Ne La vita s’impara (Einaudi, 2024) Corrado Augias alterna al racconto della sua esistenza digressioni su libri e autori che hanno improntato le sue letture e la sua formazione, costeggiando, con passo diplomatico, i principali eventi che hanno segnato la storia, soprattutto nazionale, dal Dopoguerra ad oggi. Augias, nato nel 1935, si definisce un “figlio della guerra”, come tutti quelli che hanno vissuto, da bambini e adolescenti, i traumi del periodo bellico e della successiva ricostruzione, politica, economica e sociale. Il padre, Carlo, era stato in servizio a Tripoli, uno dei più giovani ufficiali vicini al governatore della Libia, Italo Balbo. Il nome Augias è probabilmente di origine catalana. Ausiàs March (XV secolo) è considerato il poeta nazionale, detto anche El Petrarca de Catalunuya. Il cognome Augias è molto diffuso in Provenza. La madre di Corrado, Emma era “figlia di Antea, un’ebrea che s’era convertita per andare in sposa a un cristiano”.
“Non so se siano frequenti le adolescenze spensierate, perfino quella di Leopardi per un po’ di anni lo fu; certamente non lo è stata la mia. Molto contribuì la situazione generale, la famiglia sbandata con mio padre, ufficiale della regia aeronautica, prima in Africa (Tobruch) poi in ospedale per una ferita da attacco britannico per la quale rischiava la cancrena. Poi l’occupazione tedesca, la lunga penuria del dopoguerra, la difficoltà del vivere che alcuni patiscono, altri no, e che la mia famiglia patì in misura considerevole, forse addirittura superiore agli effettivi disagi del tempo, aggravata dalla sensazione di un male immeritato per il quale si provava sì pena ma anche vergogna come di una colpa. (…) I nove mesi dal settembre 1943 al giugno 1944 furono un interminabile incubo. Mio padre Carlo aveva aderito al gruppo clandestino guidato dal colonnello Montezemolo, una banda partigiana formata da militari ma -paradosso- poco significativa proprio dal punto di vista militare. Importante invece come cellula di resistenza democratica con ufficiali e sottufficiali di varie armi sui quali la futura Repubblica avrebbe potuto contare”.
Un’intera, lunga vita concentrata in questo libro di neanche 280 pagine. Difficile quindi riassumerne, in una recensione, temi, luoghi, ricordi (dalle città amate -Roma, Parigi, New York- alle esperienze di giornalista e conduttore televisivo), e riflessioni su argomenti impegnativi come Dio e la religione cristiana. A dire il vero, mi aspettavo più informazioni o aneddoti sui tanti personaggi della cultura e della televisione contemporanei che Augias deve avere incontrato e conosciuto nell’arco di una lunga carriera iniziata, in Rai, nel 1960. “Come usavano fare allora i figli della borghesia, subito dopo la laurea, tentai alcuni concorsi, evitai la pubblica amministrazione, scelsi la Banca Commerciale, la Olivetti e la Rai. (…) Vinsi la prima e la terza prova. In realtà avevo passato anche la prova all’Olivetti. Però ho saputo il risultato positivo solo una quarantina d’anni dopo”.
