In un assolato pomeriggio estivo, un uomo in costume da bagno (Burt Lancaster) emerge dal bosco ed entra in una bellissima proprietà in un elegante sobborgo del Connecticut per godersi la piscina deserta. Dopo aver nuotato qualche vasca, esce dall’acqua e si ritrova faccia a faccia con i proprietari che, dopo qualche secondo di stupore, si dichiarano felicissimi di rivedere il loro amico Ned Merrill che non aveva dato segni di vita da molto tempo. Ned è allegro ma poco attento, come perso nei suoi pensieri, altrove… e sorprende ancora di più i suoi ospiti quando dice loro che intende tornare a casa a nuoto. Ciascuna delle proprietà situate nella valle, infatti, ha la sua piscina privata e Ned spiega che passerà dall’una all’altra per raggiungere casa sua. Si congeda dai suoi amici ritrovati e si tuffa in questo fiume immaginario a cui dà il nome di sua moglie, Lucinda …
Per il suo terzo lungometraggio, Un uomo a nudo (The swimmer, 1968), Frank Perry – cineasta poco conosciuto, la cui filmografia è ancora oggi difficilmente accessibile – adatta brillantemente, insieme alla moglie Eleanor (che ha già scritto le sceneggiature dei suoi primi due film) un racconto di quindici pagine scritto da John Cheever nel 1964 (lo scrittore farà un cameo al grande cocktail party). I Perry avrebbero voluto incominciare a lavorarci appena uscito, ma dovettero aspettare il 1966 e la creazione di una società di produzione da parte di Sam Spiegel per trovare finalmente un produttore che accettasse di supportarli in questo progetto.
Tuttavia, dopo questa lunga attesa, ci vorranno altri due anni dall’inizio delle riprese per vedere il film sugli schermi. La produzione si rivela burrascosa e Perry deve confrontarsi con le pressioni di Sam Spiegel che non condivide affatto la sua visione del film. Il regista è addirittura allontanato dal set dal produttore, che lo fa sostituire da un giovane Sydney Pollack per rigirare una delle sequenze del film, quella in cui Ned affronta un’ex amante (interpretata da Janice Rule, che ha sostituito Barbara Loden con breve preavviso anche se ha già girato la sua sequenza).
In pratica si consumano quattro anni, ma Perry riesce a mantenere saldamente la rotta. Il cineasta ha davvero una visione molto chiara del suo film e supera tutte le insidie della preproduzione e delle riprese per garantire coerenza a un’opera molto complessa in termini di costruzione e trattamento stilistico. The Swimmer non è il tradizionale film in studio; è un lavoro sperimentale che si basa da un lato sull’uso di molteplici metafore e dall’altro su un gioco costante con effetti stilistici e rotture tonali. Una produzione originale e sconcertante che permette a Perry di raccontare in termini squisitamente cinematografici come l’orgogliosa America degli anni Cinquanta entrò nell’era del dubbio e della messa in discussione dei suoi valori.
Durante il suo viaggio di piscina in piscina, Ned Merrill si imbatte in una serie di personaggi che appartengono alla società benestante. Attraverso questi molteplici incontri, Perry dipinge l’alta borghesia, un microcosmo in cui si mescolano intellettuali, artisti e uomini d’affari che incarnano l’American Way of Life. Il cineasta delinea una visione spaventosa di questa casta dominante, che celebra il suo successo con tanti “cocktail party” e gareggia nella dissolutezza e nel lusso. Il regista descrive i “valori” su cui si basa questo mondo. In decine gli incontri, le storie che si dipanano sullo schermo lasciano una costante sensazione di vuoto. Personaggi così superficiali da sembrare dei mutanti senza vita, degli ultracorpi. Il film provoca un profondo disagio, un intenso sentimento di disgusto, e Ned Merrill non può più vivere in questo mondo. Sente il bisogno di ricominciare da zero; e l’idea di tornare a casa nuotando è un gesto purificatore, un ritorno alla fonte che mira a farlo rinascere.
