Nicola Berlizzi (Franco Nero) torna dopo diversi anni di assenza nel suo quartiere di Napoli. Ha la reputazione di essere un cattivo ragazzo di strada. E le sue valigie, rubate dai ragazzini per un momento di distrazione, tornano velocemente al suo alloggio. Nello stesso quartiere a regnare incontrastato è un altro guappi Don Gaetano (Fabio Testi). È giovane e bello e fa piovere o splendere sul suo territorio con i suoi scagnozzi, re della lama del rasoio o del coltello. Ma su tutto domina la camorra…

Pasquale Squitieri era napoletano.
La sua carriera politica è stata dir poco caotica, passando dall’estrema sinistra vicina a Lotta Continua negli anni ’60, alla candidatura a senatore negli anni ’90 dalla parte della destra nazionale e ultra conservatrice di Alleanza Nazionale, che sarà ingoiata dal berlusconismo.

Ma negli anni ’70 era un regista prolifico e impegnato che metteva in discussione la politica italiana, la mafia e i suoi eccessi violenti.
Con I guappi (1974) Squitieri vuole dimostrare che la camorra vive delle debolezze dello Stato italiano. E che un Paese che abbandona i suoi cittadini nella miseria non può che raccogliere, in definitiva, solo violenza che finisce per organizzarsi e occupare il vuoto delle istituzioni.

Squitieri e il suo sceneggiatore Ugo Pirro (che ha sceneggiato grandi opere di impegno civile come Il processo di Verona, Il giorno della civetta, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Metello: ma sono solo alcuni) dimostrano soprattutto che nel 1974 la situazione napoletana della camorra e del suo apparato non era diminuito, anzi! Faceva ormai parte della cultura di strada e la sua influenza era ancora più solida in tutta la città e nella regione.
Un’opera onorevole ma che non ebbe successo, anche a causa di una trama dalla conduzione sfilacciata.

Il personaggio interpretato da Franco Nero rappresenta il “buono” colui che vuole migliorare la propria condizione (studia di nascosto Legge) ma è troppo ambiguo. Riesce nel suo intento facendosi camorrista, non delinque ma pur sempre appare come un fiancheggiatore esterno. Più in parte Fabio Testi, nel ruolo del delinquente con sfumature affascinanti.

Il film impiega molto tempo a decollare e diventa emozionante, in pratica quando uno dei due guappi diventa avvocato. Purtuttavia gli attori sono bravi, compresa Claudia Cardinale e Raymond Pellegrin che
fa un tutore dell’ordine feroce e infame, a sua volta proveniente dallo stesso humus criminale della camorra.

Squitieri dimostra la consueta maestria registica, estremamente efficace nelle sequenze d’azione (spettacolare la rissa a colpi di frusta, come l’inseguimento delle carrozze), nell’alternanza tra scene veloci e momenti più lirici. Il passaggio finale, che con una lunghissima carrellata all’indietro ci porta dalla fine del XIX secolo per farci entrare negli anni ’70 è magistrale. Condotta con i mezzi di allora (niente steady-cam, droni e correzioni al computer): chissà se Brian de Palma l’ha vista?

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