Motivo conduttore de La bella confusione di Francesco Piccolo è la storia della realizzazione quasi simultanea e parallela di due grandi film italiani (Il Gattopardo e Otto e mezzo), usciti nel 1963, girati da due registi (Luchino Visconti e Federico Fellini) che con quei film, uno –Il Gattopardo– a colori, l’altro –Otto e mezzo– in bianco e nero, hanno segnato secondo Piccolo l’apice della cinematografia italiana, esprimendo nel contempo una complessa metafora della loro vita e della società italiana. Francesco Piccolo è anche sceneggiatore: ha collaborato con registi come Paolo Virzì, Nanni Moretti, Silvio Soldini e Francesca Archibugi. Per Virzì ha firmato, fra l’altro, le sceneggiature dei film La prima cosa bella e Il capitale umano, e per Moretti Il Caimano, Habemus Papam e Mia madre. Il primo libro di Piccolo che lessi è La separazione del maschio (2008), il suo settimo romanzo, poi L’animale che mi porto dentro (2018), anche questo autobiografico. Non meno importanti, fra le opere narrative di Piccolo, Il desiderio di essere come tutti (2014), vincitore del Premio Strega, e Momenti di trascurabile infelicità (2015).
Lo ripetiamo: secondo Francesco Piccolo, Otto e mezzo di Federico Fellini e Il Gattopardo di Luchino Visconti (versione fedele del romanzo omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, uscito, dopo tanti e illustri rifiuti, per i tipi di Feltrinelli nel 1958) rappresentano non solo l’apice del cinema italiano, ma anche l’inizio di una sua fase declinante: “la cosa più interessante è che sia Otto e mezzo, sia Il Gattopardo sono dei film decadenti che hanno al centro dei personaggi decadenti, che si pongono il problema della fine di un’era. Ne Il Gattopardo si tratta della fine di un’epoca storica. In Otto e mezzo c’è la fine della giovinezza (o la paura della fine della potenza) per un individuo e soprattutto per un artista. Uno non ha più niente da dare al mondo, l’altro non ha più niente da dire al mondo (…) È la fine di un’epoca d’oro del cinema italiano. È la fine di un’epoca per Don Fabrizio (il principe Fabrizio Salina, l’aristocratico protagonista del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ndr) e la sua classe aristocratica. È la fine di un’epoca per Guido (Anselmi, protagonista di Otto e mezzo, interpretato da Marcello Mastroianni ndr) e la sua creatività senza freni”.
Eppure, sono film ammalianti. L’estrema vitalità è, secondo Francesco Piccolo, il segreto altrettanto incomprensibile di Otto e mezzo. “Come sia possibile che un film che parla di un uomo che non sa più cosa fare, che è in crisi su tutto, che scappa da tutto, dia come risultato un film che ha nella vitalità la sua evidenza maggiore. (…). Il film non racconta una forza, ma una mancanza di forza; non racconta una vitalità, ma una mancanza di vitalità. Tutti i personaggi, uno per uno, sono angosciati, perduti, tristi, patetici. E il tema del film è la confusione, lo smarrimento, l’incapacità. Eppure ne viene fuori un film vitalissimo e che ti lascia addosso l’euforia del vivere”.
Riprendiamo un altro passaggio narrativo del romanzo di Francesco Piccolo. “Visconti nacque a Milano nel 1906, Fellini nacque a Rimini nel 1920, quindi erano di due generazioni diverse. Ma la curiosità è che arrivarono a Roma tutti e due nel 1938, e con questo inizio in parallelo comincerà un cammino tutto in parallelo, che davvero non ha paragoni. Una specie di destino che accomunerà i due registi in un dualismo che li accompagnerà sempre. La strada e Senso fondano questa simultaneità ma essa si ripresenta di continuo, in maniera misteriosa e magica, per tutto il resto dell’esistenza. Dopo Venezia nel ’54, Fellini girerà Il bidone l’anno dopo. Ma nel ’57, usciranno insieme anche Le notti di Cabiria e Le notti bianche. Fellini e Visconti avranno un periodo di convivenza forzata negli studi di Cinecittà, in cui per forza di cose si saranno dovuti incontrare ogni giorno facendo finta di non vedersi. Nel 1960, a uscire insieme saranno La dolce vita e Rocco e i suoi fratelli, due successi giganteschi e due film quanto più lontano non si potrebbe”.
Il cinema italiano al centro del mondo
Per Francesco Piccolo, “Questi due film rappresentano non so se il punto più alto, ma di sicuro il punto di arrivo di venti anni di grande potenza del cinema italiano nel mondo; e quindi rappresentano anche, allo stesso tempo, il momento in cui questa lunga età dell’oro del cinema italiano finisce.
“Dal ’43 al ’63, in pratica, il cinema italiano è stato al centro del mondo. Ha inventato e fondato il neorealismo, ne ha fatto una scuola per tutti, poi ha dato vita a una nuova generazione di autori che arrivano, tra gli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, a esplodere anch’essi in tutto il mondo: sono soprattutto Fellini, Visconti e Antonioni; ma seguiti da molti altri; proprio quest’anno (il 1963, ndr), inoltre, sta nascendo, con Il sorpasso, una nuova strada, che avanzerà con la crisi del cinema italiano, sia dal punto di vista economico che della centralità del mondo”.
