Non va mai bene quando un recensore parla di sé prima del libro che deve recensire, troppa immodestia. Eppure, la tentazione è troppo forte: Il ruggito della strada – Storie di cinema poliziottesco e della mia mala famiglia di Katiuscia Magliarisi (Milieu) ha affinità di costruzione col mio (misconosciuto) 1958 – C’era una volta in Almeria (Golem). Mescola la storia del cinema (e quindi il saggio) alla fiction, narrando storie vere, verosimili e palesemente inventate.

Fin dalle prime battute l’autrice cita un episodio riguardante un film criminale poco noto del giovane Pietro Germi, Gioventù perduta (1948), che ho recuperato tanti anni fa nella mia etichetta Vhs Pantmedia! Insomma, per questo recensore presuntuoso le emozioni generate da Il ruggito della strada rendono questo romanzo assolutamente imperdibile.

Il nucleo della vicenda è la rievocazione molto personale, ma anche molto erudita, del poliziottesco, fenomeno di “cinema Bis” che imperversava nelle sale cinematografiche italiane negli anni ’70. Con particolare e inevitabile predilezione per l’opera di Fernando Di Leo, ma riconoscendo il giusto scettro di capostipite a La polizia ringrazia (1972) di Stefano Vanzina.

Katiuscia Magliarisi, ovviamente, non si ferma solo a questo, ma costruisce una storia corale fatta di buoni e cattivi che fotografa in bianco e nero l’Italia caotica ed estremamente violenta di quel periodo (chi si lamenta del degrado odierno si stupirebbe nel rivivere quel contesto di urbanizzazione selvaggia, bande criminali e sanguinoso confronto tra “guardie e ladri”). Certo, qua è la, l’autrice inserisce anche elementi intimi, personali, di una bambina di allora. Con un terribile risvolto sparato già in quarta di copertina: «Katiuscia Magliarisi è bulimica, […] viaggia nel tempo e nei luoghi, scava nella sua memoria infantile e aggiunge frammenti personali. Finché le tappe della sua formazione criminale, piccole bombe rimaste a lungo inesplose, deflagrano quando ammette a se stessa che la sua famiglia, quei parenti che sono il sangue del suo sangue, incarnano l’archetipo dei villain di un cinema di genere diventato cult».

Così fra mondo del cinema e della malavita, cronaca nera e trattato sociologico, in un equilibrio perfetto fra narrativa tout-court e pamphlet, Katiuscia Magliarisi firma un’opera di formazione singolare che sarà amata dai cinéphile come dagli appassionati del crime.

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