Nel 1981 la Universal Pictures affidò a John Carpenter il remake del classico di fantascienza La cosa da un altro mondo (The Thing from Another World) di cui il regista era talmente appassionato da inserirne una scena nel suo Halloween – La notte delle streghe (Halloween, 1978). Il risultato, La cosa (1982), è un film horror adattato dal racconto di John W. Campbell Jr Who Goes There? dai tratti estremi e nichilisti, paragonabile per le caratteristiche claustrofobiche al quasi contemporaneo Alien (1979) di Ridley Scott.
La trama. Il quieto tran tran della base scientifica statunitense in Antartide viene interrotto dai colpi di fucile diretti da un elicottero contro un cane in fuga sulla neve. L’equipaggio del velivolo proveniente dalla vicina base norvegese sembra impazzito e spara anche contro i colleghi americani, guadagnandosi l’inevitabile pallottola che pone fine una volta per tutte al loro volo. Sconvolti dall’episodio, gli americani decidono di indagare sull’origine dell’accaduto: il pilota MacReady (Kurt Russell) e il dottor Copper si recano nell’accampamento vicino, incontrando però solo devastazione e tutti i suoi occupanti morti in modalità misteriose. Trovano anche il ripugnante corpo carbonizzato di una creatura non identificata con due teste e decidono di portarlo con loro. I risultati dell’autopsia e delle analisi del dottor Blair saranno l’inizio di un incubo: gli uomini hanno a che fare con un alieno che imita alla perfezione le altre forme di vita, grazie alle sue cellule che inglobano quelle delle creature terrestri. La loro missione diventa quindi una lotta per la sopravvivenza per evitare che “la cosa” possa raggiungere la civiltà e infettare in poco tempo l’intero pianeta…
Quando iniziò a dirigere La cosa nel 1982, John Carpenter era all’apice della sua carriera. Reduce dal successo di critica e pubblico di 1997: Fuga da New York (Escape from New York, 1981), Carpenter è allora riconosciuto come il maestro del cinema horror che ha in parte rivoluzionato imponendo con Halloween i codici dello slasher. È quindi con una libertà di movimento piuttosto ampia e mezzi relativamente considerevoli – il budget di 15 milioni di dollari, tra i più alti mai messi a disposizione del regista, permette perfino l’ingaggio di Morricone per la colonna sonora anche se la collaborazione tra Carpenter e il maestro italiano fu burrascosa e costellata di incomprensioni – che si mette al lavoro, realizzando un film crepuscolare dalla profonda oscurità.
Carpenter optò per una scelta di grande intelligenza rendendo deliberatamente la telecamera l’unica fonte di informazioni per lo spettatore, non posizionandola tuttavia sempre dove dovrebbe essere. In questo modo alla fine del film rimangono diverse zone grigie, in particolare sul modo in cui alcuni membri della Stazione 31 sono stati contaminati: un’incongruenza solo apparente perché ne La cosa tutto è già deciso in anticipo e il nulla nevoso che circonda la stazione annuncia fin dalla prima inquadratura che non esiste via di fuga. L’ultima scena del film illustra perfettamente il pessimismo del regista. La stazione sta bruciando e presto assomiglierà alla base norvegese. I superstiti MacReady e Childs si contemplano in campo-controcampo e aspettano: uno di essi è la cosa, mentre l’altro verrà ucciso dal mostro o dal freddo polare. Sono già morti, ma non lo sanno.
Per aumentare l’impatto visivo, Carpenter filmò in primo piano tutte le metamorfosi della creatura con grande dettaglio e precisione. Lo shock traumatico delle immagini è dovuto all’eccellente lavoro di Rob Bottin, giovane (23 anni all’epoca del film) ma già apprezzato tecnico degli effetti speciali affermatosi pochi mesi prima con il suo lavoro per il film di Joe Dante L’ululato (The Howling). Pieno di immaginazione e molto ambizioso, Bottin si ritagliò una forte presenza nello sviluppo de La cosa sottoponendo a Carpenter idee di tutti i tipi, comprese quelle completamente folli e apparentemente irrealizzabili. Inizialmente scettico, il regista finì per dargli carta bianca, così che Bottin potè dedicarsi instancabilmente al suo lavoro (al punto da avere un esaurimento nervoso) per creare effetti del tutto nuovi per l’epoca, volti a materializzare l’impensabile (una pancia che si divide in una bocca dentata, zampe di ragno che spuntano da una testa, corpi che si fondono ecc.). Filmare questi effetti soddisfaò completamente l’intento di Carpenter di mostrare ciò che nessuno ha mai visto prima, ma soprattutto ciò che nessuno avrebbe potuto immaginare di vedere un giorno. La forza di queste scene deriva anche dal rischio legato alla loro ambizione: nessuno sapeva cosa aspettarsi prima di gridare “Azione!”…e a dire il vero neanche dopo, se consideriamo l’accoglienza riservata al lavoro di Bottin (apprezzato dagli appassionati e invece giudicato grottesco dai critici).
Al momento della sua uscita, La cosa deluse le attese risultando un film incompreso e mal accolto al botteghino. Eppure il tempo saprà fare giustizia: grazie alle VHS e allo sviluppo dei negozi di video, negli anni successivi gli spettatori più accaniti poterono rivalutare il film. La cosa, nell’immaginario cinematografico, fu presto sospettato di essere uno dei migliori film di Carpenter, se non addirittura il suo capolavoro.
Lascia un commento