Albero come albero della vita, sempre più percepito come risorsa fondamentale per il pianeta e per l’uomo. Radicamento e immaginazione: un simbolo forte che attraversa la Storia. In Italia si stimano circa cinquemila alberi monumentali, tra cui spiccano il millenario “castagno dei cento cavalli” a Catania e la “quercia delle streghe” a Capannori, in provincia di Lucca, oggetto di leggende e racconti. Collodi ambientò alcune scene del celebre “Pinocchio” proprio sotto la quercia di Capannori. Gli alberi non hanno ancora i diritti che si meritano e non vengono lasciati invecchiare in pace. A Milano, invece di cambiare la viabilità e onorare il vetusto “platano di Giannasi” ultracentenario, si è preferito tagliarlo. Ed è uno dei tanti tagli dissennati, culminati con la vergognosa distruzione dei larici secolari a Cortina per costruire una pista di bob. 

Tenta però di far loro da scudo una letteratura ambientalista le cui radici affondano lontano, addirittura nell’infanzia di molte persone. Fortunati i bambini che hanno letto Anna dai capelli rossi di Lucy Maud Montgomery e Il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett. Entrambi scritti da donne nei primi anni del Novecento, descrivono, scegliendo il modo del romanzo di formazione, l’essenza salvifica della natura, con la quale le due protagoniste, due bambine orfane, hanno un rapporto privilegiato.

Lucy Maud Montgomery

Per quanto Montgomery avesse posizioni apertamente conservatrici, tanto da rivendicare di non essere una suffragetta, le sue vicende si sviluppano in un “universo femminista” fatto di eroismo e fuga dalla realtà: Anna è, infatti, il tramite con la natura e con i nativi americani che lei cerca di proteggere. Si accorge di ogni arbusto del verde angolo in cui è immersa, l’isola del Principe Edoardo nel golfo di San Lorenzo, in Canada: dalle betulle del bosco dove prende il tè, al ciliegio davanti alla sua finestra, a cui dà persino un nome, “la signora delle nevi”.

Con Burnett ci spostiamo nella brughiera inglese dello Yorkshire Moors, a Misselthwait manor, dove Mary girovaga in mezzo alle ginestre e scopre, all’interno del palazzo, un giardino segreto abbandonato di cui lei si prenderà cura, insieme alla precaria salute di un giovane cugino. Non è solo un delicato classico che difficilmente si dimentica, ma anche un libro rivoluzionario nella storia della pedagogia, in quanto capovolgeva l’approccio educativo dell’epoca, esaltando i giochi all’aria aperta, l’amicizia tra sessi opposti, la capacità dei ragazzi di imparare da soli, senza alcuna supervisione. Una storia di cambiamento e rinascita, intrisa di misticismo e di pensiero positivo, dove il giardino diventa “luogo dell’anima”.

E quanti bambini hanno sognato una casa sull’albero, per sfuggire alla dimensione adulta del mondo? Arrampicarsi sugli alberi è un modo immediato per mutare prospettiva, come sceglie di fare Cosimo, ne Il barone rampante di Italo Calvino, pubblicato nel 1957 e ambientato nella Liguria settecentesca. Dopo un banale litigio con i genitori, Cosimo si arrampica sugli alberi e non ne scende mai più, costruendo una vita alternativa lunga e avventurosa nel fogliame, per finire ad aggrapparsi a una mongolfiera di passaggio e lasciarsi poi cadere in mare. Calvino si ispirò al racconto di Sal Scarpitta, un ragazzo americano che, negli anni Trenta, era uno dei tanti “tree-sitter”, ovvero gli studenti che facevano a gara per restare il più a lungo possibile a cavalcioni sui rami.