“Tra il 1962 e il 1963, i film italiani vincono tutto: Il Gattopardo vince la Palma d’oro a Cannes, Le mani sulla città di Rosi vince il Leone d’oro a Venezia, Il diavolo di Polidoro vince l’Orso d’oro a Berlino, Otto e mezzo vince il premio per il miglior film al festival di Mosca, ed è un evento straordinario proprio perché accade nel mondo al di là della cortina di ferro. Viene premiato anche Il sorpasso a Mar Del Plata e Il mafioso al Festival di San Sebastián senza dimenticare la Vela d’argento a Locarno per l’esordio di Lina Wertmüller con I basilischi (e la Wertmüller è stata, fino a poche settimane prima di girare, sul set di Otto e mezzo) e poi tutto questo finisce, si allunga ancora al ’64 con l’Oscar a Fellini e si può dire che si allunga ancora fino al 1965 con l’Oscar al miglior film in lingua straniera a Ieri, oggi, domani di Vittorio De Sica, ma anche questo è un film del 1963 (proprio come accadde a La strada che fu premiato due anni dopo)”.
Sdoppiata tra Angelica e Claudia
La bella confusione, che in sovra-copertina riporta un bellissimo ritratto fotografico di Claudia Cardinale realizzato da Ken Danvers, doveva essere -se fosse passata la proposta iniziale di Ennio Flaiano- anche il primo titolo di Otto e mezzo. E la Cardinale è una delle protagoniste di questo “documentario narrativo” (definizione dell’autore stesso), l’attrice che si dividerà sul set dei due registi, recitando il complesso ruolo di Angelica ne Il Gattopardo e quello di Claudia in Otto e mezzo: dove la Cardinale recita per la prima volta con la sua voce, quindi non doppiata. Ma i personaggi del libro di Francesco Piccolo sono tanti: a parte i due registi nemici-amici, rimane impressa la figura di Burt Lancaster che alla fine vince la sua battaglia: dimostrare a Visconti di non essere solo un cow boy texano, ma di sapersi calare interamente nel ruolo e nei (raffinati) panni del Principe di Salina. E restano nella memoria Sandra Milo, Marcello Mastroianni, la sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico, Ennio Flaiano, amico e sceneggiatore di Fellini; Francesco Piccolo racconta, fra l’altro, il motivo della rottura tra i due: nel volo diretto a New York a Flaiano avevano prenotato il posto in seconda classe, nonostante il contributo che aveva dato ai film di Fellini.
Nel libro di Piccolo si incontrano molti personaggi della cultura e della letteratura degli anni Cinquanta-Sessanta, a partire, ovviamente, da Giuseppe Tomasi di Lampedusa e suo cugino Lucio Piccolo, il poeta scoperto da Eugenio Montale che incontra entrambi gli scrittori siciliani nel 1954 a San Pellegrino per un convegno letterario. “Sul corso principale di San Pellegrino Terme arrivano un uomo di cinquantatré anni (che nel 1954 sono davvero tanti), accompagnato da un altro signore alto, corpulento, con i baffetti, il bastone da passeggio, taciturno, pallido in volto; dietro di loro un omino che porta le valigie, cercando di resistere contegnoso alla fatica. Il primo è Lucio Piccolo, barone di Calanovella. Il secondo è suo cugino Tomasi, principe di Lampedusa. Il terzo è Paolo, il cameriere fidato del barone”.
E non mancano gli autorevoli esponenti dell’establishment culturale legato al partito comunista -Mario Alicata e Guido Aristarco in primis- il cui giudizio era allora decisivo sulla letteratura e il cinema. E la sinistra intellettuale italiana bocciò inizialmente Il Gattopardo. “Fino a quando non accade un fatto inaspettato. Il libro esce in Francia, e se ne occupa uno dei più grandi intellettuali marxisti, Louis Aragon, che in sostanza “dice esattamente il contrario di quello che stanno dicendo in Italia le persone di sinistra”. Aragon sostenne che quello di Tomasi di Lampedusa era uno dei più grandi romanzi di sempre, e forse il solo romanzo italiano. Siamo nel 1959. E il romanzo di Tomasi di Lampedusa era uscito per Feltrinelli nel novembre del 1958. Nel dicembre del ’63 arriverà alla nona edizione.
La storia della genesi e della lavorazione dei due film è anche la storia del rapporto (fondamentalmente di inimicizia) tra due grandissimi registi, Visconti e Fellini, quanto mai diversi, forse l’antitesi l’uno dell’altro. Solo alla fine si rappacificheranno, ma sarà un riavvicinamento non del tutto sincero e sentito.
Non abbondano i casi in cui cinema e letteratura sono così intrecciati come accade per i due film di Fellini e Visconti; “Otto e mezzo per me è stato scrivere letteratura. Il Gattopardo per me è stato scrivere cinema -racconta Piccolo-. Tutti i libri che ho scritto hanno a che fare con l’autobiografia, o l’autofiction, o insomma questo modo di raccontare. Ho molti punti di riferimento letterari, ma se devo dire cosa mi ha condizionato di più nella mia idea di letteratura, posso dire con certezza che è Otto e mezzo”.
Ed è proprio questo taglio personale, autobiografico, che rende interessante la narrazione cinematografica di Francesco Piccolo, che fra gli scrittori che lo hanno più affascinato cita Natalia Ginzburg (in particolare, La famiglia Manzoni) ed Emanuel Carrère. La bella confusione è un bel mix di narrativa e saggio, tra miti e aneddoti, dietro le quinte e ricostruzione culturale di un’epoca irripetibile per il cinema e per la società italiana.
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