Chi scrive ha conosciuto letterariamente il Cile partendo dalla curiosità suscitata dalla musica di Victor Jara e degli Inti Illimani. Siccome la storia torna spesso a galla, è proprio dalla scoperta di un libro firmato dallo storico componente del gruppo andino Jorge Coulon e dedicato al cantautore trucidato dagli sgherri di Pinochet che sono venuto a conoscenza della casa editrice Edicola. Il sorriso di Victor Jara, così si intitola il volume che ci serve come spunto per approfondire insieme all’editrice Alice Rifelli una realtà vivace e consolidata.

“Il nostro proposito primario è quello di dare conto della ricchezza letteraria del Cile e della sua realtà storica e contemporanea. Il Paese ha un territorio vastissimo che centralizza solo gli aspetti economici e politici nella capitale Santiago. Il resto dei suoi oltre 4.000 kilometri di estensione è un mondo eterogeneo che negli anni trascorsi in Sudamerica abbiamo imparato a conoscere e che oggi cerchiamo di raccontare attraverso i libri. Ma Edicola non è solo Cile. Da alcuni anni nella collana “ñ” raccogliamo voci di autori di tutta la regione, a partire da Colombia e Argentina”.

L’editrice Alice Rifelli

D- Anticipando il tema della tradizione popolare suggerisci in qualche modo una continuità con Violeta Parra, l’altro vertice di un triangolo ideale che comprende anche i già citati Victor Jara e Inti-Illimani. Questi protagonisti della cultura cilena vissero un momento di grande celebrità in Italia a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, soprattutto per motivi politici. Ora la situazione è cambiata oppure l’interesse per il Cile nel nostro paese è rimasto altrettanto vivo?

R: Sicuramente sono esistite precise ragioni storiche e motivazioni politiche che hanno contribuito a far conoscere il Cile in Italia negli anni Settanta. Durante il lavoro di redazione del libro citato in apertura, abbiamo ripercorso insieme a Coulon le attività che gli stessi Inti-Illimani hanno realizzato in quegli anni per far conoscere il loro paese e per garantire alle persone rimaste un sostegno economico. Noi siamo inevitabilmente focalizzati su chi ha vissuto l’esilio, ma ci sono naturalmente voci di migliaia di persone rimaste in Cile anche durante la dittatura.

A proposito di folclore, il lavoro che nella musica hanno fatto Violeta Parra, Victor Jara e gli stessi Inti Illimani è per certi aspetti simile a quello che fa oggi Andrés Montero, scrittore cileno classe 1990 (di cui abbiamo pubblicato Tony nessuno, La morte goccia a goccia e L’anno in cui parlammo con il mare nella traduzione di Giulia Zavagna) che viaggia lungo il Cile per raccogliere le storie della tradizione popolare. Il frutto di questi viaggi è stato trasmesso dalla TV nazionale cilena e ricorda da vicino il lavoro svolto da Violeta Parra: cogliere lo spunto offerto dalla tradizione per costruire qualcosa di inedito, rivoluzionario.

Per tornare alla tua domanda, il Cile non è sotto i riflettori come in passato, l’attenzione in Italia è rimasta piuttosto alta anche grazie alla pubblicazione di autori best-seller come Isabel Allende o Luis Sepulveda. In Edicola però l’attenzione è rivolta a storie decisamente meno mainstream. 

D- Quindi si è persa un po’ di attenzione per il Cile, nonostante le sue peculiarità letterarie – mi riferisco ad esempio alla tradizione poetica – e a primati storico-culturali: Violeta Parra è stata la prima artista del continente ad esporre in una personale al Louvre mentre Gabriela Mistral è stato il primo Nobel latinoamericano per la letteratura…

R- Il terreno che ha consentito i primati a cui ti riferisci è tuttora vivo e fertile: l’America Latina è un territorio di strada e sperimentazione, dove il concetto di comunità è ancora molto sentito e porta alla condivisione di esperienze e momenti. Penso al testo-manifesto (D)istruzioni d’uso per una macchina da cucire di Eugenia Prado Bassi che racconta la storia di una comunità di donne che lavorano in un laboratorio tessile. È un libro poetico e brutale, da leggere per la sua portata sociale, per i temi legati al femminismo e all’emancipazione, al confronto e alla consapevolezza.   

D- Ci puoi descrivere la vostra storia e i vostri progetti?

