Addio, signor Haffmann (Adieu monsieur Haffmann) è un film francese di Fred Cavayé uscito nel 2022, adattamento dell’omonima opera teatrale di Jean-Philippe Daguerre. Nell’estate del 1941 Parigi è una città occupata che vede aumentare le persecuzioni antisemite del regime di Vichy. Joseph Haffmann (Daniel Auteuil), gioielliere ebreo, convince la moglie e i tre figli a lasciare Parigi per la zona franca a sud del Paese dopo aver notato che sul muro del suo negozio era affisso un manifesto proveniente dalla Prefettura della Senna, che annunciava il prossimo censimento di tutti gli ebrei domiciliati nel Dipartimento. Haffmann spiega alla moglie che deve prima risolvere la questione del suo negozio, che spera di recuperare una volta finita la guerra, offrendo un accordo al suo dipendente François Mercier (Gilles Lellouche). La proposta prevede per Mercier la possibilità di diventare proprietario della gioielleria, tramite un regolare contratto: l’uomo gestirà il negozio restituendolo a Haffmann quando quest’ultimo tornerà a riprenderselo alla fine della guerra. In cambio Mercier e sua moglie (Sara Giraudeau) possono provvisoriamente trasferirsi nell’appartamento che si trova sopra la bottega e Joseph aiuterà Francois ad avviare la propria attività. Mercier accetta i termini proposti da Haffmann ma, quando quest’ultimo non riesce a lasciare Parigi ed è costretto a rifugiarsi nella cantina del negozio che prima gli apparteneva, i rapporti tra i due uomini si deteriorano gradualmente. Anche perché sarà presto Mercier a proporre un nuovo accordo, difficile da accettare per entrambi…
Questo intelligente film è più un’indagine dell’animo umano e sulle prove di carattere a cui il destino a volte sottopone che un film storico con l’olocausto e la persecuzione antisemita sullo sfondo. Sì perché, senza neanche fare troppi sforzi, si potrebbe ravvisare nell’appartamento parigino (e nella adiacente bottega) dove si svolge tutta la vicenda una raffigurazione della coscienza. Il seminterrato e la cantina dove Monsieur Haffmann si nasconde diventa immagine dell’inferno, dell’oscurità, della paura, della sventura, dell declino della sortte, mentre l’appartamento occupato in alto da François e Blanche rappresentano di contro la vita, la felicità, la libertà e il successo. Ma a volte le apparenze ingannano e non si sa mai cosa succederà nel corso del film e cosa lo rende così efficace: le vicende si intrecciano e si passa da un’emozione all’altra, così che il destino può cambiare in un minuto a seconda delle scelte che trascinano i protagonisti nel caos della vita.
I tre personaggi principali – monsieur Haffmann e i signori Mercier – recitano alternativamente le parti delle vittime e dei carnefici, passando di volta in volta tra sentimenti contrastanti tra loro come la pietà e la rabbia o la solidarietà e l’egoismo. La proposta del gioielliere al suo lavorante è talmente sulfurea da risultare irresistibile, ma lo scenario si ribalta presto a svantaggio di questo novello Mefistofele che resta intrappolato in una situazione imprevedibile. Allo stesso modo l’umile e remissivo François Mercier perde di vista la sua umanità, lusingato da un nuovo benessere e dalla possibilità di ottenere tutto quanto aveva desiderato. E che dire della sua giovane sposa? Tormentata dal desiderio inappagato di diventare madre, sembra persino assecondare la folle idea del marito sterile di rivolgersi all’uomo che stanno proteggendo nascondendolo in cantina, pur di salvare le apparenze e avere un figlio. Eppure la donna troverà la forza di un riscatto, comunque non indolore…
La scelta degli interpreti risulta perfetta. Con moderazione, dolcezza e grande compassione, Daniel Auteuil ci regala un personaggio discreto, pieno di finezza e umiltà, in un ruolo che dimostra ancora una volta la sua grandezza. Gilles Lellouche è intenso, duro, nel ruolo ricco di sfumature di un cattivo della porta accanto che, per meschinità, sprofonderà lentamente nella violenza, nella negazione di ogni sentimento umano e pronto a commettere l’irreparabile per amore. Sara Giraudeau è perfetta nel procurare gradualmente ampiezza alla remissiva Blanche, inizialmente in secondo piano, che prende in mano la sua sorte con la decisione conclusiva che offre al suo personaggio un’altezza inaspettata.
Addio, signor Haffmann tiene lo spettatore con il fiato sospeso fino all’esito finale, che appare come una liberazione in parte scontata. Il film è un ottimo spunto per riflettere su quanto siano fragili i meccanismi che regolano la nostra vita quotidiana e su come tutto possa cambiare da un momento all’altro: il destino è legato alle nostre scelte ma ciascuno di noi ha la libera volontà di scegliere che strada seguire.
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