La prima sequenza del film ci immerge in una foresta da cui emerge Ned, quasi nudo. Sembra un uomo selvaggio ed è quello a cui aspira idealmente: tornare alle origini. Sogna forse di ritornare ad uno stadio di evoluzione precedente a questa civiltà del lusso e del consumo? Quasi certamente, vuole tornare indietro nel tempo per ritrovare la sua vita prima della tragedia, prima della caduta. L’infanzia e l’innocenza ad essa legate diventano per lui un orizzonte da raggiungere e più volte nel film gli ritornano ricordi della sua giovinezza, ricordi idealizzati di un mondo svanito davanti ai suoi occhi.
Risalire il fiume Lucinda fino alla sorgente significa tornare indietro nel tempo, ritrovare la purezza in un mondo in decomposizione. Ned abbandona quindi il grembo protettivo della foresta di Matrix e tenta di attraversare questo mondo a cui un tempo apparteneva ma che ormai gli è divenuto estraneo. Le piscine sono altrettanti palcoscenici che gli permettono di isolarsi, di restare nel suo sogno, nella sua bolla, ma tra un tuffo e l’altro deve confrontarsi con i suoi amici, i suoi vicini, i suoi ex colleghi che lo riportano irrimediabilmente alla realtà. Il suo tentativo di ritornare alla sorgente prendendo il fiume Lucinda diventa allora una vera e propria Via Crucis. Il sogno di Ned Merrill svanisce perché non può sfuggire a questo mondo a cui appartiene così come non può sfuggire al suo passato, a ciò che è diventato.
Al di là delle critiche rivolte a una certa America – quella del lusso delirante, della superficialità e del consumismo – il grande successo di Un uomo a nudo è quello di offrirci il ritratto commovente di un uomo distrutto che si dimostra incapace di rimettersi in sesto. Tutto il film evoca il lento disfacimento del sogno di rinascita di Ned: si passa dalla foresta all’autostrada, dalle piscine deserte a quelle affollate di gente (un gigantesco cocktail party, una piscina comunale), il cielo azzurro immacolato improvvisamente si copre di nuvole e il sole scompare lasciando il posto a un terribile temporale… Tutti gli elementi del film incarnano questa degenerazione, che si tratti della regia, della musica o addirittura del corpo stesso di Burt Lancaster.
Frank Perry condivide costantemente con il pubblico il punto di vista del suo eroe. All’inizio non si sa nulla di lui, non si comprende cosa lo preoccupa, cosa lo commuove, a cosa cerca di sfuggire perché egli stesso sembra voler dimenticare. Tutto ciò che viene dall’esterno è vissuto come un’aggressione perché ogni incontro lo costringe a ricordare, a ritornare a quello che è veramente, alla realtà. Durante i suoi incontri, si impara qualcosa in più su di lui e il puzzle pazientemente si compone, il mistero che circonda il suo passato si disvela.
Perry riesce, attraverso la sua regia, a far percepire la fragilità di Ned, la sua costante paura di essere costretto a confrontarsi con la realtà. Si comprende che se fugge, e se fugge se stesso, è perché dentro di lui c’è un dolore insormontabile, una perdita dalla quale non è in grado di riprendersi. Questa perdita non è possibile determinarla: sua moglie Lucinda? I loro figli? Il suo lavoro? La sua fortuna? I suoi ideali?
Ciò da cui Ned fugge, oltre a una storia che si può intuire traumatica, è la sua vita stessa, cosa ne ha fatto, cosa è diventato. Attraverso le mini-sequenze che compongono il film si comprende rapidamente che Ned era un uomo arrogante ed egoista, che abbandonava gli amici bisognosi, che tradiva sua moglie, tradiva la sua amante… Ned era un puro prodotto dei ricchi WASP, esponenti di una società da cui ora sta cercando di fuggire; e a cavallo di una sequenza si scopre la spazzatura che avrebbe potuto essere, l’uomo razzista e arrogante che, qualche tempo prima, si sarebbe presentato impettito a uno di quei cocktail party, un bicchiere di champagne in mano, un sorriso soddisfatto incollato in faccia.
