Immaginate di scrivere un’autobiografia in terza persona osservando e seguendo le vostre vicende esistenziali come foste un personaggio esterno o un regista/fotografo. È quello che fa Christopher Isherwood in questo romanzo (Christopher e quelli come lui, Adelphi, 2024), che vede fra i protagonisti, oltre a Christopher, anche i poeti e amici Stephen Spender e W.H.Auden. E poi Klaus Mann (“Nell’agosto del 1931 Christopher incontrò Klaus Mann, il figlio maggiore di Thomas Mann e fu il primo contatto con un membro di quella famiglia. Tra i due nacque subito una reciproca simpatia. Sarebbero diventati amici intimi pur vedendosi di rado, perché Klaus era sempre in viaggio”).
Ancora più spazio Isherwood dedica a E.M. Forster, che “era l’unico scrittore vivente che avrebbe definito un maestro. Di solito nei libri degli altri trovava esempi di stile da imitare e da cui imparare. In Forster trovava una chiave all’intera arte della scrittura”.
Da Berlino alla California
Negli anni Trenta Isherwood si segnalò scrivendo con W. H. Auden testi teatrali in cui la satira politica è attuata con la tecnica scenica espressionista (The dog beneath the skin, 1933; The ascent of F. 6, 1937; On the frontier, 1938). Insieme con Auden scrisse anche il resoconto di un viaggio in Cina (Viaggio in una guerra, titolo originale Journey to a war, 1939), e nel 1939 emigrò negli Usa stabilendosi in California, dove lavorò come sceneggiatore per la Metro Goldwyn Mayer.
Il lungo soggiorno a Berlino nell’immediato dopoguerra gli ispirò i suoi romanzi migliori, scritti con obiettivi documentari: Il signor Norris se ne va (Mr. Norris changes trains, 1935) e soprattutto Addio a Berlino (Goodbye to Berlin, 1939), che fornì lo spunto narrativo al film Cabaret di B. Fosse (1972). In cifra più intimista e soggettiva è invece La violetta del Prater (Prater violet, 1945). Il tema autobiografico, che attraversa tutta la narrativa di Isherwood, ispira direttamente Lions and shadows (1938), Kathleen and Franck (1971), e Christopher e quelli come lui (Christopher and his kind (1976). Dall’esperienza mistica connessa alla frequentazione della Vedanta Society in California nascono la traduzione in inglese della Bhagavadgītā (1944, insieme con Swami Prabhavananda) e numerosi saggi: An approach to Vedanta (1963), Ramakrishna and this disciples (1965), My guru and his disciple (1980). Tra gli altri romanzi tradotti in italiano: Il mondo di sera (The world in the evening, 1954) e Un uomo solo (A single man, 1964).
I riferimenti a Berlino e alle altre località meta del suo girovagare sono molto precisi, quasi da guida turistica: “Nel dicembre del 1930, Christopher traslocò di nuovo, spostandosi nella parte occidentale della città, dalla Berlino operaia a quella della media borghesia. La sua nuova stanza si trovava in un appartamento di Nollendorfstrasse 17, una via a sud di Nollendorfplatz, dove c’erano diversi caffè e un grande cinematografo. Da Nollendorfplatz, percorrendo Kleitstrasse, si arrivava nell’Ovest, con i suoi negozi costosi. Lì si trovavano anche lo zoo e la chiesa commemorativa del Kaiser Wilhelm. (Questa chiesa era destinata a diventare un duplice monumento commemorativo: dopo la Seconda guerra mondiale, quando Berlino fu ricostruita, le sue rovine bombardate furono simbolicamente lasciate com’erano)”.
La padrona di casa in Nollendorfstrasse, Fräulein Meta Thurau, compare nelle vesti di Fräulein Lina Schroeder sia nel Signor Norris che in Addio a Berlino ed è uno dei personaggi femminili più interessanti, “il meno distorto rispetto all’originale”. Non poche, in Christopher e quelli come lui, sono le notazioni storiche, soprattutto nel periodo berlinese di Isherwood, in quel piano inclinato della storia (tra gli anni Venti e i Trenta del XX secolo) che farà scivolare tutta la Germania nel buco nero del Nazismo e l’intera Europa nell’incubo di una guerra mondiale:
“Si trovava nel crogiolo ribollente della storia nel suo divenire, un crogiolo che sarebbe stato un banco di prova per la tenuta di tutte le teorie politiche, proprio come cucinare è un banco di prova di ogni libro di cucina. A ribollire nel crogiolo berlinese c’erano disoccupazione, fame, panico per la crisi del mercato azionario, odio per il Trattato di Versailles, e altri potenti ingredienti. Il 20 settembre se ne aggiunse uno: alle elezioni del Reichstag, i nazisti ottennero 107 seggi contro i precedenti 12, e per la prima volta diventarono un forza politica di primaria importanza”. Siamo tra il 1930 e il 1931.
Ecco un altro passaggio importante per l’inquadramento storico della vicenda: “Alle elezioni del 6 novembre (1932, ndr) i nazisti persero due milioni di voti e trentaquattro seggi al Reichstag, i comunisti invece presero settecentocinquantamila voti e si aggiudicarono undici seggi. Molti elettori di sinistra, compresi alcuni osservatori politici di grande esperienza, erano convinti che Hitler non si sarebbe mai ripreso dalla batosta e d’ora in avanti non avrebbe più costituito una minaccia. Christopher, pazzo di gioia, scrisse ai suoi amici che Berlino era rossa. Era vero, nel senso che lì i comunisti avevano ottenuto la maggioranza per 100.000 voti. Rimaneva il fatto che i nazisti erano il primo partito del paese”.
