“Sono un pascoliano infinito”. Lo ha detto, riferendosi a sé stesso, il regista Marco Bellocchio ricordando il suo amore per la poesia e la figura di Giovanni Pascoli, durante la presentazione a San Mauro Pascoli del libro Una dolorosa immobilità. La vita di Giovanni Pascoli in una sceneggiatura interrotta (2024). Bellocchio ha rivelato la storia di un film su Pascoli rimasto nel cassetto: commissionato dalla Rai, previsto per il 1982, il film nasceva dalla sceneggiatura di Vincenzo Consolo, con il contributo di Vincenzo Cerami e dello stesso Bellocchio. Ma i progetti cinematografici sulla vita di Pascoli non finiscono qui. Il regista Giuseppe Piccioni, uno dei più famosi cineasti italiani contemporanei, e i rappresentanti della casa di produzione MeMo films hanno visitato la Casa Museo a Castelvecchio Pascoli, piccolo borgo del comune di Barga, nell’alta valle del Serchio, dove il poeta trascorse lunghi periodi nell’ultima parte della sua vita; scopo del sopralluogo, un nuovo film dedicato a Giovanni Pascoli che sarà trasmesso dalla Rai. Riprese previste per l’autunno 2024. A Castelvecchio di Barga nacquero alcune delle più importanti raccolte di poesie di Giovanni Pascoli, dai Primi Poemetti (1897) ai Canti di Castelvecchio (1903) ai Poemi Conviviali (1904). 

Il poeta con le sorelle Ida e Maria

L’attualità di Pascoli non è solo poetica. I suoi versi sono più noti della vicenda esistenziale che affascina sceneggiatori e registi; dal conflitto, ricordato da Bellocchio, tra la militanza ideologica guidata dalle insegne del socialismo, vissuta dal Pascoli giovane (gli costò durissimi mesi di carcere che stroncarono le sue velleità politiche), alla vocazione di poeta in lingua italiana e latina, studioso e docente, che prevarrà nella sua non lunghissima esistenza (morì a 57 anni), pur nel mare di immani tragedie personali, a partire dall’uccisione del padre fino alle incombenze familiari e ai connessi fardelli delle responsabilità che cominciarono a gravare sul poeta dai suoi 26-27 anni. Pascoli era il quarto dei dieci figli di Ruggero e Caterina Allocatelli Vincenzi, discendente da un nobile casato di Sogliano al Rubicone. La pubblicazione del carteggio con il fratello Raffaele ha permesso di svelare aspetti poco noti della vita di Giovanni Pascoli. Le lettere ci consegnano la voce di un personaggio tormentato dalle ansie familiari, in particolare dalla situazione delle sorelle Ida e Maria (chiamata affettuosamente “Mariù”), il cui attaccamento al fratello ostacolò (è la tesi del libro di Francesca Sensini, Pascoli maledetto) la vita sentimentale del poeta già di per sé non proprio animata da furore dongiovannesco e coribantico. Anzi, diciamocela tutta, Pascoli è il perfetto paradigma dell’erudito single tutto lavoro, poesia, famiglia. Questo personaggio, nuovo e antico (sicuramente universale), è stato raccontato nel 2015 da Narratore dell’avvenire. Un film su Giovanni Pascoli, poeta, regia di Mauro Bartoli e prodotto da Lab Film che Rai Cultura ha proposto su Rai 5 per Sciarada, il circolo delle parole.

Una breve carrellata biografica 

Ci sono scrittori – e sono la maggioranza – la cui vita è di gran lunga meno interessante della loro poesia. Altri, e fra loro Giovanni Pascoli, si dibattono in biografie più (o non meno) tormentate dei loro versi.  Pascoli nasce nel 1855 a San Mauro di Romagna. Ha solo dodici anni quando (10 agosto 1867) accade uno degli avvenimenti più traumatici della sua vita: il padre, agente dei principi Torlonia, viene ucciso da ignoti in un agguato. La poesia X agosto in Myricae allude proprio a quell’evento funesto, come più tardi la Cavalla storna, una delle poesie cult di Pascoli, imparata a memoria da generazioni di italiani. Nei versi finali si avverte chiaramente la sensazione che il nome dell’uccisore fosse noto: la madre chiede, infatti, alla cavalla storna -che tirava il calesse sul quale Ruggero Pascoli tornava a casa- di confermare in qualche modo il nome da lei pronunciato:

“Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise:
Esso t’è qui nelle pupille fise.

Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
E tu fa cenno. Dio t’insegni come.” (…)

Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
Disse un nome…Sonò alto un nitrito”.

Ruggero Pascoli

Circa dieci anni dopo (1876) la morte prematura del fratello Giacomo aggrava la disperazione. Giovanni lascia gli studi e si avvicina alla politica: stringe amicizia con il leader degli anarchici romagnoli, Andrea Costa. Nel 1879 si fa alcuni mesi di carcere, in seguito a dimostrazioni connesse all’attentato anarchico contro Umberto I. Nel 1882 si laurea e comincia l’insegnamento di greco e latino nei Licei. 

Docente di letteratura latina all’Università di Messina (1898-1902), di grammatica greca e latina a Pisa (1903-1905), nel 1906 succede a Giosuè Carducci nella cattedra di letteratura italiana all’Università di Bologna. Muore nel 1912. Viene sepolto a Castelvecchio di Barga. Oltre alla vasta produzione poetica nella quale spiccano Myricae (1891), Primi Poemetti (1904), Canti di Castelvecchio (1903), Poemi conviviali (1904), va ricordata la poesia in latino: Pascoli vinse più volte il concorso di poesia latina ad Amsterdam. Fu anche un grande -e altrettanto incompreso- studioso di Dante: i suoi saggi sull’Alighieri e la Divina Commedia sono raccolti in tre volumi: Minerva OscuraSotto il velame e La mirabile visione. Fra le altre opere saggistiche una menzione va naturalmente a Il fanciullino pubblicato per la prima volta nella rivista Il Marzocco nel 1897, nel quale Pascoli illustra la sua poetica e la sua concezione estetica.

Pascoli a Barga con Maria

La scuola ha contribuito a fissare nella bacheca oleografica e un tantino agiografica del compitino la figura del poeta agreste e metafisico, del poeta delle piccole cose e del Fanciullino, degli orfani, dei poveri, della natura e degli animali. Si è creato il mito scolastico di un Pascoli sempre pronto a commuoversi, lacrimoso e dolente. Dagli archivi emerge un uomo e un poeta attento al proprio tempo, che riflette su temi come giustizia, problemi sociali, sui milioni di italiani che in quel periodo emigrano Oltreoceano perdendo la loro patria, la loro lingua, le proprie radici culturali.

La casa-museo Giovanni Pascoli di Barga

Anche il cinema e la televisione possono contribuire alla riscoperta della figura di Pascoli. Penso a Pascoli a Barga (2012), docufiction prodotta da Lorenzo e Stefano Minoli, 53 minuti che raccontano la vita barghigiana del poeta di San Mauro di Romagna che visse a Castelvecchio dal 1895 al 1912 con la sorella Maria, detta Mariù. La docufiction, girata nel 2011 con riprese a Lucca, Barga e nella casa e nel giardino sul Colle di Caprona, ricostruisce la quotidianità nella dimora di Castelvecchio con la sorella, i rapporti con la famiglia e la preparazione del discorso La grande proletaria si è mossa che Pascoli tenne al teatro dei Differenti il 21 novembre 1911 a favore della conquista della Libia. Ma viene ricordato anche l’affetto per Isabella, la bimba tornata nel paese di origine dei genitori per curare una grave malattia: vicenda raccontata da Pascoli nel poemetto Italy. A interpretare Giovanni Pascoli è l’attore Marco Guerrini; Giuditta Natalia Elmi è la sorella Mariù, Cesare Galli ha il ruolo di Puccini. 