Questo sogno di rinascita, questo romanticismo completamente folle di Ned pervade tutto l’inizio del film. Il regista dà sostanza alla fantasia del suo eroe di una nuova vita attraverso la sua messa in scena. A questo scopo utilizza espedienti visivi “kitsch” (rallentatore, sovrapposizioni) e un accompagnamento musicale molto invadente, tutte cose che possono confondere lo spettatore ma che in realtà costituiscono il cuore del film. Tutti questi effetti rappresentano la psiche di Ned, fanno sentire in quale mondo fantastico naviga e si perde. Perry spesso si avvicina al volto di Ned, inquadra i suoi occhi in primo piano e attraverso di essi conduce lo spettatore nel suo mondo interiore e fantastico. All’inizio del film, Ned ha ancora la forza di rifiutare il mondo così com’è, di piegarlo alla sua volontà. Il primo shock lo riceve quando viene cacciato dalla proprietà di un’anziana signora che lo accusa di aver abbandonato il figlio in punto di morte. Riportato brutalmente alla realtà, fugge di corsa attraverso il bosco. Senza fiato, si appoggia a un albero e la cinepresa si avvicina al suo viso finché il suo occhio non riempie l’intera inquadratura. L’immagine di un cavallo si sovrappone allora a quella dell’occhio e, come per magia, quando l’inquadratura si allarga, il cavallo è lì, pronto a correre con lui. In questa sequenza non c’è confine tra realtà e fantasia, le due sono una cosa sola e lo spettatore non può giudicare la natura di ciò che vede. Ma la musica lirica ed enfatica che accompagna la corsa, il sorriso beato di Ned, il suo saluto a cui il cavallo risponde con un inchino… tutto ci dice che quello è il mondo fantastico e ideale di Ned.
Il film poi scorre lentamente e si abbandona questa visione romantica del mondo, ricreata da Ned, per confrontarsi con la realtà. La costruzione narrativa abbandona man mano gli effetti che l’hanno caratterizzata fino a quel momento, diventando più cruda. Nel suo percorso di avvicinamento, Ned riesce sempre meno a mantenere vivo il suo sogno, a indugiare nella negazione di ciò che lo circonda, di ciò che è diventato. Sperimenta i traumi esterni con crescente difficoltà e ognuno di essi incrina ulteriormente il muro mentale che ha costruito per se stesso. Risponde con sempre meno convinzione, in maniera sempre più automatica alle domande degli amici, sui due anni che la sua memoria ha cancellato diventando un buco nero in cui quasi si perde ad ogni nuovo scambio. Percepisce nel suo ambiente segni (come un frassino che ha perso le foglie, visione che lo immerge in una malinconia insondabile) che producono in lui un profondo turbamento, risvegliando nel profondo della sua mente l’idea che tutto ciò che lo circonda è forse solo un sogno.
Mentre all’inizio del film appare come un semidio, Ned viene gradualmente sopraffatto dalla stanchezza: rimane senza fiato, si ferisce, comincia a zoppicare, trema dal freddo… Mentre Frank Perry lo enfatizzava nella prima parte del film con inquadrature angolari dal basso, in seguito è disteso a terra come schiacciato.