Nel giro di un anno tutto si ribalta. La narrazione arriva alle soglie dell’incendio del Reichstag (27 febbraio 1933) provocato da nazisti per scaricare la colpa sui comunisti e avere il pretesto per dichiarare lo stato d’emergenza. “Il 30 gennaio il presidente Hindenburg nominò Hitler nuovo cancelliere della Germania. Un’enorme fiaccolata di nazisti intonò canti per celebrare il trionfo di una serie di accordi sottobanco e raggiri ai danni del vecchio presidente rimbambito. Christopher scrisse a Spender: ‘Come avrai visto, abbiamo il nuovo governo, con Charlie Chaplin e Babbo Natale alla guida. Non ho parole’. (…) Christopher, come altri malevoli ottimisti, continuava a ripetere che non tutto il male viene per nuocere: adesso Hitler avrebbe dovuto affrontare il disastro economico, si sarebbe rivelato un parolaio incompetente, sarebbe stato costretto a dimettersi e i nazisti avrebbero perso qualunque credito. Non posso certo biasimare Christopher l’osservatore ingenuo per la sua mancanza di lungimiranza. Condanno lo scrittore per non aver mostrato molto prima di questi fatti un interesse psicologico nei confronti dei membri al vertice del Partito nazista. Fino al 1932 avrebbe addirittura potuto incontrarli di persona. (…) E non era particolarmente difficile organizzare un’intervista a Göring o persino a Hitler. Christopher non era ebreo, apparteneva alla razza straniera prediletta dai nazisti, parlava bene il tedesco, era uno scrittore e avrebbe potuto farsi passare senza problemi per giornalista indipendente, che potevano addirittura sperare di convertire alla loro filosofia…”
“Il 23 marzo (1933, ndr) il Reichstag venne costretto a suon di minacce ad approvare il Decreto dei pieni poteri, che consegno la Germania a Hitler”. E questo nonostante alle elezioni del 5 marzo i nazisti non erano riusciti a raggiungere una maggioranza netta, a dispetto di una campagna elettorale fatta di propaganda e intimidazioni.
Formazione di un’autobiografia
“Durante gli anni trascorsi in Germania, Christopher tenne un diario. Man mano che si rendeva conto che un giorno ne avrebbe ricavato qualcosa, le annotazioni sulle sue conoscenze cominciarono a farsi più lunghe. L’atmosfera di quel periodo in Il Signor Norris e Addio a Berlino si basa in gran parte su quegli appunti”.
“C’è un libro intitolato Leoni e ombre, pubblicato nel 1938, che descrive la vita di Christopher Isherwood tra i diciassette e i ventiquattro anni. Non è veramente autobiografico, però. (…) Quello che mi propongo di scrivere adesso sarà, per quanto mi è possibile, un libro sincero e basato sui fatti, soprattutto per quel che riguarda me stesso. Sarà dunque un libro diverso da Leoni e ombre e non propriamente un seguito. Tuttavia comincerò dal punto in cui finisce il libro precedente: la partenza del ventiquattrenne Christopher dall’Inghilterra, il 14 marzo 1929, con destinazione Berlino, che avrebbe visitato per la prima volta in vita sua”.
Così l’incipit di “Christopher e quelli come lui”, che parte proprio dal momento in cui Christopher lascia l’Inghilterra per Berlino, dove intende raggiungere l’amico W.H. Auden, ma soprattutto “scatenare i suoi desideri e sbattere ragione e buonsenso in prigione”. Nonostante l’ascesa del partito nazista, la città gli appare come “un misterioso tempio dell’iniziazione” e l’atmosfera libertina che vi regna lo risarcisce della plumbea ipocrisia sofferta in patria. Isherwood rimarrà a Berlino dieci anni, che si riveleranno fondamentali per la sua formazione e forniranno spunti, personaggi e ambientazioni ai suoi romanzi più famosi.
“Io sono una macchina fotografica con l’obiettivo aperto, completamente passiva, che registra e non pensa…Un giorno tutto questo andrà sviluppato, stampato con cura, fissato” si legge nell’incipit di Addio Berlino. Christopher e quelli come lui, pubblicato in prima edizione nel 1976, realizza la promessa. Come precisa lo stesso Isherwood, “Questa frase, I am a Camera (io sono una macchina fotografica) è il titolo scelto da John van Druten per il testo teatrale che ricavò dal romanzo nel 1951. Estrapolata dal contesto, avrebbe finito per etichettare Christopher come uno di quegli eterni outsider che osservano la vita sfilare senza fremiti di sangue, al più come una sorta di malinconica impotenza”.
Christopher Isherwood, Il mondo di sera, Adelphi, 2023
Christopher Isherwood, Un uomo solo, Adelphi, 2018
Christopher Isherwood, Addio a Berlino, Adelphi, 2018
Christopher Isherwood, Iil signor Norris se ne va, Adelphi, 2016
Wystan Hugh Auden e Christopher Isherwood, Viaggio in una guerra, Adelphi, 2007
Lascia un commento