Magnificent desolation. Una stupenda, grandiosa, desolazione. È l’espressione con cui Buzz Aldrin, uno dei tre cosmonauti americani protagonisti della prima missione sulla Luna dell’Apollo 11 (1969), si riferiva alla superficie lunare. È anche il titolo di una sua autobiografia uscita nel 2009. Michael Collins, l’astronauta che rimase a orbitare nel modulo di comando dell’Apollo, mentre gli altri due colleghi posavano i piedi sul suolo del satellite, pare abbia commentato “Sono l’uomo più solo dell’universo. Mi sento come Adamo”. Questa frase mi ricorda un’analoga considerazione del Comandante George Taylor (interpretato da un monumentale Charlton Heston) nel film Il pianeta delle scimmie (1968) quando, nella sua astronave in viaggio nel tempo, conclude in modo più sconsolato che asseverativo: “in tutto questo universo provo solo una sconfinata solitudine”. Atterrerà su un pianeta che si rivelerà alla fine proprio la Terra in un futuro distopico dove l’umanità, autodistruttasi con la guerra atomica, è regredita a uno stato primitivo, in un mondo dominato da una nuova civiltà scimmiesca. Un incubo alla Orwell.
“L’universo, un disegno poco intelligente” è il titolo di un articolo (Corriere della Sera, 22 marzo 2024) a firma di Carlo Rovelli (fisico e divulgatore scientifico, classe 1956, autore fra l’altro di Sette brevi lezioni di fisica e Buchi bianchi usciti per Adelphi) e Giuseppe Tanzella-Nitti, professore ordinario di teologia fondamentale presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma. Questo articolo costituisce il seguito di un dibattito iniziato con un’ampia discussione (La Lettura, Corriere della Sera, 25 febbraio 2024) sul libro Dio. La scienza, le prove di Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies, edito da Sonda nella traduzione di Elisabetta Craveri.
I due autori (Bolloré è ingegnere informatico, Bonassies è teologo e imprenditore) partono dalle costanti dell’universo (quelle leggi di natura chimico-fisica sulle quali si regge tutto l’equilibrio del cosmo) per dimostrare l’intelligenza della creazione, o meglio l’esistenza di un disegno intelligente dietro la creazione. Dice Bonassies: “L’universo non è eterno, ha un inizio e una fine, ed è scientificamente ragionevole pensare che l’inizio dipenda da una causa originaria, che possiamo chiamare Dio. Poi, insisto, sulla regolazione dell’universo, che si regge sulla precisione fantastica di almeno una trentina di costanti” (Corriere della Sera, 25 febbraio 2024)
“Fino all’inizio del XX secolo, intorno agli anni Venti, il senso della storia sembrava andare verso il materialismo e lo scientismo, verso la negazione di Dio -spiega Michel-Yves Bolloré, fratello minore dell’imprenditore Vincent Bolloré, il patron di Vivendi, con interessi in Italia da Telecom a Mediaset). Da Copernico a Freud passando per Galileo, Laplace, Darwin. Poi le cose sono cambiate. Nel nostro libro c’è un capitolo sul Big Bang, nel quale parliamo delle persecuzioni alle quali sono stati soggetti gli scienziati in Urss e in Germania, perché il Big Bang, l’idea di un inizio dell’universo, metteva in crisi l’impostazione materialista” (Corriere della Sera, 25 febbraio 2024).
Aggiunge Olivier Bonassies: “A un certo punto, una serie di scoperte concordano nel concludere due cose: per prima cosa che c’è un inizio nel tempo, dello spazio e della materia, e che questi tre elementi sono legati, come Einstein ha dimostrato; e poi, secondo punto estremamente importante, che l’universo è retto da regolazioni assolutamente incredibili precisissime. Basterebbe cambiare un’inezia e tutto crollerebbe. Le scoperte che vanno in questo senso si accumulano, e mettono gli atei in seria difficoltà” (ibidem)
Al contrario, nell’articolo di Rovelli si obietta che “nulla, della stretta dipendenza di ciò che esiste dalle costanti può legittimamente essere interpretato come prodotto da un disegno intelligente. Se la struttura e l’evoluzione dell’universo rispondono all’intenzione di un Dio creatore, ciò non può essere dedotto dalle osservazioni e dalle misure proprie del metodo scientifico, ma può essere ipotizzato solo sulla base di altre fonti di conoscenza, non strettamente empirica (per esempio la fede, ndr). Non si può accedere alle intenzioni di una persona solo misurando le tracce lasciate dalle sue scarpe. Per individuare l’esistenza di un assassino a Sherlock Holmes non bastano gli indizi misurabili, ma ha bisogno di ipotizzare un movente, una finalità personale e intenzionale, non accessibile sul piano empirico”.
