Quattro uomini armati (i signori Blue, Green, Gray e Brown) prendono in ostaggio un vagone della metropolitana di New York e minacciano di uccidere i passeggeri uno alla volta se la città si rifiuterà di consegnare loro un milione di dollari in contanti. “Una presa di ostaggi nella metropolitana! Non potevano dirottare un aereo, come tutti gli altri?” è la reazione disillusa e beffarda del tenente Zachary Garber (Walter Matthau), responsabile della sicurezza ferroviaria, che deve fare i conti con un gruppo di delinquenti determinati e violenti guidati con rigida fermezza da un ex-mercenario (Robert Shaw). Chi vincerà? I quattro porteranno a termine il loro piano oppure la polizia riuscirà a catturarli e a portare in salvo gli ostaggi?

È alla penna acida di Peter Stone (lo sceneggiatore di Sciarada e Arabesque di Stanley Donen), che si devono le battute pungenti e le raffiche di insulti che punteggiano Il colpo della metropolitana – Un ostaggio al minuto (1974), formidabile thriller urbano adattato dal  romanzo di John Godey e diretto con inarrestabile efficienza da Joseph Sargent. Sargent può essere considerato soprattutto un regista per la TV, dove ha contribuito dagli anni Cinquanta ai Duemila ad alcune tra le serie più importanti. Ma non dobbiamo dimenticare una decina di film per il grande schermo, con un picco all’inizio dei Settanta quando si affermò come un cineasta di cui gli studios si fidavano, capace di lavorare in modo efficiente e di rispettare scadenze e budget di produzione. Per queste sue capacità venne individuato da Palomar Pictures come sostituto della prima scelta Steven Spielberg per dirigere questo thriller, ormai diventato un classico (tanto da meritarsi un remake, piuttosto scialbo, diretto da Tony Scott nel 2009).

Ne Il colpo della metropolitana troviamo tutto ciò che rende affascinante il genere: una trama tesa, senza il minimo cedimento, interamente votata all’azione e che corre ad alta velocità come un treno senza macchinista, una suspense che vira verso un film catastrofico, mescolata con umorismo feroce, perfino una colonna sonora ben fatta e martellante realizzata da David Shire (autore nello stesso anno di quella, leggendaria, per La conversazione di Coppola), e soprattutto un’istantanea realistica di una New York esausta, di cui non resta più niente, che diventa quasi un personaggio a sé stante. 
Gli anni ’70 hanno visto una proliferazione di grandi film ambientati nella Grande Mela e Il colpo della metropolitana ne è un’incarnazione emblematica. Oggi, un interesse ulteriore per questi numerosi film (tra quelli d’autore ricordiamo Il braccio violento della leggeTaxi driverQuel pomeriggio di un giorno da cani) è quello di una testimonianza quasi documentaria di uno dei momenti peggiori della storia della città, con la sua dilagante insicurezza, che qui invade perfino la metropolitana.

Dicevamo della sceneggiatura, che sarebbe piaciuta ad Aristotele per la sua unità di tempo, luogo e azione. Tutta la vicenda si svolge nell’arco di una giornata, iniziando con Mr. Green (Martin Balsam) che viaggia di mattino nella metropolitana e terminando con il suo arresto la sera. Tutto ciò che accade sullo schermo è compreso tra questi due momenti, senza alcuna digressione dalla trama principale e alternando essenzialmente il posto di blocco e il treno della metropolitana preso in ostaggio, costituendo una sensibile unità di luogo. Stone evita tutte le scene banali del genere: ad esempio, non vediamo il tenente Garber uscire di casa per salutare sua moglie e, a parte l’azione, non sappiamo quasi nulla del passato dei personaggi. Così tutto concorre a una storia di grande densità, di grande intensità, che mantiene l’attenzione dello spettatore dal primo all’ultimo secondo.

Da notare anche la presenza di grandi tecnici: Owen Roizman, capo operatore tra gli altri de Il braccio violento della legge è probabilmente uno degli specialisti più importanti della professione in quegli anni e contribuisce, come nel film di Friedkin, a conferire una patina documentaristica. La scelta del formato cinemascope si deve a Roizman, che ha notato come il formato corrispondesse esattamente a quello di un treno della metropolitana e fosse in grado di ricreare la stessa sensazione di confinamento. Il legame con Il braccio violento della legge è ulteriormente rafforzato dalla presenza del montatore Gerald Greenberg, che senza dubbio contribuisce al ritmo sostenuto del film e allo stile asciutto della maggior parte delle sequenze. 

Sullo schermo, tre formidabili attori che offrono un saggio di bravura. Il grande Robert Shaw – abbonato a morti eclatanti (strangolato da James Bond o diviso in due dal morso dello squalo, qui si auto-arrostisce con l’alta tensione dei binari) – rinuncia per una volta alla sua fisicità per offrire un’interpretazione di misurata e glaciale violenza, Martin Balsam è un anonimo impiegato del crimine che, se non fosse per uno starnuto di troppo, quasi riesce a farla franca, mentre è soprattutto la forza recitativa di Walter Matthau a impressionare. Con questo film l’attore porta a termine definitivamente il suo percorso di emancipazione dalla commedia e fornisce una performance che alterna sapientemente serietà e ironia. È il suo personaggio a dare il tono generale al film, un thriller che è allo stesso tempo oscuro e leggero, con momenti di tensione immediatamente collegati ad altri più distesi, spesso attraverso i dialoghi. Un’idea di equilibrio che caratterizza Il colpo della metropolitana, un film serio e ironico, teso e spettacolare, sempre intenso. 
Da recuperare assolutamente: chi non l’avesse ancora visto, può correre ai ripari su Amazon Prime Video.

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