È il 1811. L’impero napoleonico ha raggiunto il suo massimo fulgore. Sullo scacchiere europeo soltanto la Russia si oppone ancora allo strapotere delle armate francesi. Uno scrittore tedesco ancora giovane, il cui astro, dopo alcuni successi, sembra già declinare, compone un dramma che vorrebbe celebrare lo spirito guerresco e la disciplina militare prussiani. Il suo nome è Heinrich von Kleist, e oggi riconosciamo in lui uno dei massimi esponenti del Romanticismo europeo; e ne Il principe di Homburg il suo capolavoro. Ambientata nel 1675, all’epoca delle campagne del Brandeburgo contro la Svezia e della vittoriosa battaglia di Fehrbellin, l’opera invita naturalmente a una lettura legata alla contemporaneità. Alla volontà di riscossa e di affrancamento del popolo tedesco dall’odiato dominatore francese.

Non è soltanto l’afflato patriottico a spingere Kleist verso la scelta del soggetto del suo dramma. Discendente da una famiglia che annovera nel suo albero genealogico generali e marescialli, ha ripudiato assai presto la carriera militare in favore degli studi di matematica, fisica, diritto e filosofia e, in seguito, dell’impegno letterario, e ha condotto una vita raminga, che il suo biografo più illustre, Stefan Zweig, riassume così: “non c’è punto della Germania in cui quest’uomo senza pace non sia andato, non c’è città in cui l’eterno senzapatria non abbia abitato. È quasi sempre in viaggio. […] La vita di Kleist non è una vita ma tutta una corsa verso la fine, un inseguimento tremendo, con la sua ebbrezza animalesca di sensualità e di sangue, di crudeltà e di dolore, col fremito di tutte le fanfare dell’eccitazione e l’esultanza per aver fiutato l’orma. Tutta una muta di sventure lo incalza alle calcagna: si getta nella macchia come un cervo inseguito, talvolta, con rapido cambiamento di volontà, afferra uno dei cani del destino che l’incalzano, abbatte la sua vittima – tre, quattro, cinque opere fervide, ghermite dall’impeto della passione -, e continua a correre sanguinando per la macchia”1.

Un ritratto di Heinrich von Kleist

Superata da poco la soglia dei trent’anni, segnato dall’incomprensione della società letteraria del suo tempo (con notevolissime eccezioni) e da più dolorosi fallimenti esistenziali, Kleist in quel fatidico anno 1811 prova il bisogno di riavvicinarsi al mondo della corte prussiana e dell’amministrazione statale. Ha bisogno di un riconoscimento della sua arte ma anche di stabilità economica, di un impiego che gli consenta di dedicarsi con sufficiente tranquillità alla scrittura. Progetta pertanto di offrire il manoscritto del Il principe di Homburg con dedica alla principessa Marianne, discendente dell’eroe vincitore a Fehrbellin protagonista dell’opera. Ma l’omaggio non sortirà l’effetto sperato. Un’analisi della trama e dei tratti principali del protagonista, che si allontanano con molta libertà dalla verità storica del principe Friedrich di Homburg, ci aiuteranno a capire il perché.

Il dramma si apre alla vigilia della battaglia contro gli Svedesi. Il Principe Elettore del Brandeburgo e altri dignitari della corte sorprendono il principe di Homburg, distintosi per il suo valore durante le fasi precedenti del conflitto, in stato di sonnambulismo, intento a intrecciarsi una corona d’alloro. Durante la stessa sera sono diramati i piani di battaglia, che gli affidano il comando della cavalleria; ma Homburg non li ascolta, perso nelle sue fantasticherie. L’indomani, senza attendere l’ordine d’attacco, muove la cavalleria contro il nemico e lo travolge, contribuendo alla conquista di una splendida vittoria; ma il Principe Elettore lo mette agli arresti e convoca la corte marziale, che lo condanna a morte. Dinnanzi ai preparativi per la sua esecuzione, Homburg perde la testa. Supplica la Principessa Elettrice e la principessa Natalia, nipote dell’Elettore, che ama essendone ricambiato, di intercedere per lui; è pronto ad ogni rinuncia pur di sopravvivere; la gloria, l’onore e l’amore hanno perso per lui ogni significato. Riacquisterà il coraggio necessario ad affrontare la sua sorte soltanto quando Natalia gli consegnerà in carcere una lettera del Principe Elettore, che si dichiara pronto a concedergli la grazia se Homburg pensa di aver subito un torto… Il finale richiama l’inizio del dramma  sotto il segno della fiaba e del sogno riaffermandone la profonda, fertile ambiguità, che ha reso possibile nei due secoli della sua vita interpretazioni quanto mai diverse e contrastanti da parte di studiosi e di registi teatrali. 