Edicola nasce in Cile nel 2013 da un input di Paolo Primavera, fotografo documentarista che lavorava lì già da parecchi anni. Dopo un master in editoria, decide di fondare Edicola per costruire un ponte tra il paese latinoamericano e l’Italia: dopo due anni nasce anche la casa editrice italiana, avviando un progetto che ha vissuto a cavallo tra Europa e Sudamerica per circa 6/7 anni. La pandemia ci ha spinto a fermarci più tempo in Italia e questo ci ha offerto la possibilità di un’osservazione a distanza. È qui che abbiamo deciso di rivolgerci anche ad autori di altri paesi, tra cui anche l’Italia. Quello che vogliamo fare è sì raccontare un Paese attraverso la sua letteratura, ma soprattutto individuare storie che possano avere un respiro universale: nascono in un territorio ma possano parlare a tutti.

D- Un percorso ben definito che vi ha garantito una buona accoglienza

R- Sì! Il mondo editoriale è molto difficile, affollato e con questioni irrisolte legate al mercato che a volte fanno naufragare progetti meritevoli. Nel nostro caso, siamo riusciti a navigare in questo mare tumultuoso e a raggiungere il traguardo dei 10 anni (in Italia l’anno prossimo)! Saper scegliere buoni libri però non basta. Puntiamo anche se non a risolvere perlomeno a denunciare le storture del sistema. 

D- Ti riferisci alla distribuzione?

Sì, ma anche alla forza dei grandi gruppi con cui fare i conti, alla necessità imprescindibile di ritagliarsi uno spazio fisico in libreria, all’iper-produzione. In Cile, una decina di anni fa, la cooperazione del mondo editoriale indipendente è riuscita a dialogare con il governo per generare riscontri positivi per tutto il settore. Anche in Italia si sta facendo molto. E molto resta ancora da fare. 

D- Quello che hai tracciato è uno scenario di mercato di cui molti si lamentano e che sembra inscalfibile, nonostante non premi perché i dati sono in contrazione continua

R- Nessun operatore della filiera deve sfuggire dalle proprie responsabilità, nemmeno gli editori che inquinano gli scaffali con testi di scarsa qualità contribuendo ad allontanare i lettori dalle librerie. Edicola ha scelto di pubblicare dalle 6 alle 8 novità all’anno. Ridurre la quantità di uscite ci sembra il modo migliore per rispettare il lettore e per curare ogni aspetto di ciascun libro. 

Per la distribuzione abbiamo scelto ALI e lavoriamo quindi su un territorio nazionale con l’obiettivo di focalizzarci sulle librerie indipendenti. Partecipiamo alle principali fiere cercando di selezionare le occasioni più adatte a noi e che dimostrino la volontà di un dialogo costruttivo e vantaggioso per tutti. Non ci precludiamo niente ma neanche viviamo la necessità di “esserci” a tutti i costi, valutando volta per volta.

D- Un’anticipazione sui prossimi titoli?

Tra gli ultimi titoli usciti, segnalo ancora L’anno in cui parlammo con il mare di Andrés Montero, la storia di un’isola di cui non c’è traccia su nessuna mappa e quella di due fratelli che si ritrovano dopo cinquant’anni di silenzio. Per la sua intelligente ironia e per la sua forma di narrare sottile, precisa e implacabile, segnalo Cynthia Rimsky – scrittrice cilena che vive in Argentina da molti anni e che ha appena vinto il premio Herralde – di cui abbiamo pubblicato Il futuro è un posto stranoAutostop per la rivoluzione Yomurì. Argentina è anche Rosalba Campra, che vive a Roma, autrice di Minima mitologica, un libro che con intelligenza e irriverenza rovescia il mito così come ce lo hanno sempre raccontato. Infine, la nostra provocazione di fine anno, un’uscita anti-natalizia ma in pieno stile Edicola: L’atroce storia di Santos Godino ovvero la vicenda reale, raccontata attraverso l’esercizio dell’immaginazione dalla narratrice e cronista Maria Moreno, del Petiso Orejudo, il bambino assassino dalle grandi orecchie che, viaggiando sul suo macabro piedistallo di criminale più celebre e misterioso della storia argentina, sta per arrivare anche in Italia con il suo volto iconico per interrogarci sull’inquieta oscurità del nostro presente.

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