La vicenda de I cospiratori (The conspirators) di Frederic Prokosch, ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale nella Lisbona crocevia di profughi in fuga dall’Europa nazista, descrive la storia di una vendetta che il protagonista Vincent Van Der Lyn deve compiere nei riguardi di chi ha tradito lui e i suoi compagni. Dopo un’evasione “pilotata” dalla prigione della capitale portoghese, l’uomo si mette sulle tracce della sua futura vittima di cui non conosce ancora l’identità. Van Der Lyn non sa quanto tempo ha a disposizione ma è costretto a muoversi con  estrema circospezione in una città dove non sa di chi fidarsi. Nemmeno l’amata Irina sembra la stessa donna conosciuta prima della reclusione…

Così descritta, la trama del libro dello scrittore americano di origine austriaca pubblicato dall’editore Medhelan non sembra differenziarsi granché da quella di numerosi altri spy-story con il conflitto mondiale sullo sfondo. Ma c’è più di un elemento fortemente originale con cui il lettore deve fare i conti al momento di intraprendere la lettura di questo romanzo ormai diventato a tutti gli effetti un classico. Innanzitutto i tempi della narrazione sono estremamente dilatati e ogni avanzamento di Van Der Lyn verso il suo obiettivo è preceduto dalla minuziosa descrizione di piccoli fatti apparentemente insignificanti. Una scelta precisa da parte di Prokosch che rivela non tanto l’indulgere a un gusto estetico fine a sé stesso, quanto la consapevolezza che “uccidere non somiglia a nient’altro al mondo. Ti isola per sempre. Chi uccide non fa più parte dell’umanità”1. Insomma anche in un contesto come quello in cui si muove il protagonista, caratterizzato da personaggi che sembrano avere più passato che futuro, ammazzare un uomo è un gesto definitivo, perfino se la vittima è una spia nazista. Nell’avvicinamento alla resa dei conti, l’estrema sensibilità di Van Der Lyn che sembra osservare tutto in slow-motion serve ad acquisire la consapevolezza di quello che sta per compiere e ad accettarne l’ineluttabilità.

Sebbene funzionale agli scopi dell’autore, questa esasperata lentezza dell’azione non poteva favorire una trasposizione cinematografica del libro e infatti il film omonimo uscito nel 1944 fu poco apprezzato: nonostante la presenza nel cast di professionisti di alto livello – a partire dal regista Jean Negulesco e dalla grande (e bellissima) Hedy Lamarr nella parte di Irina – i critici furono severi nei loro giudizi e lo stesso Prokosch scrisse una velenosa recensione della pellicola. Certo il grande successo di Casablanca, se è vero che fece da traino commerciale, suggerì confronti improponibili (anche per la presenza comune di alcuni attori quali Paul Henreid, Peter Lorre e Sidney Greenstreet) ma in generale fu lo spirito del libro a essere completamente tradito in nome di una narrazione troppo frenetica e di una trama confusa. Come giustamente osserva Raoul Maria de Gomera, “le mille nuances che facevano delle pagine del romanzo un caleidoscopio di tradimenti e di sentimenti non avevano trovato la loro ragion d’essere sullo schermo”2.

Quando terminò I cospiratori Prokosch aveva trentasei anni e una fama internazionale conquistata fin dalla pubblicazione de Gli asiatici, un successo di rilevanza mondiale salutato con entusiasmo da scrittori del calibro di Thomas Mann e Albert Camus. Ma se le avventure asiatiche del suo primo libro e i vagabondaggi da Teheran a Damasco fino alla Cina o all’India vennero scritti senza muoversi dall’America, nel caso di quello che è probabilmente il suo romanzo più riuscito tra quelli hanno la Seconda Guerra Mondiale sullo sfondo Prokosch poteva contare sulla conoscenza diretta di Lisbona. Nella città Prokosch era giunto dalla Francia all’indomani dello scoppio della guerra, in cerca di un imbarco per New York. Aveva previsto una sosta di due settimane ma si fermò a Lisbona per ben due anni, in un ambiente che lo faceva sentire “al sicuro, irraggiungibile. Tra me e la guerra c’era una vicinanza eccitante e insieme una lontananza affascinante”. Tra gli aspetti a cui facevo riferimento in apertura che fanno risaltare I cospiratori tra i libri di genere noir-spionistico, bisogna ricordare come la città diventi a tutti gli effetti un vero e proprio personaggio, atestimonianza del forte legame dello scrittore con la capitale portoghese. 

Dal suo osservatorio privilegiato di americano di origine europea, allo stesso tempo estraneo e vicino alle vicende del Vecchio Continente, Prokosch ipotizza tra i destini dell’Europa quanto effettivamente si concretizzerà alla fine del conflitto. A guerra ancora in corso (ricordiamo che il romanzo venne pubblicato nel 1943), è quasi spaventosa la lucidità con cui uno dei numerosi personaggi che animano le pagine del libro prevede che “l’Europa sarà alla mercé di Russia e America. Diventerà una provincia russa o, quel che è peggio, un museo americano”3
Niente male per un noir di un autore più volte etichettato come “snob”…


1 F. Prokosch, I cospiratori, Edizioni Medhelan, Milano, 2022 – pag. 28
2 Raoul Maria de Gomera, Il Portogallo di Prokosch, in I cospiratori, Edizioni Medhelan, Milano, 2022 – pag. 277
3 F. Prokosch, I cospiratori, Edizioni Medhelan, Milano, 2022 – pag. 217

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