All’inizio degli anni ’80, il produttore Kip Ohman si interessa all’idea di rifare L’esperimento del dottor K. (The fly) di Kurt Neumann, un classico della fantascienza horror a sua volta basato sul racconto omonimo di George Langelaan. Dopo aver pensato al giovane Tim Burton per prendere le redini del progetto, è finalmente il gigante David Cronenberg a ereditare la cabina di comando, dopo aver rinunciato al film Total Recall, affidato a Paul Verhoeven.

A dire il vero, abbiamo appena riassunto qui nel modo più sobrio del mondo i tentativi di un lungometraggio miracoloso, che ha circolato in molte mani prima di finire in quelle del regista canadese: La mosca non è solo uno dei più grandi film del suo autore, ma soprattutto l’evidente incontro di un artista con il suo soggetto. Dopo aver rivisto integralmente la sceneggiatura di Charles Edward Pogue, Cronenberg ha reso l’opera un concentrato delle sue ossessioni, e un monumento del sottogenere body-horror. Non è un caso quindi che La mosca rimanga il titolo forse più conosciuto della filmografia del regista, non solo perché ne condensa le ossessioni, ma anche perché vi si trovano due generi sottilmente mescolati, il dramma e il fantastico.

Se nei suoi epifenomeni il body-horror rappresenta i corpi trasformati e mutanti, racchiude al suo interno una delle paure congenite dell’uomo: quella della perdita della nostra natura e per estensione della nostra identità. Ed è esattamente questo il tema che ci mostra in filigrana il film attraverso il suo protagonista Seth Brundle. Jeff Goldblum, la cui allegra eccentricità incarna brillantemente l’atmosfera destabilizzante del lungometraggio, interpreta uno scienziato che, durante una serata, decide di svelare alla giornalista Veronica Quaife (Geena Davis) il frutto delle sue ricerche sul teletrasporto. Cronenberg rende la personalità del suo protagonista quella di  un bambino sovraeccitato, al punto che il suo entusiasmo riesce non solo a sedurre Veronica (la loro collaborazione si estenderà anche alla camera da letto), ma anche a convincerla a documentare in un libro le sue esperienze di ricerca. Sfortunatamente Stathis Boran, caporedattore ed ex fidanzato di Veronica si intromette e lo scienziato perde la pazienza al punto di testare su di sé la macchina, rendendosi conto troppo tardi della presenza fatale e catastrofica di una mosca nel macchinario per il teletrasporto…

Tre personaggi, una mosca e un babbuino: a parte alcune scene, è con questo che Cronenberg ha costruito La Mosca. La teatralità del racconto gli permette di elaborare la relazione triangolare tra i protagonisti e di aumentare l’intensità delle rispettive crisi di gelosia. Il magazzino, che funge sia da laboratorio che da habitat a Brundle, è imposto fin dall’inizio come il luogo principale del film, esplorato in lungo e in largo dall’uomo-mosca: una sorta di mezzodio che paga la sua hybris perché le stesse doti acquisite in modo fortuito durante il teletrasporto lo rendono raccapricciante. La storia nelle mani di Cronenberg è portata al parossismo quando Veronica resta incinta di Brundle, potenzialmente in attesa che un nuovo mostro si riproduca…

Ma è proprio questo suo essere eccessivo che rende La mosca un classico che rimane attuale ancora oggi e, a distanza di quasi quarant’anni, non ha perso né il suo splendore né la sua poesia. Merito, senza dubbio, di Cronenberg che ha sempre considerato il film come un progetto che evoca lo spettro del disfacimento della malattia e della vecchiaia e, per questo, ha una portata universale inestimabile. 

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