The Prisoner of Second Avenue di Neil Simon era basato sul suo grande successo a Broadway, rappresentato per due anni a partire dal 1971. I protagonisti erano Peter Falk e Lee Grant. Lo spettacolo ebbe grande risonanza tra il pubblico dell’epoca anche se era un testo insolitamente cupo per il suo autore. Una cupezza che emergeva anche nei film di Hollywood del periodo e che rendeva dubbioso Simon nell’accettare o meno di portare la sua opera teatrale sul grande schermo: riteneva che il materiale fosse troppo inquietante per il suo pubblico abituale, ma alla fine acconsentì di scrivere lui stesso la sceneggiatura. Si fidava di Melvin Frank, che aveva una lunga storia nella regia di commedie di grande successo. Così come era entusiasta della decisione di scegliere Jack Lemmon e Anne Bancroft per la versione cinematografica. Due dei suoi più grandi successi cinematografici – La Strana Coppia e Un provinciale a New York – avevano come protagonista Lemmon e Simon non vedeva l’ora di lavorare per la prima volta con Bancroft.

Per molti versi, Il prigioniero della Seconda Strada (The Prisoner of Second Avenue, 1975) assomiglia a Un provinciale a New York perché la sceneggiatura è ambientata nella città che Simon chiamava casa in un momento in cui massimo era il malessere tra i residenti di Gotham a causa dell’aumento della criminalità, dell’instabilità finanziaria e dei contrasti razziali. In Un provinciale a New York, Lemmon e Sandy Dennis interpretavano una coppia in visita a New York City, assediata da una serie di incidenti e crimini potenzialmente tragici che Simon sviluppa abilmente con effetti comici. Ne Il prigioniero della Seconda Strada, Lemmon e Bancroft affrontano essenzialmente gli stessi scenari dal punto di vista di orgogliosi newyorkesi che rifiutano di cedere al caos urbano in corso che invade la loro esistenza quotidiana. Lemmon è Mel Edison, un dirigente di mezza età di una società in fallimento, che deve far fronte all’atmosfera deprimente di un’azienda in cui tutti sono in attesa di essere licenziati. È nervoso e si lamenta continuamente del decadimento del condominio dove abitano, un tempo lussuoso, che condivide con la sua fedele e sempre paziente moglie Edna, Anne Bancroft. Gli ascensori del loro appartamento al 14° piano funzionano a singhiozzo, la fornitura d’acqua è irregolare, così come l’aria condizionata, il portiere (M. Emmet Walsh) è avido e inetto, due procaci assistenti di volo della porta accanto tengono svegli Mel e sua moglie tutta la notte facendo sesso rumoroso con i loro amanti. E Mel è costantemente impegnato in una faida verbale con i vicini del piano di sopra a cui sbraita dal balcone sottostante (“Rispetto, certo che ho rispetto, del mio signor culo ho rispetto, del mio… signor… culo!”, e si prende l’inevitabile secchiata d’acqua). Come se non bastasse, il loro appartamento viene saccheggiato e derubato. Tutto questo si svolge nel mezzo di un’ondata di torrido caldo estivo. La depressione di Mel aumenta quando accade l’inevitabile e viene licenziato. Edna è costretta a tornare alla sua antica professione di assistente per produzioni teatrali, cosa che riduce ulteriormente l’autostima di Mel.

Ai guai di Mel si aggiungono le scaramucce periodiche con suo fratello maggiore Harry (l’attore/regista Gene Saks in un’ammirevole performance comica), che apparentemente vuole aiutare Mel. Tuttavia, non può fare costantemente a meno di ricordare quanto abbia immensamente più successo di suo fratello minore, riaprendo così vecchie ferite tra i due che risalgono alla loro infanzia travagliata (“Sono tuo fratello da cinquantacinque anni!”, “Quarantotto: sette sono tutti tuoi”).

C’è molto da scavare ne Il prigioniero della Seconda Strada in termini di approfondimento delle relazioni e di gestione delle questioni sociali su una costruzione molto più profonda di quanto ci si potrebbe aspettare da una “tipica” commedia di Neil Simon. Per gran parte del film, Mel è un piagnucolone antipatico che si impegna in invettive verbali contro la sofferente Edna mentre si abbandona anche a infiniti attacchi di autocommiserazione. Gironzolando per l’appartamento da solo, si dedica all’ascolto della radio diventando un sostenitore delle stravaganti cospirazioni politiche esposte dai vari conduttori di programmi demenziali, dimostrando che alcune abitudini non cambiano mai. Proprio quando il personaggio raggiunge un apice insopportabile, Simon ribalta abilmente la situazione facendo calmare Mel dopo aver avviato un sostegno psicologico e trasformando Edna in una presenza mostruosa e lamentosa in casa quando deve assorbire l’intero peso di lunghe ore di lavoro per mantenere la famiglia.

L’epilogo farà emergere due persone buone e amorevoli che cercano solo di sopravvivere nella giungla urbana, con un finale edificante raccontato con una risata liberatoria (scena straordinaria, perché vera e non eliminata dal regista, che attesta la grande empatia tra Lemmon e Bancroft).

Melvin Frank ottiene performance superbe dai due protagonisti, che appunto mostrano una grande intesa sullo schermo, il tutto è accompagnato dalla disinvolta colonna sonora di Marvin Hamlisch e dalla raffinata fotografia di Philip Lathrop. Un cult la scena in Mel si convince che il giovane (Sylvester Stallone) che ha incontrato al parco lo ha derubato del portafoglio. Ne segue un folle inseguimento dove Mel raggiunge il giovane e recupera il maltolto… salvo rendersi conto, una volta a casa, che il portafoglio era proprio del ragazzo!

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