Ritroviamo tutte queste suggestioni, insieme a parecchie altre, nel premio Pulitzer del 2019, Il sussurro del mondo di Richard Powers (titolo originale The overstory, lasciando intendere una “understory”), arrivato in un momento più che mai necessario, poiché erano al potere i presidenti Trump e Bolsonaro, serie minacce per l’ambiente e il patrimonio forestale. Eppure, quel Pulitzer non è stato una vittoria politica: è un romanzo emozionante, suddiviso in quattro sezioni – radici, tronco, chioma, semi – che corrispondono ad altrettante narrazioni, intrecciandosi come le sue fronde. Si parte dalle teorie della biologa Suzanne Simard, che sostiene la capacità di comunicare degli alberi grazie alle reti fungine nell’apparato radicale, per arrivare a Julia Butterfly Hill, la ragazza che divenne famosa per aver vissuto più di tre anni su una sequoia millenaria, riuscendo così a evitarne l’abbattimento. Un viaggio nelle magnifiche foreste americane, da quelle di chestnut che, un tempo, rappresentavano gli Stati Uniti, poi decimate da unparassita, ai santuari delle giant redwood (“sequoia” è probabilmente il nome cherokee). Le più imponenti e famose redwood, oggi, sono “il generale Sherman”, il più grande organismo vivente, e “Shady Dell”, in California. 

Un castagno americano, un gelso, un acero, un ficus e, ovviamente, la sequoia “Mimas”, il cui vero nome è “Luna”: ciascuno di essi ha un legame profondo con uno dei personaggi e con la sua famiglia, al punto da costitutuire il filo conduttore degli avvenimenti – trame inventate, in cui riusciamo a scorgere le fonti di ispirazione. Un romanzo potente e commovente che sorprende, ammonisce e suscita sentimenti primordiali come la rabbia. Il finale, volutamente cupo, vuole ricordare all’umanità che non sono gli alberi ad avere bisogno di noi, ma siamo noi a dipendere da loro per la nostra sopravvivenza.

Richard Powers

Vorrei concludere la passeggiata con una preghiera. Quale preghiera migliore se non una poesia di Mariangela Gualtieri? Fondatrice del teatro Valdoca e drammaturga, vestale di una natura che sembra parlare con il timbro caldo e vellutato della sua voce. L’amore per la Terra, la connessione con le altre specie, l’ecologia e l’accudimento sono alcuni dei temi che possiamo leggere tra i suoi versi. Le sue raccolte più famose sono forse Fuoco centrale e Bestia di gioia, ma la sua produzione è davvero sterminata e si accompagna alle innumerevoli letture dal vivo – toccante quella davanti a una platea vuota, durante la pandemia di Covid. La letteratura stringe un legame sempre più saldo con la natura per cercare di riappropriarsene e di difenderla contro il dilagare dell’umano, anche se “non siamo così potenti come crediamo, da far finire il mondo”.

“Tengo solo ombra. E non si sradica.
Più in là le eternità vostre troneggiano nel loro silenzio statico
come scranno su cui voi state regnanti
come punto del ritorno. Da questa sporgenza
io sondo le larve interiori le essenze durevoli 
che mi furono infuse prima, molto prima.”

Autore

6 risposte a “Per arborea ad astra”

  1. Avatar Donatella Zucchini
    Donatella Zucchini

    Mi lascio trasportare dalle tue parole in una galleria verde che mi dà, anzi ci dà la forza di sperare in un futuro proprio grazie a loro, all’abbraccio degli alberi. BRAVA

    1. Avatar Cristina Caloni
      Cristina Caloni

      Grazie! Ogni tanto serve un po’ di ottimismo. D’altra parte, curare le piante è un’ottima terapia

  2. Bravissima Cristina, mi hai fatto sognare un mondo pieno di piante di ogni tipo che trattiamo come amici e con cui parlare .Sono gli alberi che salvano il nostro pianeta .

    1. Avatar Cristina Caloni
      Cristina Caloni

      Ciao Paola. È bello trovare persone che hanno la mia stessa sensibilità: speriamo che questa attenzione sia contagiosa

  3. Che voglia di arrampicarsi adesso!! Credo andrò a cercare rifugio sugli alberi di casa mia così Emilia imparerà a far lo stesso.
    Bellissimo articolo Cristina, mi ha fatto tornare bambina speranzosae concreta!

    1. Ciao Erika 💚 sono contenta di averti fatto sognare un po’. Chissà, magari alla tua bimba quei libri piaceranno come a noi. Il sussurro del mondo è davvero bello, fidati. Un abbraccio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Trending