Una veduta delle rive del lago Wannsee

Non occorre forse aggiungere altro per comprendere, prescindendo da qualsiasi valutazione del valore artistico dell’opera, la reazione negativa della discendente dell’eroe di Fehrbellin alla lettura del dramma di Kleist. Nelle parole di Italo Alighiero Chiusano, “Homburg segue in maniera così pericolosa l’anima segreta, «maledetta», notturna del suo autore, da farsi contestare subito, con sdegno, da coloro che avrebbero dovuto accoglierlo con festa”2. Quasi insopportabile, anche per i lettori e gli spettatori moderni, è la scena in cui il protagonista perde ogni ritegno di fronte all’avvicinarsi dell’esecuzione, mentre la principessa Natalia conforta l’eroe e dimostrerà presto un’energia e una determinazione d’acciaio, volte a impedire che l’amato sia giustiziato, anche a costo di minare l’autorità del Principe Elettore. E Natalia è soltanto l’ultima in ordine di tempo delle figure femminili d’eccezione che popolano i lavori teatrali e i racconti di Kleist, dalla Pentesilea ad Alcmena nell’Anfitrione alla Käthchen di Heilbronn. Il lettore de La Marchesa di O…, uno tra i racconti più celebri di Kleist, difficilmente potrà dimenticarne l’incipit, che ci mostra tutto il coraggio della protagonista in una situazione estrema: “A M…, importante città dell’Alta Italia, la marchesa di O…, una vedova di ottima reputazione, madre di figli ben educati, fece pubblicare nei giornali che, senza sapere come, si trovava incinta e invitava il padre del nascituro a presentarsi, poiché per ragioni di famiglia era decisa a sposarlo”.3 Un racconto “scandaloso”, come tanta parte dell’opera kleistiana dovette apparire alla società del suo tempo.

Il principe di Homburg è terminato alla fine di giugno del 1811. Kleist non lo vedrà rappresentato; sarà pubblicato e andrà in scena per la prima volta dieci anni più tardi; da quel momento non abbandonerà più i teatri, arrivando ai giorni nostri con tutta la sua ricchezza di temi e di situazioni. Nel novembre dello stesso anno lo scrittore, rifiutato dalla famiglia con la quale aveva tentato un ultimo riavvicinamento, deluso e senza fonti di sostentamento, propone all’amica Henriette Vogel ciò che senza successo aveva già proposto alla cugina Marie von Kleist: un doppio suicidio. La donna, forse affetta da un male incurabile, accetta. I due si toglieranno la vita con un colpo di pistola la mattina del 21 novembre sulle rive del Wannsee, presso Berlino.

Un secolo dopo Franz Kafka riporterà nei suoi diari l’iscrizione che i von Kleist vollero sulla corona posta sulla tomba del poeta in occasione del centenario della morte: “al migliore della sua stirpe”.


  1. Stefan Zweig, “Kleist”, Castelvecchi Editore, Roma, 2016
  2. Heinrich von Kleist, “La brocca rotta. Anfitrione. Il principe di Homburg”, a cura di Italo A. Chiusano, Garzanti Editore, 1984
  3. Heinrich von Kleist, “I racconti”, traduzione dal tedesco di Ervino Pocar, introduzione di Giuliano Baioni, Garzanti Editore, 1977

Autore

2 risposte a “Un eroe problematico. “Il principe di Homburg” di Heinrich von Kleist”

  1. Buongiorno, complimenti, bell’articolo!

    1. Avatar Alessandro Garavaglia
      Alessandro Garavaglia

      Grazie Maurizio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Trending