“Sono entrato in Rai il 1° luglio 1960, e ho frequentato per sessant’anni quell’azienda prima da funzionario poi da collaboratore”. Inviato speciale da Parigi e New York de l’Espresso di Arrigo Benedetti, de La Repubblica (sin dai tempi della fondazione nel 1976, con Eugenio Scalfari) e di Panorama, Augias ha condotto trasmissioni televisive note e di successo come Telefono Giallo (1987), Babele (1991-1993), Quante storie (2016-2019), la gioia della musica (2022-2024), e ora La Torre di Babele su La7. È anche uno scrittore che definire prolifico è un eufemismo. Oltre ad essere un giallista e un autore teatrale (l’ultimo lavoro in ordine di tempo è su Leopardi), ha scritto una serie di saggi incentrati su varie città: I segreti di Parigi (1996), I segreti di New York (2000), I segreti di Londra (2003), I segreti di Roma (2005) e I segreti di Istanbul (2016 e 2017, Einaudi). In questi libri affronta temi storici, culturali e artistici, approfondendo cronache famose o dimenticate, usi e costumi che rendono affascinanti queste metropoli. È anche autore di un saggio-racconto (Il viaggiatore alato) sulla vita del pittore livornese Amedeo Modigliani. In particolare, per Einaudi ha pubblicato Il sangue e il potere. Processo a Giulio Cesare, Tiberio e Nerone (insieme a Vladimiro Polchi, ET Pop 2008), il romanzo Il lato oscuro del cuore (2014), Le ultime diciotto ore di Gesù (2015 e 2016), Questa nostra Italia (2017 e 2018), con Giovanni Filoramo, Il grande romanzo dei Vangeli (2019 e 2021), Breviario per un confuso presente (2020), Modigliani. L’ultimo romantico (2020), I segreti di Roma cristiana (2024, pubblicato nel 2022 con il titolo La fine di Roma), e la raccolta Racconti parigini (2018).
Un’autobiografia intellettuale
La vita s’impara mi sembra, dunque, più un’autobiografia intellettuale e culturale che un dettagliato resoconto della sua esistenza. Moltissimi gli scrittori e i filosofi che incontriamo in questo libro. Ampia trattazione è dedicata a Walt Whitman, a Ludwig Feuerbach e alla sua opera più famosa, L’essenza del cristianesimo, ma anche a Spinoza, Nietzsche e Freud (si legga il capitolo Maestri antichi per tempi nuovi) e a Ernest Renan, l’autore di Vita di Gesù. Augias preferisce indugiare sulle sue letture preferite, da San Paolo (a cui il cardinal Ravasi ha dedicato una nuova monografia uscita proprio nel 2024) al teologo Sergio Quinzio, da Lucrezio (De rerum natura) a Leopardi, da Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini a Francesco De Sanctis: la sua Storia della letteratura italiana è stata per Augias un’opera aprente, rivelatrice: “Probabilmente non avrei letto nulla di Francesco Guicciardini, se non m’avesse incuriosito questo giudizio di De Sanctis: «Francesco Guicciardini, ancorché di pochi anni più giovane di Machiavelli e di Michelangiolo, già non sembra della stessa generazione. Senti in lui il precursore di una generazione più fiacca e più corrotta, della quale, nei suoi Ricordi, egli ha scritto il vangelo» E ancora: «Il dio del Guicciardini è il suo particolare: ed è un dio non meno assorbente che il Dio degli ascetici, o lo Stato del Machiavelli. Tutti gli ideali scompaiono. Ogni vincolo religioso, morale, politico, che tiene insieme un popolo, è spezzato».
Non meno importante nella sua formazione la scoperta di Raymond Aron (1905-1983) e del suo L’oppio degli intellettuali, uscito in prima edizione nel 1955: “Convinto sostenitore della libertà individuale, Aron criticava gli intellettuali «di sinistra» per il loro sostegno al comunismo e al maoismo. Ricordo -tacendo i nomi- l’entusiasmo con cui venne accolta la «rivoluzione culturale» o le sfilate dei giovani cinesi che brandivano il libretto rosso come vangelo. Aron denunciava la soppressione dei diritti individuali, noi -io- pensavamo che più di quei diritti importasse la giustizia sociale anche a costo di doverla imporre con le maniere forti”.
