Leggere Leonard Michaels, il grande scrittore di racconti e saggista americano, significa scandagliare le miriadi di impossibilità che la vita ci propone, tra cui la felicità e la conoscenza di sé e le loro declinazioni nella vita matrimoniale o in quella da single. Eppure lo scrittore ha prodotto un corpus di opere scarno e lapidario caratterizzato da frasi pulite e taglienti, meno scritte che cesellate, che erano il suo marchio di fabbrica. Dopo la sua morte, nel 2003, ha raggiunto una sorta di anti-celebrità: come è possibile che un maestro dei racconti, ammirato da Susan Sontag e Philip Roth sia così poco riconosciuto? Nei momenti più cupi, Michaels si incolpava: forse il suo perfezionismo aveva qualcosa a che fare con ciò.

Michaels iniziò a pubblicare mentre la narrativa ebraica fioriva in America: gli anni 1965-1975 videro attivi contemporaneamente Bellow, Philip Roth, Malamud. Nel frattempo, in riviste piccole e oscure come Atlantis ed Eureka Review, i fortunati lettori scoprivano Michaels. Coetaneo dell’autore di Pastorale americana, Michaels aveva trentasei anni quando fu pubblicata la sua raccolta Going places (1969). Le sue storie ambientate a New York sono intense, vibranti e strane e presentano il suo alter ego Phillip Liebowitz durante l’adolescenza, il periodo in cui ciascuno di noi pensa di poter essere qualcosa di speciale ma si trova ancora pieno di dubbi su sé stesso. Con Going places, Michaels ha ottenuto il riconoscimento che meritava e quando Susan Sontag nominò i suoi libri preferiti del 1969, scelse Going places definendo Michaels “il più impressionante nuovo scrittore americano apparso negli ultimi anni” e mostrando di considerarlo un europeo onorario, serio, esotico, profondamente in sintonia con le correnti più oscure della natura umana.

La seconda raccolta di racconti di questo autore I’d have saved them if I could (1975) – meno violenta, più personale di Going Places – lo ha confermato come un originale. I vecchi ammiratori applaudirono (ancora la Sontag ebbe parole di lode per il nuovo lavoro di Michaels) e perfino i critici più scettici si accorsero della qualità letteraria di Michaels. Tuttavia, quando furono annunciati i premi più importanti, Michaels fu trascurato, una sorta di presagio del destino che gli sarebbe stato riservato negli anni a seguire.

Per fortuna dei lettori italiani, l’intera raccolta di short stories di Michaels è stata pubblicata di recente per la prima volta nel nostro paese dalla casa editrice Racconti. Un percorso di trentotto storie interconnesse tra loro raccolte con il titolo Potendo, li avrei salvati che è un vero e proprio capolavoro e un’esplorazione del mondo di un fuoriclasse del genere. “Quando si scrive un racconto non sono permessi errori. È una forma pura, magica” ha dichiarato Michaels e Potendo, li avrei salvati offre un saggio della maestria di un autore che pesa ogni parola, costruisce architetture di emozioni e tratteggia personaggi dalle storie fortemente paradigmatiche della condizione umana.
La casa editrice romana colma così una lacuna: di Michaels erano finora disponibili in Italia i due romanzi Il club degli uomini (Einaudi), che sarebbe diventato anche un discusso film con Harvey Keitel e Roy Scheider, e Sylvia (Adelphi) ispirato al suo primo matrimonio culminato col suicidio della moglie.

Autore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Trending