Quando il protagonista Claude Hooper Bukowski (John Savage) lascia le campagne dell’Oklahoma per raggiungere New York, dove vuole arruolarsi nell’esercito e partire per combattere in Vietnam, incrocia a Central Park un manipolo di hippie che attira la sua attenzione. Dall’intraprendente Berger (Treat Williams) alla bellissima Sheila (Beverly D’Angelo), le personalità del gruppo lo affascinano e Claude sceglie di passare con loro la notte. Al mattino, un gruppetto di cinque decide di recarsi a casa della ragazza – in realtà la figlia di un ricchissimo uomo d’affari – per sconvolgere gli invitati al party previsto per il suo compleanno. La festa finisce con l’irruzione della Polizia, che trascina i ragazzi in galera. Fortunatamente i giovani riescono a pagare la cauzione per ritrovarsi a Central Park, dove tra Claude e Sheila sembra nascere una reciproca simpatia. Tutto però è rovinato da uno scherzo inopportuno che la ragazza prende male al punto da sparire nella notte a bordo di un taxi. Dopo il suo primo trip con l’LSD, Claude si reca all’ufficio di leva per essere smistato a un campo di addestramento. Berger avverte Sheila e gli amici più intimi e – con uno stratagemma – riescono a sostituire il ragazzo con Berger, che parte per il Vietnam al posto dell’amico. Mentre Bukowski e Sheila possono vivere il loro amore, Berger viene ucciso in guerra: il film si chiude con l’iconica scena della visita degli hippie alla tomba dell’amico, mentre una folla multicolore irrompe, circondando la Casa Bianca al canto di Let the Sunshine in

Questa in breve la sinossi di Hair. Quando venne realizzato – inizialmente la trasposizione sul grande schermo del musical  scritto e diretto dagli sceneggiatori e compositori italoamericani Gerome Ragni e James Rado venne proposta a George Lucas, che declinò perché impegnato in American Graffiti – l’ondata di interesse per la guerra in Vietnam, il pacifismo e la libertà sessuale era scomparsa da tempo. Reduce dallo straordinario successo di Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) Miloš Forman era pienamente consapevole di questo cambiamento di sensibilità, eppure riuscì a realizzare un’efficace parabola antimilitare, piena di tenerezza, di immagini psichedeliche e di pezzi musicali celeberrimi, nata dopo un’intera decade, in un periodo nel quale la ribellione degli anni Sessanta significava ormai solo un nostalgico ricordo. Il produttore del film Lester Persky lasciò carta bianca al regista che ebbe a disposizione un budget di dieci milioni di dollari, il suo fotografo di fiducia, Miroslav Ondříček e può disporre di Twyla Tharp, una delle migliori coreografe sulla piazza. Inoltre, i librettisti Gerome Ragni e James Rado, oltreché il compositore Galt Mc Dermot, autori dello score originale, accettano con pazienza i suggerimenti del regista e del cosceneggiatore Michael Weller (il più importante dei quali riguarda il finale, che destina a Berger la morte originariamente prevista per Bukowski).

Per quanto riguarda le musiche, nel film vennero escluse alcune canzoni famose quali The BedDead EndOh Great God of PowerI Believe in LoveGoing DownAirMy ConvictionAbie BabyFrank Mills What a Piece of Work is Man mentre altre accorciate (Manchester England), modificate (Walking in Space), o destinate a un altro personaggio. Appositamente per il film fu scritta Somebody to Love. Alle solite audizioni per identificare i volti a cui affidare le parti principali, si aggiunsero quelle per il cast delle voci e in entrambi i casi a Forman venne lasciata carta bianca. Gli esiti non sempre furono fortunati e lo stesso regista cecoslovacco ammise più volte di aver scartato nientemeno che Bruce Springsteen. 

Con Hair Forman realizzò un nuovo approfondimento sul tema personale più sentito, quello del conflitto individuale con la società che richiede adattamento e ubbidienza. Il film fu recepito come satira sia sulla dogmatica famiglia statunitense che su tutta la società conservatrice, derisa da hippie disinvolti e in parte infantili. “Ho composto Hair come manifesto della libertà per sé stessa. Ero entusiasta che questo paese (gli Stati Uniti, nda) fosse così libero da riuscire a guardarsi allo specchio e vedere anche il proprio lato oscuro” affermò Forman. Una dichiarazione d’intenti che probabilmente spiega la ragione del successo del film nel paese d’origine del regista: dopo la presentazione ufficiale fuori concorso al Festival di Cannes, la pellicola arrivò anche nella Cecoslovacchia comunista dove la gente aspettava tutta la notte in fila per i biglietti. Per diverse generazioni di cechi Hair divenne un manifesto dell’agognata libertà, ben lontano da quella critica ai giochi di potere statunitensi che era l’interpretazione ufficiale fornita dal regime comunista e che, per ironia del destino, fu l’unico motivo che consentì a questa pellicola del regista fuggitivo di essere proiettata anche nella Cecoslovacchia totalitaria. 

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