Durante la Guerra dei Trent’anni, un professore diventato vagabondo, Vogel (Omar Sharif), trova rifugio in una valle che è riuscita a sfuggire ai combattimenti sino a quel momento. Convince il Capitano (Michael Caine) di una banda di mercenari a risparmiare il villaggio e i suoi abitanti e a stabilirsi per il periodo invernale. Il Capitano condivide con le sue argomentazioni ma impone le sue condizioni alla popolazione. Sorgono tensioni tra soldati e contadini e persino tra i mercenari di diverse convinzioni religiose. Dopo aver lasciato la valle per tornare in battaglia, il Capitano ritorna per morire mentre Vogel se ne va per sempre.
James Clavell è una figura interessante del cinema britannico. È stato sceneggiatore di film diversi tra loro come La mosca (The Fly, 1958) e La grande fuga (The Great Escape, 1963). Grazie al suo romanzo d’avventura di successo Tai-Pan e al film La scuola della violenza (To Sir, with Love, 1967), che aveva scritto e diretto, Clavell riuscì finalmente a montare un progetto molto personale e che aveva in mente da molto tempo, l’adattamento cinematografico del romanzo storico di JB Pick The Last Valley.
Con la sua ambientazione nel diciassettesimo secolo che rappresentava vasti eserciti in guerra, non era un progetto economico; finì per costare quasi 7 milioni di dollari. Il pacchetto fu messo insieme dall’agente di Clavell, Martin Baum, che era anche il capo della ABC Pictures, la divisione cinematografica del network televisivo statunitense ABC. Fu anche deciso di girare il film con il costoso processo Todd-AO, battezzando L’ultima valle (The Last Valley, 1971) come l’ultima pellicola a essere girata con questo processo per una ventina d’anni.
Come si addice a questo genere di dramma storico, i nomi di spicco erano essenziali e Clavell scelse Michael Caine e Omar Sharif. I due si incontrarono per la prima volta in un hotel di Parigi e non passò molto tempo prima che la conversazione si spostasse sulla spinosa questione del cachet. Sharif suggerì che il compenso principale andasse a chi aveva l’assegno più consistente. Caine acconsentì. Tornato a Londra, Caine scoprì che Sharif avrebbe incassato seicentomila dollari. Chiamò immediatamente il suo agente e gli impose di pretendere per lui settecentocinquantamila dollari. E così ottenne il suo compenso più alto per un film fino a quel momento, aggiudicandosi anche il primo nome in cartellone.
Utilizzando un accento tedesco che in seguito avrebbe riciclato per La notte dell’aquila (The Eagle Has Landed, 1976) di John Sturges, in The Last Valley Caine interpreta il ruvido capo di una banda di mercenari durante la Guerra dei Trent’anni, il conflitto religioso combattuto in Europa che rappresenta una delle guerre più lunghe e brutali della storia dell’umanità.
The Last Valley inizia nel XVII secolo con un uomo dalla natura selvaggia: il suo nome è Vogel. Siamo rapidamente indotti a capire che ciò che è importante di lui è che è un testimone, della violenza, del genocidio, della Storia. Si allontana barcollando dagli assalitori, attraverso una pila di corpi portatori della peste, alla volta di una valle sconosciuta. A scoprire la valle ci sono anche il Capitano e il suo mortale esercito mercenario. Vedono la vita tranquilla degli abitanti cattolici del luogo e invidiano la loro sicurezza; come mercenari, non ne hanno. La popolazione cattolica della valle, tuttavia, non è esattamente innamorata dei soldati che il Capitano comanda, anche se egli si rifiuta di bruciare le loro chiese. Il Capitano finirà per massacrare i suoi prigionieri, o la pace può germogliare in mezzo ad un’aspra faida religiosa che dura da generazioni?
