Lo scrittore e accademico Georges Duhamel (Premio Goncourt 1918 per il suo Civilisation) iniziò nel 1920 un ciclo romanzesco interamente dedicato a un perfetto antieroe: Louis Salavin. Il primo di questi romanzi Confessione di mezzanotte (Confession de minuit), inserito da Le Figaro tra i migliori della prima metà del Novecento insieme ad altre undici opere di autori come Proust, Malraux e Gide, è stato di recente tradotto in Italia per la prima volta dalla casa editrice indipendente Ago.
La trama è molto semplice, quasi inesistente. Louis Salavin è un piccolo impiegato, un passacarte che appena finito il lavoro torna dalla madre con cui vive nella parigina rue du Pot-au-fer. Louis ha circa 30 anni, non ha una fidanzata, non ha ambizioni. Ha un solo amico, Octave Lanoue, che si è appena sposato con Marthe e ha avuto un figlio di cui Louis è il padrino. Quando si vedono, gli amici non hanno molto da dirsi, separati come sono nel loro modo diametralmente opposto di vivere: per Octave la banalità delle giornate è del tutto naturale, per Louis una sorda angoscia.
Un giorno, convocato nell’ufficio del titolare dell’azienda per cui lavora, il signor Sureau, senza nessun preavviso o motivo apparente Louis Salavin cede senza alcun ritegno all’istinto di toccare il magnetico orecchio del principale. “Per mille ragioni che intravedevo confusamente, mi diveniva necessario toccare l’orecchio del signor Sureau, dimostrare a me stesso che quest’orecchio non era una cosa proibita, inesistente, immaginaria”1. Questo gesto irrefrenabile e insolito ha gravi conseguenze per Louis che perde immediatamente il lavoro e verrà condannato per mesi a consumare i suoi pomeriggi oziando sul divano oppure, nella migliore delle ipotesi, girando senza convinzione per Parigi alla ricerca di un nuovo lavoro.
Fondamentalmente Louis Salavin è un antieroe, ma la sua specificità è quella di essere iperconsapevole del suo rapporto problematico, perfino deviante, con il mondo. “Allora non sono libero? Allora l’individuo è circondato, come i paesi marittimi, da uno spazio inviolabile dove uno straniero non può navigare senza autorizzazione?”2 si chiede. Se la sua vicenda lo rende protagonista di una vicenda paradossale – in questo senso, Salavin sembra uscito dalle pagine di Gogol’ – la piena cognizione della sua condizione esistenziale lo avvicina al contemporaneo Josef K. (Il processo venne pubblicato nel 1925) e, probabilmente ancora di più, a Meursault. Eppure la creazione di Duhamel resta ancora un passo indietro rispetto a quelle di Kafka e Camus: “non è colpa mia, non sono io il padrone” confida a uno sconosciuto, come se ancora nel 1920 servisse una causa oggettiva per farsi carico del peso della colpa…
Tuttavia la modernità del personaggio di Duhamel – nonostante il secolo trascorso Confessione di mezzanotte è ancora attuale e vicino – è ancora capace di chiamare in causa il lettore con le sue contraddizioni, le incertezze che palesa e l’irresolutezza ai limiti dell’inettitudine. Salavin è un uomo comune e il suo difetto è ancora più grave proprio perché non ha niente di eccezionale: incarna il sentimento di inutilità dell’uomo alla ricerca del senso della sua esistenza e nel confronto con un mondo che gli sfugge. In questo, Louis Salavin è sicuramente uno dei pionieri della letteratura, ci dà accesso a uno sgomento universale che segnerà la letteratura del dopoguerra con il sentimento dell’assurdo. Vuole scalare una montagna che si sta sgretolando sotto di lui: in questo omino, così banale all’apparenza e quasi noioso, al centro di un’opera poco conosciuta, è prefigurata l’intera storia del XX secolo.
1 Georges Duhamel, Confessione di mezzanotte, Ago edizioni, Roma, 2023 – pag. 13
2 Pag. 21
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