Sembra incredibile, a chi come me è abituato a vederlo in televisione con quell’aria di borghese gentiluomo colto ed elegante, un po’ prete, un po’ maestro ottocentesco, ma Augias in gioventù lesse libri allora quasi proibiti (scoperti nella biblioteca paterna) come Les demivierges di Marcel Prévost e i romanzi -come Mammiferi di lusso, Oltraggio al pudore, La vergine a 18 carati, Dolicocefala bionda, Cocaina– di Pitigrilli (ne parla nelle prime pagine del libro): “Forse bisognerebbe rileggerlo per intero, Pitigrilli: era uno scrittore di notevole efficacia tradito alla fine solo dalla sua ripetitività -ma soprattutto le sue pagine aiuterebbero a capire meglio in quale misura la povera Italia di eri continui a riflettersi in quella di oggi”.
Aggiungo io, che a danneggiare l’immagine di Pitigrilli, al secolo Dino Segre, fu soprattutto il suo ruolo di informatore dell’Ovra, emerso nel Dopoguerra, “Sebbene -come precisa Anna Antolisei nella prefazione a Pitigrilli, un aforista in ombra- nessuna delle accuse che piovvero a decine sulle spalle di Segre, sia mai stata giuridicamente provata (assieme a diversi intellettuali, all’epoca testimoni dei fatti, tra quali Michele Straniero, Giorgio De Rienzo, Amor Sion Segre, ecc, anche Indro Montanelli si prodigò per la riabilitazione postume di Pitigrilli in un articolo del 1993 su «Il Corriere della Sera»); ma la rivalutazione del Pitigrilli scrittore è giusta: averne oggi di scrittori come Pitigrilli, e non a caso a riabilitarlo come narratore fu un saggio di Umberto Eco (Pitigrilli, l’uomo che fece arrossire la mamma, ora in Il superuomo di massa) che suggeriamo caldamente di leggere.
È la realtà che produce l’ateismo
Come accade per molti uomini benestanti o ricchi, fortunati e di successo, Augias è ateo. È strano, almeno per me, che sin da ragazzino oscillo con angoscioso moto pendolare tra un forte desiderio di credere in un Dio padre, buono, giusto, etico, attivo nella storia e nella vita dell’umanità, e una realtà (la vita, la storia) che immancabilmente offrono chiare dimostrazioni cartesiane dell’impossibilità di questo sogno. Augias ha scritto non pochi libri su Dio e il cristianesimo: nel 2008 pubblica Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione, un dialogo con Remo Cacitti, docente di letteratura cristiana e storia del cristianesimo. Tre anni prima era uscito, in collaborazione con Mauro Pesce, Inchiesta su Gesù. Nel 2009 Augias è coautore con Vito Mancuso di Disputa su Dio e dintorni, libro in cui il giornalista e conduttore televisivo ribadisce il suo ateismo.
Ne La vita s’impara scrive: “Oltre ad avere un suono sgradevole, la parola «ateo» ha anche un significato impreciso. Nell’antica Roma i cristiani erano considerati «atei» perché si rifiutavano di compiere i previsti riti di venerazione all’immagine dell’imperatore. Il vasto e tollerante pantheon delle religioni classiche non prevedeva che ci fosse un unico depositario della verità. Accadde invece che, insieme a tante novità positive, consolatorie, ottimistiche, insieme alla promessa suprema di poter addirittura risorgere dalla morte, il cristianesimo introdusse anche la funesta pretesa di essere l’unica religione depositaria della verità. Una rivendicazione orgogliosa oggi declinante ma di cui le tre religioni monoteistiche, in particolare cattolicesimo e Islam, continuano a pagare il prezzo”. E aggiunge: “Personalmente, non credo in un Dio creatore del cielo e della terra. Non so bene che cosa voglia dire «dio», in ogni caso non sono capace di «credere», è un mio difetto, un’insufficienza, un’imperfezione alla quale non sono in grado di rimediare”.
Corrado Augias, I segreti di Roma cristiana. Trionfo del cristianesimo, morte dell’impero, Einaudi Super ET, 2024
Gianfranco Ravasi, Ero un blasfemo, un persecutore e un violento. Biografia di Paolo, Raffaello Cortina editore, 2024
Anna Antolisei, Pitigrilli, un aforista in ombra, edizioni Joker, Alessandria, 2018
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