C’è una terza dimensione nella vicenda che eleva la narrazione. Una spiegazione nei titoli sottolinea che, nonostante la ben nota ferocia del conflitto religioso nella Germania meridionale all’epoca, i mercenari non prendono posizione, fanno solo ciò che viene loro detto. I loro padroni sfruttano le differenze tra cattolici e protestanti per i propri fini, il che consente astutamente al film stesso di evitare di schierarsi; l’autore del libro originale era un quacchero. Il Capitano, con il suo accento tagliente e i riflessi rapidi della sua spada, è un potenziale mostro, in realtà emerge come una figura riflessiva e tragica, un uomo che non ha mai conosciuto altro che la guerra e vede il mondo con sano cinismo. “Osi parlarmi di nemici e guerre giuste? Non esiste una guerra giusta. Lo sai; lo sanno tutti. La verità è che i tuoi leader sono bigotti, i tuoi generali sono banditi; impieghi qualsiasi mercenario tu possa trovare e il Papa fa politica!” eeclama il Capitano. “La verità è che la vostra guerra è sporcizia, avidità e ipocrisia, e l’altra parte è altrettanto marcia! Tutte le parti sono marce, tranne persone come voi, fanatici religiosi che incitano all’omicidio per amore di un Dio che non hanno mai conosciuto”.
In aggiunta: una sottotrama rara e intelligente sull’influenza della stregoneria, incarnata dalla “strega delle streghe” Florinda Bolkan; una location fantastica che evolve con il passare delle stagioni,; un cast di contorno eccellente.
Caine accettò il ruolo perché era fortemente alternativo al “cockney” di Alfie e Harry Palmer. Occupandosi poi di guerra e religione il film era particolarmente attuale all’epoca con i problemi nell’Irlanda del Nord. La descrizione della storia di soldati che saccheggiavano e distruggevano, poi, faceva venire in mente il coinvolgimento degli Stati Uni in Vietnam. Clavell s’intendeva di guerra. Aveva prestato servizio come capitano nella Royal Artillery durante la seconda guerra mondiale. Catturato dai giapponesi nel 1941, trascorse tre anni come prigioniero di guerra nella famigerata prigione di Changi a Singapore, un’esperienza che avrebbe ispirato il suo primo romanzo, King Rat, nel 1962, dal quale avrebbe tratto lo straordinario (e dimenticato) Qualcuno da odiare (King Rat, 1965).
Le riprese si svolsero in Austria e gli attori erano collocati in un hotel di Innsbruck. La maggior parte delle sere il cast giocava a poker. Dopo aver vinto qualche mano Sharif disse che non avrebbe più giocato perché era un giocatore professionista di bridge ed era ingiusto che continuasse a vincere. Caine invece continuò a giocare. A volte gli attiri andavano a cena in un club del luogo. Quando arrivavano, e vedevano Sharif, la band incominciava a intonare la musica del Dottor Zivago. E Caine diceva: “Perché non suonano mai Alfie?”
Le riprese furono lunghe ma piacevoli, fatta eccezione per un terribile incidente accaduto ad un interprete di contorno che morì a causa di un infarto.
La maggior parte degli attori doveva andare a cavallo, cosa che a Caine non è mai andata a genio.
Con una sceneggiatura intelligente e una regia esperta, una fotografia sbalorditiva e una delle colonne sonore più significative di John Barry, The Last Valley fece ottimi affari in Gran Bretagna. Ma negli States si rivelò un disastro al botteghino e il flop contribuì alla cessazione dell’attività produttiva della ABC Pictures nel 1972 (con milioni di perdite, senza aver mai realizzato un profitto).
Per Caine il fallimento di The Last Valley fu una delle sue più amare delusioni. Aveva fornito quella che pensava fosse una delle sue migliori performance, “e tutto invano”, scrisse nella sua autobiografia. “Sapevo già fal giorno in cui l’avevamo ultimato che non avrebbe funzionato”. Quanto a Clavell, non avrebbe diretto un altro lungometraggio (a parte un Tv-movie nel 1982). Invece, tornò a scrivere libri, e il risultato fu il bestseller Shogun.
Lascia un commento