In piena Seconda Guerra Mondiale, nel 1943, il commissario Kersten (Claus Holm) indaga su una serie di delitti di giovani donne tutti identici che sta terrorizzando la Germania e scopre che l’autore degli strangolamenti è lo squilibrato Bruno Lüdke (Mario Adorf). Un gerarca della Gestapo (H. M. Messener) vorrebbe in un primo momento sfruttare il caso a fini politici per proporre un piano di eliminazione di tutti gli individui tarati ma decide in seguito di insabbiare il caso, rendendosi conto che l’inizio della serie di crimini è coinciso con l’avvento del nazionalsocialismo. Il caso non è mai esistito e Kersten, diventato un testimone scomodo, viene inviato sul fronte russo.
Un’analisi del passato nazionalsocialista sotto forma di thriller era un’eccezione nella Repubblica Federale Tedesca negli anni ’50. In generale, durante la fase di restaurazione sotto il cancelliere Konrad Adenauer, le vicende legate al Terzo Reich non erano popolari e la cultura cinematografica della Germania occidentale si abbandonava a film di evasione pieni di romanticismo o cercava conforto nelle commedie della classe media. Ma Robert Siodmak mostra esattamente questo in Ordine segreto del III Reich (Nachts, wenn der Teufel kam, 1957): il suo trattamento del caso controverso di Bruno Lüdke, che ancora oggi non è chiaro se realmente colpevole dell’omicidio di oltre 50 donne oppure se fosse solo un facile capro espiatorio, fa i conti con il canone dei valori e l’immagine di sé di uno Stato ideologicamente contaminato alle sue fondamenta.
Tra il lavoro degli europei che al termine della guerra rientrarono nel Vecchio Continente non più sopportando il sistema degli studios americani, quello di Siodmak (tornato nel 1952 da Hollywood alla madrepatria) spicca in modo particolare perché riuscì a continuare il suo periodo di massimo splendore con due opere: l’adattamento cinematografico dell’opera teatrale di Gerhart Hauptmann I topi (1955) e questo Ordine segreto del III Reich. Nella sua autobiografia, lo stesso regista afferma esplicitamente che di tutti i film che ha realizzato dopo aver lasciato gli USA, solo questi due lo hanno riempito di orgoglio.
Sfruttando al meglio la sceneggiatura di Werner Jörg Lüddecke, ispirata da un’indagine del giornalista Will Berthold, Robert Siodmak firma un’opera potente, politica e di spessore. A colpire lo spettatore, l’immaginario del regista, esplicito omaggio a Lang (con un occhio a M – Il mostro di Düsseldorf), che coniuga la lezione dell’espressionismo con il pragmatico naturalismo hollywoodiano. Il risultato è una storia avvincente e terribile, in cui il vero volto del male è (forse) quello del potere politico, costretto a nascondere i propri panni sporchi per evitare cattiva propaganda.
Ordine segreto del III Reich disegna intelligentemente un quadro caratteristico dell’ultima fase della guerra, durante i bombardamenti anglo-americani delle maggiori città tedesche: si capisce che non si tratta ancora di un ribaltamento di opinione ma di un allontanamento, sia tra le classi lavoratrici che tra le classi medie, dal discorso degli irriducibili del regime nazista. Distanza espressa in modo minore e passivo, fatta eccezione per l’”eroe” del film, il commissario Kersten, e alcuni alti funzionari della polizia e della giustizia che si mantengono cauti. La paura è palpabile nelle parole e negli occhi dei protagonisti (giustificata dalla sanzione finale, il ritorno sul fronte orientale di Kersten). Con tocchi leggeri e continui, Siodmak costruisce un’atmosfera oppressa dall’ideologia mortale e agnostica delle SS: il loro antisemitismo, la loro xenofobia, il loro desiderio di eliminare i malati di mente e soprattutto il loro rifiuto di ogni forma di opposizione rende inevitabilmente qualsiasi forma di resistenza quella di un uomo isolato. Alle SS è lasciata possibilità di avere diritto di vita e di morte (che applicano allo stesso Lüdke!) sui propri simili, a dispetto di ogni forma di giustizia, e di far sparire chi, ai loro occhi, non è mai esistito o non ha più il diritto di farlo.
Nominato all’Oscar come miglior film straniero ma oggi un po’ dimenticato, Ordine segreto del III Reich è uno dei film tedeschi più importanti e intensi degli anni Cinquanta, capace di guardare con la necessaria lucidità – forse favorita dalla lunga permanenza negli Stati Uniti – al recente passato del Paese. Grande prova di tutto il cast, con citazione particolare per lo svizzero-calabrese Mario Adorf: la parte del killer psicopatico lo aiutò a emergere e a far spiccare il volo alla sua carriera.
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