Porto di San Francisco, un misterioso facchino apparso dal nulla scaraventa la valigia di un distinto turista su un taxi e scappa via correndo. Anche la vettura pubblica sembra avere una gran fretta e sgomma a tutto gas. Ma l’imprevisto è in agguato: il taxi si scontra con un camion ma, anziché fermarsi, prosegue la sua corsa fino a travolgere un agente di Polizia che intimava l’alt. Da buon americano, prima di morire l’uomo della legge riesce a sparare al suo investitore, freddandolo.
L’incidente fa clamore per la sua particolare natura e una squadra di detective giunge sul posto, per scoprire molto presto una statuetta proveniente dall’oriente imbottita di eroina di prima qualità nella valigia rubata. Una rete internazionale organizzata nel traffico di droga infatti identifica turisti al di sopra di ogni sospetto per contrabbandare sostanze illecite negli Stati Uniti all’interno di souvenir, gadget o ninnoli di scarso valore. Due gangster e un autista, esperti in questo contrabbando, vengono inviati a raccogliere i nuovi arrivati e ad assicurarsi che l’eroina giunga a destinazione. Ad ogni costo.
Diciamo subito che Crimine silenzioso (The Lineup, 1958) non è sicuramente il miglior film di Don Siegel. Ma non sono pochi i pregi di questa pellicola forse un po’ datata ma ancora godibilissima (disponibile gratuitamente su YouTube), riconducibili al talento del regista: innanzitutto, oscillando tra action-movie e noir, la vicenda si sviluppa in un crescendo febbrile spostando gradatamente il fulcro dell’azione dall’indagine di Polizia che occupa la prima parte del film alle gesta del trio criminale che ne domina la seconda parte. Inoltre, come sempre in Siegel, non c’è un fotogramma che vada sprecato e lo spettatore entra nel vivo già dai titoli di testa. Da notare anche l’uso cinematografico mozzafiato della topografia di San Francisco, delle sue caratteristiche arterie e strade in pendenza, che rende la città un vero e proprio personaggio.
Fresco del suo primo ruolo in Baby Doll di Elia Kazan, Eli Wallach interpreta magistralmente la personalità borderline del gangster sociopatico Dancer che agisce come una bomba a orologeria umana ovunque vada. Si racconta che l’attore fosse propenso a cercare i conflitti sul set rivelando un impulso nervoso che Don Siegel seppe incanalare durante le riprese per mostrare la frenesia omicida che caratterizza il personaggio: Dancer è un forsennato sterminatore pronto a dare battaglia a tutti che arriva per le strade di San Francisco con un’arma e quasi senza bagaglio, affiancato dal suo mentore, Julian (Robert Keith) dai modi controllati e l’aspetto apparentemente tranquillo. Dancer ha il grilletto facile e Julian deve smussare gli spigoli della sua personalità sadica come se fosse un puledro ribelle da domare. Esecutore di lavori sporchi, da psicopatico quale evidentemente è, si fa un punto d’onore di trasformare le strade di San Francisco in un santuario durante le sue “spedizioni punitive”, disseminando il suo cammino di persone “adeguatamente” raffreddate con il suo silenziatore. Julian è invece il becchino delle sue vittime, di cui raccoglie le ultime parole, come un macabro passatempo, in un taccuino nero.
Mentre la presa della polizia sui tre “perdenti” si fa sempre più stretta, la violenza incontrollata aumenta fino a raggiungere l’apoteosi finale quando criminali e forze dell’ordine si scontrano. Nel conflitto finale la brutalità diretta ha forza di legge. Questa è l’amara constatazione, in pieno stile Siegel, di quest’opera sulfurea che meriterebbe una riscoperta.
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