senza speranza e il film ne lascia uno spiraglio, simboleggiato dal bambino che Keechie aspetta e nel quale Bowie ripone tutte le sue ultime speranze (“Prenditi cura di lui” scrive nella sua ultima lettera)…
La visione ancora piuttosto manichea che La donna del bandito esprime è tuttavia sfumata dall’interpretazione di Farley Granger, giovane attore scoperto da Sam Goldwyn poco prima della guerra che verrà consacrato da mr. Hitchcock in Nodo alla gola (1948). I tratti quasi adolescenziali dell’attore sono ideali per questo ruolo e, perfettamente diretto da Nicholas Ray, Granger mostra di subire gli eventi e di esprimere i suoi sentimenti solo attraverso il contatto con Keechie. Granger dimostra un vero talento come attore e la sua interpretazione rimane molto interiorizzata.
Una volta girato il film non uscì sugli schermi! La guida dello studio venne affidata ad Howard Hughes che conservò La donna del bandito nei depositi per tre anni facendolo uscire nelle sale nel 1949, quando finì completamente inosservato al grande pubblico americano. Solo la critica e il pubblico europeo resero giustizia alla pellicola che, quando uscì a Londra, ebbe finalmente il successo meritato. Qualche anno dopo, la nouvelle vague francese elogiò il genio di Ray e Godard si ispirò direttamente a quest’opera quando diresse il finale di Fino all’ultimo respiro.
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