Un breve, ma suggestivo capitolo firmato dal citato Marco Guerrini, il Pascoli della docufiction del 2012, chiude il libro di Francesca Sensini Pascoli maledetto, dove maledetto sta per maudit, riferito ai poeti francesi (come Paul Verlaine, Arthur Rimbaud, Stephane Mallarmé) antologizzati nella celebre silloge del 1884 (Les poètes maudits). Sembra una provocazione, perché nella nostra memoria scolastica non c’è nessun poeta dall’immagine più rassicurante e familiare di Pascoli. Ma il libro della Sensini è “un lavoro a tesi ed un lavoro di parte. La tesi è che Pascoli sia il nostro poeta maledetto o, detto altrimenti, che debba essere ricondotto a quella temperie estetico-filosofica e studiato in una prospettiva risolutamente europea. Pascoli maledetto, dunque, à la Verlaine e a modo suo, con un’originalità che ne fa un maestro unico della poesia europea moderna”. Il libro di Francesca Sensini affronta anche alcuni nodi delicati della biografia del poeta: dalla misteriosa uccisione del padre all’ambiguo e soffocante rapporto con le sorelle e in particolare con Mariù. 

Un cold case

L’omicidio di Ruggero Pascoli è stato uno dei più famosi cold case della letteratura italiana. In Omicidio Pascoli. Il complotto (2014), Rosita Boschetti (nata a Santarcangelo di Romagna, nel 1972), direttrice del Museo Casa Pascoli di San Mauro, formula, partendo dai documenti e dalle ricerche d’archivio, nuove ipotesi sulla genesi e gli esecutori dell’omicidio di Ruggero Pascoli, delitto rimasto impunito. La morte del padre sarà per Giovanni un evento non solo luttuoso di per sé, ma foriero di catastrofiche conseguenze sulla psiche del poeta romagnolo e sugli assetti familiari. Quella data rappresenta un crinale tra un prima normale e sereno e un dopo costellato di lutti, malattie, difficoltà, sbandamenti, 

Il padre di Giovanni Pascoli, Ruggero, discendeva da un’antica famiglia di Ravenna. Rimasto orfano, viene affidato allo zio, soprintendente della tenuta La Torre, proprietà dei principi Torlonia a San Mauro. Quest’ultima diventa anche la professione di Ruggero che nel 1854 succede allo zio. Giovanni Pascoli, il futuro poeta, nasce il 31 dicembre 1855, a San Mauro di Romagna oggi San Mauro Pascoli, in provincia di Forlì-Cesena, in via dell’Acqua, l’attuale via G. Pascoli 46. 

Anche allora circolavano i nomi dei sicari e persino del mandante: l’agguato al padre di Pascoli avvenne il 10 agosto 1867 sulla via Emilia, tra Savignano e Langiano. Di ritorno in calesse dalla stazione di Cesena  -era andato a ricevere un incaricato del Principe Torlonia, tal signor Petri, che tuttavia non si presentò mai all’appuntamento- è raggiunto da un colpo di fucile in fronte, sparato tra Villa Gualdo e la chiesa di San Giovanni in Còmpito. Racconta Francesca Sensini in Pascoli maledetto: “Ruggero non piace a tutti, troppo severo, troppo rigido, troppo fortunato. Nella sua posizione di fattore esercita di fatto il potere del principe sui mezzadri della tenuta. Egli ha occupato diverse cariche pubbliche nel comune a San Mauro: consigliere, assessore e infine sindaco nel delicato anno 1859, quando la Romagna, insorta insieme a Emilia e Toscana, riesce a liberarsi del dominio degli Austriaci e del Papa grazie all’azione dell’esercito volontario repubblicano, formato da garibaldini e mazziniani”. In quel momento, Ruggero vota per l’annessione della Romagna al Regno di Sardegna, di fatto tradendo la causa repubblicana. La soluzione monarchica è sgradita ai romagnoli, in particolare al quarto stato romagnolo, e il nuovo sindaco, Ruggero Pascoli, si fa nuovi nemici. In questa torbida situazione di conflitti politici e rivalse personali, si matura il delitto Pascoli: un proprietario terriero della zona, repubblicano, interessato al posto di amministrazione alla Torre, occupato dal padre del poeta, avrebbe assoldato due sicari per toglierlo di mezzo; l’omicidio resta impunito e  l’avido proprietario terriero diventa poco tempo dopo amministratore dei Torlonia. (per i particolari vedi anche Sensini, 2020, pagg.20-21).