La scelta del regista di affidare il ruolo a Burt Lancaster è particolarmente azzeccata. Con il suo corpo atletico, il suo sorriso leggendario e i suoi abbaglianti occhi azzurri, l’attore incarna l’idea stessa di successo. Tuttavia, Lancaster aveva cinquantacinque anni al momento delle riprese e non ha esitato a giocare sulla sua età per trasmettere allo spettatore la fragilità, la stanchezza e la solitudine del suo personaggio. Il ruolo di Ned Merrill è emblematico del modo in cui Lancaster ama usare le sue qualità e caratteristiche naturali per metterle al servizio della follia o delle inclinazioni malvagie dei suoi personaggi. Qui il suo carisma, la sua volontà, il suo potere sono ben presenti, ma deviati dalle loro funzioni abituali e messi al servizio di un sogno, di una fantasia, della follia del suo carattere. Ned Merrill rifiuta di accettare la realtà e trae da tutto sé stesso la forza per trasformare il mondo, per piegarlo alla sua immaginazione, per trasformare una successione di piscine in un fiume d’oro, per riscrivere la sua vita. Quando la realtà raggiunge Ned, Burt Lancaster dispiegherà una nuova sfaccettatura del suo talento, incarnando in tutto il suo corpo questo peso che schiaccia il suo carattere: invecchia visibilmente, si curva, sembra rimpicciolirsi, svuotarsi della sua sostanza, del suo essere.
La colonna sonora di Marvin Hamlisch – che qui a ventiquattro anni firma la sua prima composizione per il cinema – accompagna magnificamente il viaggio di Ned. Hamlisch inizia il film con un tema dagli accenti lirici ma che rivela una cupa malinconia, evocando così la potenza della natura, ma una potenza autunnale, in declino. La musica poi incarna il sogno di purezza e rinascita di Ned (la cinepresa si sofferma su un cervo, un fiume, un lago da cui volano via una miriade di uccelli) ma porta già con sé i semi della fine di questa utopia. Quando Ned appare lasciando la foresta, dando le spalle allo spettatore, raggiungendo la piscina della prima proprietà, la melodia chiude, ripetendo solo poche note, un loop musicale che, accelerando, annuncia già la frattura del personaggio, la sua follia. Quando Ned si tuffa, ritorna il tema lirico, come se a contatto con l’acqua si stesse purificando, purificandosi dal male che lo perseguita e lo travolge. L’illusione funziona ancora…
Perché man mano che Ned risale il fiume, la colonna sonora si trasformerà radicalmente. Al termine della sequenza iniziale, il tema cede improvvisamente il posto al facile ascolto mentre un bicchiere di Martini distribuito da un amico di Ned oscura quasi tutto lo schermo e interrompe la sua nuotata liberatoria. Successivamente, mentre la natura si sostituisce ai cocktail party, appaiono le dissonanze che contaminano progressivamente le composizioni, le melodie si fanno più cupe e tortuose. Fino alla scena finale dove gli strumenti dell’orchestra si mescolano a suoni e atmosfere sepolcrali per costituire una sinfonia funebre che accompagna Ned nel ritrovarsi solo di fronte al vuoto della sua vita. Hamlish sottolinea meno di quanto trascende le immagini di Perry, la loro associazione riesce a creare questa incredibile tavolozza di atmosfere, questa sorprendente ampiezza di sensazioni.
The Swimmer apparve un po’ troppo presto, in un momento in cui quella che poi sarebbe stata chiamata New Hollywood cominciava appena a prendere forma. Nei pochi mesi successivi alla sua uscita Il laureato, Rosemary’s Baby e Easy Rider trionferanno sugli schermi mentre Un uomo a nudo verrà ignorato dal pubblico. Questo perché è un’opera difficilmente identificabile da quella nuova generazione di spettatori che cercavano un rinnovamento di forme e temi, la presenza di Burt Lancaster nei titoli di testa lo collegava di fatto al cinema classico. Si tratta, al contrario, di uno dei film fondativi di questo rinnovamento, un’opera unica ed emozionante, un’opera cardine che ci permette di comprendere l’evoluzione delle forme cinematografiche.
E, più semplicemente, un film commovente e indimenticabile. Satira sociale, favola esistenziale, critica del sogno americano. Un progetto così unico da essere, indiscutibilmente, uno dei grandi capolavori del cinema americano degli anni ’60.
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