Il brodetto primordiale degli elementi
I primi istanti della formazione dell’universo risalgono a 13,8 miliardi di anni fa. Da quei primi istanti parte Il grande racconto delle origini di Guido Tonelli (fisico al Cern di Ginevra, docente all’università di Pisa) ottimo esempio di divulgazione scientifica, di esporre le origini dell’universo, dal plasma originario di materia indistinta (ma non era ancora materia: era un brodo insensato di particelle) alla formazione della nostra galassia, della terra, del Sole. Nonostante i riferimenti alla mitologia greco-latina, questa narrazione scientifica dell’origine dell’universo non ha nulla di poetico: non per colpa di Tonelli, che è bravissimo a sintetizzare ad usum delphini una materia così difficile. È la scienza contemporanea delle cose celesti che ci ha dato un quadro ben poco seducente, sul piano di una possibile mitopoiesi, dell’universo: era forse preferibile l’ingenuità dei primi uomini, di quelli per cui Esiodo cantò in esametri l’origine dell’universo dal Caos. Ma quale nuova Teogonia si potrebbe scrivere oggi osservando questo insulso ribollìo di particelle, descrivendo questi scontri di forze senza senso? Quale abisso ci separa dalla scienza dei cieli ai tempi di Dante! Sì, certo il sistema tolemaico rifletteva un’idea del mondo e del cosmo erronea, ma come e quando, se non in epoca pre-copernicana, Dante avrebbe potuto elaborare quella luminosissima (la luce del Senso, non dei fotoni) cattedrale celeste che è il suo Paradiso? Ma quale pazzo oggi potrebbe lontanamente immaginare quel bellissimo abbraccio tra struttura concentrica dei cieli e gerarchie angeliche? Dove trovare un ordine divino nell’universo degli astrofisici? Quale Dio si può celare nel brodetto di particelle, nel ribollente plasma pre-materico? C’è un Dio nei buchi neri? C’è un Dio nei neutrini, nei protoni? C’è Dio nelle reazioni termonucleari del Sole?
Il problema -e torniamo al nuovo libro dei due scienziati francesi- non è dimostrare che esista un Primum Movens, un aristotelico Motore Immobile, o il biblico Dio creatore del cielo e della terra. Se anche si dimostrasse scientificamente un’Intelligenza all’origine del Tutto, non avremmo risolto ancora il vero problema: dove e come si esplica l’azione del Creatore nel tempo, nel divenire, nella Natura e soprattutto nella vita umana? Cosa può cambiare nella vita degli esseri umani sapere che 17 o 20 miliardi di anni fa, Qualcuno ha acceso e fatto esplodere la santabarbara del Big Bang? Non è altrettanto importante trovare prove o tracce dell’esistenza di Dio anche nella storia, nell’esistenza e nelle azioni umane? Un lavoro difficilissimo, certo, e per molti impossibile al di fuori di una fede. Secondo Emil Cioran la superiorità della religione rispetto alla scienza, consiste proprio nelle risposte che può dare in termini finalistici e non meccanicistici: la religione e la fede cristiane ci parlano della morte in funzione di una vita ultraterrena, dell’incarnazione e della resurrezione. Solo questo ha, o avrebbe, più senso, del brodino di particelle primordiali o delle esplosioni intergalattiche. Qualunque sia il principio all’origine del tutto, anche se la Natura ha le sue leggi dettate da un’intelligenza superiore, la cosa certa è che l’essere umano non era nelle intenzioni del Big Bang e non è compatibile con il mondo (cosmo) nel quale è caduto.
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