L’imperitura attualità di Pascoli

L’attualità di Giovanni Pascoli come poeta non è mai venuta meno in più di un secolo dalla sua morte (1912). Per me è un esempio di poeta sempre contemporaneo come Giacomo Leopardi ed Eugenio Montale. Nel Dopoguerra piace e viene studiato da poeti come Pier Paolo Pasolini (che si laurea nel 1945 con una tesi su Pascoli), da storici della lingua, filologi e strutturalisti come Gianfranco Contini, Giacomo Debenedetti, Pier Vincenzo Mengaldo, Gianluigi Beccaria. Nessuno, credo, mette in dubbio il fatto che l’autore di Myricae e dei Canti di Castelvecchio, per citare i titoli di due raccolte di versi cult, rappresenti, insieme a Gabriele D’Annunzio, la sorgente di buona parte della poesia del Novecento. Alla faccia di Benedetto Croce che non capì un tubo della poesia pascoliana, evidenziandone l’aspetto decadente. Fu Emilio Cecchi uno dei primi a rivisitare con maggior equilibrio critico Pascoli in un saggio del 1912 che, insieme ad altri, verrà raccolto in volume  nel 1947. Negli anni Cinquanta uscirono due contributi fondamentali per rifocalizzare in chiave più contemporanea e formalmente aggiornata la poesia pascoliana: i saggi di Gianfranco Contini e Pierpaolo Pasolini (su Officina nel 1955). È dall’analisi di Contini (Il linguaggio di Pascoli, 1958) che parte l’elaborazione critica dello sperimentalismo formale, metrico e linguistico pascoliano, tema approfondito successivamente poi da altri studiosi come Giorgio Bàrberi Squarotti, Giacomo Debenedetti, Edoardo Sanguineti, Pier Vincenzo Mengaldo e Gianluigi Beccaria. E a conferma dell’importanza del poeta romagnolo, l’antologia della poesia del Novecento di Edoardo Sanguineti si apre proprio con Pascoli e D’Annunzio. 

Gianfranco Contini

Anche studiosi di letteraratura come Cesare Garboli e Giuseppe Nava (che cura l’edizione critica di Myricae (1974), hanno recuperato la dimensione esistenziale e storica del mondo pascoliano mettendone in luce gli aspetti tematici che più lo rendono vicino al nostro tempo. Insomma, Pascoli è apprezzato e compreso oggi più che ai suoi tempi. Come scrisse Eugenio Montale in un articolo uscito sul Corriere della Sera il 30 dicembre 1955, primo centenario dalla nascita del poeta di San Mauro di Romagna, “Pascoli non è ancora un poeta imbalsamato. Si parla ancora di lui, ma forse la sola novità degli studi pascoliani è che la sua Musa ci appare oggi meno problematica; e che il campo non è così diviso fra negatori ed esaltatori”. La sua Musa ci appare chiara e attualissima. Quello che ancora non è proprio del tutto comprensibile è il perverso accanirsi del destino su uno più grandi spiriti della poesia italiana.


Bruno Nacci, Giovanni Pascoli. Dal nido al cosmo, Ares, 2024
Francesca Sensini, Pascoli maledetto, Il Melangolo, 2020
Rosita Boschetti, Omicidio Pascoli. Il complotto, Milano, Mimesis, 2014
Maurizio Garuti, Il segreto della cavallina storna. Un’altra verità sull’omicidio Pascoli, Bologna, Minerva, 2019
Vincenzo Consolo, Marco Bellocchio, Vincenzo Cerami, Una dolorosa immobilità. La vita di Giovanni Pascoli in una sceneggiatura interrotta, FAAM Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2024
Giovanni Pascoli, Trenta poesie famigliari di Giovanni Pascoli, a cura di Cesare Garboli, Quodlibet 2024
Andrea Gareggi e Claudio Damiani, a cura di, L’era nuova. Pascoli e i poeti d’oggi, LibrAria edizioni, 2017
Giovanni Pascoli, Poesie, scelte da Luigi Baldacci con note di Maurizio Cucchi, Garzanti,  2013

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Una risposta a “Giovanni Pascoli, l’immagine rassicurante di una vita maledetta”

  1. […] un testo dedicato all’Usignolo (nella raccolta Nuovi Poemetti) anche nella produzione di Giovanni Pascoli: è una poesia d’amore divisa in tre brevi parti, e solo nell’ultima finalmente compare […]

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